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C’è un tema che più di tutti gli altri evidenzia come a Roma il Movimento 5 Stelle stia cercando di cambiare pelle e fare il salto di qualità. Quel tema è il rapporto con i dipendenti pubblici, fino a qualche tempo fa bersaglio degli strali di Beppe Grillo e adesso oggetto, se non delle carezze, quantomeno dell’indulgenza di Virginia Raggi, la candidata dei grillini per il Campidoglio. “Se governeremo Roma, azzereremo tutte le amministrazioni, avremo scioperi, gente che verrà in comune a chiedere perché, persone che perderanno il lavoro” aveva avvertito lo scorso novembre il cofondatore del Movimento insieme a Gianroberto Casaleggio. Una sortita lontana anni luce dalle posizioni soft manifestate da Raggi in queste settimane, come conferma quanto la trentasettenne avvocato ha detto in un’intervista al Corriere della Sera. “La prima cosa da fare è riallacciare buoni rapporti con i dipendenti capitolini onesti, schiacciati dalla macchina politica in questi anni: con loro far ripartire la macchina comunale e, da lì, cambiare rotta”.

LA NORMALITA’ TARGATA RAGGI

Dalla minaccia di licenziamenti alla promessa di una valorizzazione, il passo è tutt’altro che breve e segna una discontinuità nell’approccio e nelle idee. La normalizzazione del M5S l’ha definita il settimanale britannico The Economist, che alla candidata pentastellata ha dedicato nei giorni scorsi un articolo molto dibattuto (consultabile qui). Salvo alcune eccezioni, non c’è traccia nei suoi discorsi del radicalismo che ha caratterizzato le origini del M5S. “Credo che ci sia una visione un po’ distorta del M5S, noi siamo persone normali”, ha risposto a Giovanni Floris nel corso di una recente puntata della trasmissione di La7 DiMartedì. Un atteggiamento che è ben rappresentato da cosa Raggi sta dicendo e proponendo in questo primo scorcio di campagna elettorale e che rientra in una strategia “moderata” avviata da Casaleggio come testimonia anche la candidatura a Torino della manager bocconiana Chiara Appendino e altri aspetti sottolineati in questa ricostruzione di Formiche.net.

DEBITO E TASSE

Forse l’argomento che sta più a cuore a Raggi, il primo di cui abbia parlato dopo la vittoria nelle cosiddette comunarie. Il 23 febbraio scorso veniva annunciata la sua candidatura per il Campidoglio e il giorno successivo, su Facebook, già interveniva sul tema del debito con un dettagliato post. Obiettivo delle sue dichiarazioni ribadire “la malagestione delle amministrazioni del passato”, accusate di aver prodotto una voragine tra i 13 e i 16 miliardi di euro, con la conseguenza di imporre ai romani le tasse più alte d’Italia. Sotto quest’ultimo profilo, la sua si potrebbe considerare una posizione improntata al realismo. “Allo stato attuale è impossibile dire abbassiamo le tasse. Prima è necessario rimettere in ordine i conti”. Perché ciò avvenga, sarà ovviamente necessaria una stretta collaborazione con il Governo: scenario scontato laddove a vincere dovesse essere il candidato renziano del Partito Democratico Roberto Giachetti, ma che potrebbe, al contrario, non concretizzarsi nel caso di trionfo grillino. O, almeno, questa è la preoccupazione esternata più volte da Raggi, secondo la quale “un premier non può decidere se aprire o meno i cordoni della borsa in base al colore politico della futura amministrazione”.

TRASPARENZA E LEGALITA’

Se il debito è il primo tema di cui abbia parlato da candidato sindaco, la trasparenza e la legalità sono, invece, quelli su cui senza dubbio ha insistito di più. Praticamente non passa giorno senza che rilasci una dichiarazione su uno di questi argomenti: ha già incontrato il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone, con il quale ha detto di voler collaborare assiduamente e ha indicato le sue priorità. “La prima cosa che fa un candidato sindaco? Avviare una modalità di rendicontazione delle spese in modo che ogni singolo centesimo pagato dai cittadini venga rendicontato e finisca in servizi, non in sprechi e corruzione” ha detto a Virus su Raidue. L’altra faccia della medaglia sono i controlli da intensificare, per garantire, ad esempio, che i lavori di manutenzione stradale vengano fatti a regola d’arte. “Bisogna ricominciare a controllare gli appalti e a far fare i lavori a tutti, non solo alle grandi ma anche alle piccole imprese, convogliando tutto in un circuito virtuoso”. Se dovesse vincere, non ci sarà però alcun assessore alla Legalità, a differenza della giunta di Ignazio Marino in cui quel ruolo era stato assegnato al magistrato Alfonso Sabella. “E’ una misura di facciata, la legalità deve essere presupposto di tutta l’amministrazione” ha commentato Raggi.

