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Leggo le quotidiane esternazioni di alcuni miei colleghi presidenti di Regione del Sud sul tema referendum anti-trivelle. E dico: basta. Non se ne può più. Siamo in presenza di un attacco al Governo del tutto fuori luogo, che non condivido assolutamente e dal quale prendo le distanze, specie quando sento utilizzare in pubblico – come ha fatto recentemente in televisione Michele Emiliano – un  linguaggio colorito, infarcito di offese personali nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, che stonano, per non dire altro, in bocca ad un uomo delle Istituzioni.

Col Governo siamo chiamati a confrontarci in modo serio e costruttivo. E anche alla luce degli importanti e strategici risultati ottenuti proprio in forza del dialogo avviato nei mesi scorsi con Matteo Renzi e i suoi  Ministri, non posso accettare che si strumentalizzi a fini politici, o ancora peggio per ritorsioni di carattere personale,  una bella pagina di democrazia,  qual è quella alla quale gli italiani saranno chiamati a dare vita fra meno di un mese.

Forse sfugge a qualcuno che le Regioni – e con esso il Governo nazionale – hanno di fatto già vinto la battaglia per vietare nuove trivelle nel nostro mare entro le dodici miglia dalla costa. E il quesito sul quale saremo chiamati a pronunciarci, recandoci alle urne, come io farò, domenica 17 aprile, riguarda solo ed esclusivamente la durata delle autorizzazioni già concesse ed attive da decenni.

Ho detto “no”, e lo confermo, alle estrazioni in mare. Poi si può condividere o meno ciò che autorevolmente e legittimamente dice il prof. Romano Prodi, che giudica un “suicidio” per il Paese la eventuale vittoria dei “sì”, ove mai il quorum fosse raggiunto. Un dato però è certo: gli italiani vanno messi nelle condizioni di approfondire e di farsi una idea personale sulla reale posta in gioco.

Non serve a nessuno, meno che mai alle Regioni del Mezzogiorno, trasformare il referendum sulle trivelle in mare in una scelta di campo all’interno del Partito Democratico, per farne materia di scontro ideologico contro il Governo e il suo premier.

Lo dico in particolare a Michele Emiliano, che ha utilizzato il palcoscenico offertogli a Bari dalla Coldiretti nazionale e da quelle di Puglia e Basilicata per una nuova intemerata populista, alla quale non mi è stata offerta la possibilità di replicare dinanzi a più di quattromila persone: non è utilizzando toni da Masaniello che faremo il bene del Sud e delle sue popolazioni. Le nostre Regioni – caro Michele – devono poter collaborare insieme con le Istituzioni nazionali, in un rapporto dialettico ma corretto, per consolidare la stagione delle riforme avviata in questi ultimi due anni che, da sola, può garantire una prospettiva di sviluppo dopo lustri di assoluto silenzio da parte del Governo nazionale sulle sacrosante istanze del Mezzogiorno.

Agli elettori vanno dette le cose come stanno. E cioè che essi, col proprio voto, saranno chiamati ad abrogare una norma che consente alle compagnie petrolifere che già operano al largo delle nostre coste (e non ad altre) di estrarre gas e petrolio entro le dodici miglia marina fino all’esaurimento del giacimento, senza limiti di tempo.

Tutto il resto non c’entra niente. Non c’entra la politica energetica nazionale. Non c’entra lo scontro tra renziani e minoranza dem. Non c’entrano le strumentalizzazioni populistiche e demagogiche di alcune forze di opposizione che da tempo hanno elevato  il tema petrolio a strumento indebito di lotta politica.

Mi auguro che nei prossimi giorni si recuperino sobrietà, moderazione, senso di responsabilità e rispetto delle Istituzioni.

Personalmente lavorerò per questo, nella convinzione – peraltro confermata dai fatti – che il dialogo e la correttezza pagano sempre.

(Foto: Marcello Pittella/Facebook)

marcello pittella

Perché io, governatore Pd, contesto Michele Emiliano sul referendum No Triv

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