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Con una cerimonia d’inaugurazione, il 25 marzo il corpo dei Marines degli Stati Uniti ha presentato a Fort Meade in Maryland il Marine Corps Cyberspace Warfare Group (MCCYCWG), un’unità di uomini che saranno impiegati nel cosiddetto “Cyberwarfare” con compiti sia difensivi che offensivi.

CYBERWARFARE

Quello cibernetico è un campo di battaglia nevralgico per il presente e il futuro, ha spiegato sul sito ufficiale dei Marines americani il colonnello Ossen J. D’Haiti (foto), che comanderà MCCYCWG. La capacità di proteggere le comunicazioni è al centro della questione ma – come ha sottolineato il sergente Brian Mueller – bisogna iniziare a pensare anche a “quello che possiamo fare per ostacolare il nemico”, ossia le capacità offensive. Dall’inizio dell’anno il Pentagono aveva annunciato di dedicare risorse umane ed economiche verso il Cyber Command, il comando che si occupa del Cyber Spazio, a cui risponderà la nuova unità dei Marines (anche USCYBERCOMM ha sede a Fort Meade).

LO SCENARIO

Lo scenario è preoccupante: per il momento, ad esempio, gli attacchi terroristici sono soltanto di matrice fisica, mentre per quel che riguarda gli attacchi cibernetici finora si sono visti effetti relativi più che altro al mondo digitale e delle comunicazioni, con dati sottratti e intercettati, conti economici deviati, siti e account hackerati. Ma cosa succederebbe se un attacco terroristico riuscisse a penetrare e mandare in tilt il sistema di gestione del traffico aereo di una torre di controllo, oppure di una metropolitana, o il sistema di filtraggio di un acquedotto? Attacchi che attraverso la violazione di software potrebbero produrre tragici danni materiali.

ATTACCHI DIGITALI, DANNI FISICI

A dicembre scorso, circa centomila persone in Ucraina sono rimaste senza corrente elettrica per oltre sei ore a causa di un virus che aveva infettato il sistema informatico della sottorete di distribuzione; si è trattato della prima violazione intenzionale riuscita contro un sistema di utenze elettrico e secondo Clusit è stato uno dei più invasivi attacchi informatici del 2015. Qualche giorno fa il procuratore generale americano Loretta Lynch ha resto noto che gli Stati Uniti hanno accusato sette hacker iraniani (probabilmente coinvolti in una struttura, oppure al soldo, delle Guardie rivoluzionarie) che tra la fine del 2011 e l’inizio del 2013 hanno cercato di violare tra le varie cose un sistema “Dam (digital assest management, [un sistema] che permette di organizzare catalogare, archiviare, ricercare, modificare e distribuire una vasta gamma di metadati) poco lontano da New York: gestisce decine di utenze della città, dall’acqua pubblica, alla corrente elettrica”. Un cyber attacco che avrebbe potuto avere anche in questo caso conseguenze fisiche: si crede che queste iraniane siano operazioni di rappresaglia, ancora attive nonostante il rinnovato dialogo tra Usa e Iran, dopo che nel 2010 fu Washington a lanciare uno attacco informatico contro la Repubblica islamica utilizzando l’ormai famoso virus Stuxnet, con cui furono messe fuori uso diverse centrifughe nucleari iraniane.

GLI ATTACCHI CHE FANNO DA SCIA AGLI ATTENTATI 

Cytegic, società informatica e di sicurezza israeliana, ha trovato una connessione diretta tra gli attentati compiuti dallo Stato islamico e alcune operazioni di attacco digitali. Studiando la strage di Parigi del 13 novembre scorso, gli analisti israeliani sono riusciti a tracciare una serie di cyber-attack contro i siti di istituzioni, governi, media, istituti bancari, compiuti prima e dopo l’attentato, una scia che è man mano scemata nel giro di tre settimane. Le azioni, secondo Cytegic, sono condotte da gruppi di hacker direttamente connessi al Califfato e da individui singoli affascinati o auto-indottrinati.

TWITTER TROOPS

Diversi eserciti si stanno adoperando per creare unità analoghe al MCCYCGW: lo scorso anno gli inglesi hanno aperto le operazioni della Brigata 77, un’unità che è stata definita “Twitter Troops”. Ha sede ad Hermitage, nel Berkshire, ma piccole unità della brigata saranno presenti in altre basi della marina, dell’esercito e della Raf. Il loro compito sarà quello di trovare soluzioni “creative” per affrontare uno scenario di guerra anomalo: i social network. Twitter e Facebook sono spazi virtuali che rappresentano realtà umane, dunque con ricaduta nella sfera fisica, e come tali sono diventati aree di reclutamento, formazione, organizzazione, per realtà criminali che vanno da quelle legate al traffico di droga fino alle connessioni con il terrorismo globale. Un campo di battaglia in cui i militari dovranno misurarsi anche sotto il profilo psicologico con il nemico.

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