MEZZI PUBBLICI E MOBILITA’

Il problema dei problemi per chiunque si trovi ad amministrare Roma, che la stessa candidata del M5S ha messo in cima alla sua lista di interventi urgenti da effettuare. Un po’ a sorpresa rispetto alle classiche posizioni grilline, Raggi ha assicurato che “la metro C arriverà sicuramente al Colosseo” e che, dunque, i lavori proseguiranno. Quanto al resto, la sua strategia per la mobilità prevede la realizzazione di nuove “corsie preferenziali e di semafori intelligenti”, oltre alla messa in servizio di “150 bus elettrici, attualmente fermi perché Atac non si mette d’accordo con la ditta” che li fornisce. Poi, spazio a bikesharing e carsharing e lotta spietata all’evasione tariffaria, che ammonta a un totale di 100 milioni di euro l’anno.

MUNICIPALIZZATE & SCIVOLATE

Per far fronte alla situazione debitoria dell’azienda romana dei trasporti, Raggi punta ad eliminare sprechi e consulenze esterne senza, però, mettere mano ad alcun licenziamento. “C’è bisogno di una riorganizzazione, si tratta di ricollocare i dipendenti”. Infine, un no secco a ogni ipotesi di privatizzazione, per Atac così come per Ama, la municipalizzata che a Roma si occupa della gestione dei rifiuti.

Vicenda tutta diversa riguarda un’altra azienda chiave del sistema romano, quotata in Borsa e attiva nei settori dell’acqua e dell’energia. Si tratta di Acea di cui il Campidoglio detiene il 51% del capitale sociale. Negli ultimi giorni la società è finita al centro di un caso politico-finanziario con al centro proprio Virginia Raggi. Domenica scorsa la candidata grillina aveva annunciato che, in caso di vittoria, avrebbe cambiato gli attuali vertici della multiutility accusati di fare utili con l’acqua: “Dobbiamo valutare come agire sul versante Acea – ha detto Raggi – una cosa che faremo di sicuro è cambiare il management”. Lunedì è passato senza conseguenze ma martedì gli analisti Equita, società di intermediazione finanziaria, ha diffuso un report in cui è scritto: “Considerate le affermazioni del Movimento 5 Stelle di voler cambiare il management di Acea, riteniamo che il rischio elezioni stia aumentando e quindi passiamo ad hold”. Il giorno dopo e, siamo a mercoledì, il titolo in borsa della società ha chiuso con una perdita del 4,73%. “La Raggi parla e i romani perdono 71 milioni”, ha titolato sulla vicenda il Messaggero, il quotidiano di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone, secondo azionista di Acea con una partecipazione superiore al 15%. Accuse non condivise da Franco Bechis, firma di Libero.

RIFIUTI E DEGRADO

Inserito tra le sue priorità il giorno della conferenza di presentazione alla sala della Stampa Estera, ma, in realtà, toccato raramente nel corso delle ultime settimane, il tema dei rifiuti. Una questione sulla quale non ha espresso no a prescindere, a differenza di quanto fatto in passato dai cinquestelle. Celebre in questo senso il caso di Parma dove Federico Pizzarotti fu protagonista in campagna elettorale di una dura battaglia contro l’inceneritore, salvo poi essere obbligato a mandarlo comunque in funzione.  “Nel 2014 la differenziata a Roma era del 37%, nel 2015 del 40% ma l’immondizia continua ad invadere la città”, ha spiegato Virginia Raggi, che ha aggiunto: “Ciò accade perché non c’è una buona qualità della raccolta differenziata. Si deve capire che i rifiuti sono una risorsa, una nuova materia prima”. Tra le proposte, anche quella di una tariffa a scalare per la quale paghi di meno chi inquina di meno.

I CAMPI ROM

Particolarmente apprezzate tra elettori ed esponenti politici di centrodestra le sue idee in materia di campi nomadi. “Se l’Europa ci dice che vanno chiusi, noi dobbiamo procedere in quella direzione”, ha commentato più volte Raggi, consapevole, però, che il processo dovrà essere, per forza di cose, graduale. “Servono vari step, non è una cosa che si può fare in 24 ore”. Ciò non toglie comunque che la chiusura dei campi sia, senza se e senza ma, la soluzione da perseguire. “Sono un’emergenza che dura da 20 anni. Ogni anno si spendono 24 milioni, per mantenerli in situazione di degrado e per mantenere persone che potrebbero lavorare”. Da qui l’inevitabile conseguenza: “Il superamento dei campi rom quindi non è più rinviabile”.

LE OLIMPIADI

Il no più radicale – forse l’unico – Virginia Raggi lo oppone alla candidatura olimpica di Roma per il 2024. Una netta contrarietà, confermata da ultimo domenica scorsa nella trasmissione di Sky TG24 L’Intervista condotta da Maria Latella. “Le Olimpiadi si sono rivelate nel corso degli anni un modo per sperperare i soldi pubblici e tantissime altre città del mondo, come Stoccolma e Oslo, si stanno ritirando dalla corsa. Roma ha bisogno di puntare sul quotidiano”. Più sfumata la sua opinione sullo stadio che la Roma americana di James Pallotta punta a costruire nell’area di Tor di Valle. “Da sempre sullo stadio abbiamo espresso il nostro più totale favore, ma non può essere costruito in quell’area. Invitiamo a individuare un altro sito”.

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