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“Molto presto” secondo il ministro delle Difesa Roberta Pinotti arriveranno ad Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, altri 130 militari italiani, quattro elicotteri d’attacco AgustaWestland A129 “Mangusta” e quattro elicotteri da trasporto NH90. Un rafforzamento non soltanto nel numero ma anche nelle disponibilità operative del contingente italiano che sta partecipando alla lotta contro lo Stato islamico, che rientra nell’ottica delle richieste americane agli alleati (per primi all’Italia) di un maggiore coinvolgimento.

I COMPITI

I nuovi soldati inviati da Roma appartengono al 5° Reggimento Aviazione “Rigel” e al 7° “Vega” della Brigata aeromobile “Friuli” dell’Esercito italiano, appoggiati dal reggimento di fanteria aviotrasportata del 66° “Trieste“. Il loro compito sarà fornire CSAR, Combat search and rescue, ossia operazioni di recupero, ricerca e salvataggio in ambienti ostili. Il pacchetto che a breve sarà schierato nel Kurdistan iracheno è analogo a quello presente ad Herat, in Afghanistan, a sostegno del Train Advise Assist Command/West.

GLI ITALIANI IN IRAQ

Gli incarichi che riceverà questo nuovo contingente italiano sono molto più operativi di quelli finora ricoperti nell’ambito dell’operazione “Prima Parthica” in Iraq (è il nome di una vecchia legione romana) dalle circa mille unità italiane, che si occupano esclusivamente di fornire formazione e addestramento a reparti speciali della polizia irachena nell’area di Baghdad (attraverso il Carabinieri Police Advanced Training), ai Peshmerga curdi al nord (nel KTCC, Kurdistan Training Coordination Center), e in Kuwait. Alla base kuwaitiana di Ahmed al Jaber, nel sud del paese, si trovano anche quattro Tornado e un Boeing KC-767 tanker per il rifornimento in volo, mentre dal nord del Kuwait dove si trova l’aeroporto di Ali al Salem si alzano quotidianamente due UAV Predator. Sia questi velivoli senza pilota, sia i Tornado, sono impiegati in missioni di ricognizione e raccolta dati, senza compiti offensivi diretti.

LA TASK FORCE TAQQADUM

Una nota sul contingente presente: poche unità di forze speciali sarebbero inserite all’interno della base Taqqadum, nell’Anbar (ovest iracheno). Se ne parlava da mesi, ma ad inizio febbraio è stato proprio il Pentagono a svelare per la prima volta che della cosiddetta Task Force Taqqadum, guidata dagli americani, fanno parte anche australiani e italiani, con compiti “non-combat”, ma di assistenza da vicino delle attività dell’Anbar Operation Command, facendo anche da tramite per le informazioni raccolte dagli aerei spia. La base si trova tra Falluja e Ramadi, aree particolarmente care allo Stato islamico e tra le più accese del conflitto.

LA DIGA DI MOSUL

Il definitivo conferimento alla ditta italiana Trevi dell’incarico da circa duecento milioni di euro per la sistemazione fondale della grande diga di Mosul, la cui rottura sarebbe una catastrofe che coinvolgerebbe migliaia di persone, apre per l’Italia un nuovo scenario operativo. Il governo ha annunciato mesi fa che saranno inviati circa 500 soldati (probabilmente Bersaglieri della brigata meccanizzata “Garibaldi” coadiuvati da operatori delle forze speciali) a proteggere i lavori della ditta di Cesena. La paura è che i tecnici della Trevi possano finire sotto attacco da parte degli uomini dello Stato islamico, oppure essere rapiti a fini di riscatto: l’episodio avvenuto soltanto ieri in Libia, con due dei lavoratori italiani dell’impresa di costruzioni Bonatti rapiti a luglio e rimasti uccisi durante scontri a fuoco tra le forze di polizia della città di Sabrata e gli uomini dell’IS, è un elemento che con ogni probabilità contribuirà a rafforzare le volontà del governo italiano.

È possibile che l’invio del reparto CSAR posizionato a Erbil si richieda necessario proprio per dare ulteriore sicurezza al contingente che sarà operativo nell’area di Mosul, la quale è attualmente la più calda del fronte iracheno della lotta all’Isis. Mosul è considerata la capitale in Iraq del Califfato, una città simbolica per l’ideologia baghdadista, e per questo considerata cruciale nei piani di controffensiva occidentale – la Casa Bianca l’ha inserita tra i principali obiettivi del 2016. Erbil e Mosul distano solo 130 chilometri. I Magusta italiani saranno un ulteriore supporto tattico per i bersaglieri inviati intorno alla diga: una dimostrazione indiretta che la missione italiana si svilupperà a ridosso della prima linea, dove l’agilità degli elicotteri potrebbe essere utile in eventuali combattimenti.

SPECULAZIONI

Secondo il sito specialistico Analisi Difesa il contingente italiano che sarà dispiegato a protezione della diga di Mosul potrebbe comprendere anche carri armati Ariete e cingolati Dardo, e forse obici d’artiglieria Pzh-2000. “Uno strumento militare poderoso e forse eccessivo” lo definisce in un articolo il direttore del sito Gianandrea Gaiani. Ora, se si somma il dispiegamento militare a protezione delle diga, le volontà americane di lanciare a breve una grande offensiva su Mosul, e lo schieramento di un contingente CSAR a pochi chilometri dall’area, viene da pensare che il sistema sia stato predisposto dall’Italia nell’ottica di fornire appoggio diretto ai reparti iracheni e curdi che si occuperanno di riprendere la capitale irachena allo Stato islamico, più che semplice sicurezza ai lavoratori dell’impresa di Cesena.

 

 

 

L'Italia invierà altri uomini (ed elicotteri) a Erbil con compiti più operativi

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