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A Pechino non potevano restarsene con le mani in mano. Troppo grave, troppo rumorosa la fuga degli investitori dalla seconda economia globale. Piccolo riassunto. Nei giorni scorsi Formiche.net ha raccontato come in questi ultimi mesi i mercati abbiano voltato le spalle, non è la prima volta, alla Cina. Da una parte le grandi società straniere hanno distratto i propri investimenti, dall’altra le stesse imprese cinesi hanno deciso di dirottare i propri capitali altrove. I soli gruppi esteri hanno puntato sul Dragone solo 4,5 miliardi di investimenti, il dato più basso dal 1992. Tradotto, sempre lo scorso anno gli investimenti diretti in Cina sono crollati del 30%, contro una media mondiale dell’8%.

E allora, ecco il piano di Pechino per salvare il salvabile. Pochi giorni fa è stato infatti reso pubblico dal Consiglio di Stato cinese il Piano 2025 per la stabilizzazione degli investimenti esteri, che include una ventina di misure specifiche suddivise in quattro aree principali: più apertura del mercato, il miglioramento del livello di promozione degli investimenti, l’aumento dell’efficacia delle piattaforme e l’intensificazione dei servizi di supporto per chi vuole investire. Tutto per rafforzare ulteriormente l’attrazione e la stabilizzazione degli investimenti.

Approvato durante una riunione esecutiva del Consiglio di Stato, il piano d’azione cinese, delinea insomma misure chiave per attrarre e trattenere gli investimenti esteri espandendo l’accesso al mercato, allentando le restrizioni finanziarie e promuovendo un ambiente imprenditoriale equo. Con un focus su settori quali biotecnologia, telecomunicazioni , istruzione e assistenza sanitaria, l’iniziativa mira a migliorare la partecipazione straniera nei settori industriale e dei servizi della Cina.

Come hanno fatto notare gli esperti di China Briefing, un obiettivo chiave del piano è incoraggiare il reinvestimento dei capitali all’interno del Paese. Il governo mira in questo modo a ottimizzare il clima aziendale per garantire un trattamento equo per tutte le imprese, promuovendo un ambiente in cui le aziende non solo sono incoraggiate a investire, ma anche a reinvestire i loro profitti a livello nazionale. Inoltre, gli sforzi per migliorare la trasparenza nelle attività di reinvestimento delle imprese straniere garantiranno un processo di spesa da parte delle aziende più prevedibile e stabile.

Ancora, il governo di Pechino sta eliminando le restrizioni sui prestiti nazionali per le imprese straniere, consentendo loro di sfruttare i finanziamenti locali per gli investimenti azionari e l’espansione regionale. Le multinazionali verranno anche incoraggiate a stabilire sedi regionali in Cina, con adeguamenti normativi volti ad agevolare la gestione dei cambi, la mobilità del personale e il flusso di dati. Domanda: tutto questo basterà a riportare la fiducia in Cina?

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