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Il fondatore ha continuato quindi a tenersi stretto sulle spalle il “mantello protettivo” fiduciosamente annunciato dal direttore uscente Ezio Mauro. Ma un lembo di quel mantello ha sfiorato questa volta Matteo Renzi, che ne sarà rimasto soddisfatto, liberandosi dai sospetti procuratigli nei giorni scorsi dalla serie incalzante di critiche di una firma eccellente del giornale come Stefano Folli. In cui si era colto quasi l’avvertimento che la linea dettata ogni domenica da Scalfari non sarebbe cambiata con l’arrivo del nuovo direttore. Che pure era sembrato ai soliti colleghi maliziosi fosse stato scelto e nominato dall’editore Carlo De Benedetti, fra il dichiarato “fastidio” di Scalfari, per dare più credito al giovane e rampante presidente del Consiglio, nonché segretario del Partito Democratico.

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Scalfari, bontà sua, pur tornando a lamentarne l’abitudine di “far contento il suo narciso particolarmente presente in tutta la sua vita”, giusto per tenere in qualche modo il punto e non dare l’impressione di una resa senza condizioni, ha riconosciuto a Renzi di avere gestito bene l’affare politico della sua ministra Maria Elena Boschi. Che è scampata con larghissima maggioranza alla sfiducia tentata dai grillini nell’aula di Montecitorio per il ruolo, vero o presunto, del padre nel dissesto della Banca Etruria, poi salvata dal governo con altri istituti inguaiati. D’altronde, lo stesso Folli, così severo ed esigente nei giorni precedenti, aveva commentato a caldo il fallito assalto grillino alla ministra riconoscendo al governo di avere “segnato un punto a suo vantaggio”. Un punto, che poi è anche il titolo della nota politica di Folli, si spera non destinato ad essere ridotto o cancellato dagli sviluppi giudiziari della vicenda, sui quali hanno invece scommesso, al solito, gli avversari per rifarsi.

Ma oltre, anzi più ancora che per la vicenda Boschi, il presidente del Consiglio si è guadagnato il consenso di Scalfari per lo scontro che ha voluto avere a Bruxelles con la potentissima cancelliera tedesca Angela Merkel, arrivata al vertice comunitario tutta contenta dei dieci minuti d’applausi – dico dieci – rimediati pochi giorni prima al congresso del suo partito, nonostante i segni di malumore e di preoccupazione seguiti alle sue aperture, per quanto contraddittorie, sul fronte caldissimo dell’immigrazione.

Scontrarsi con la Merkel e, più in generale, con la Germania, è sempre rischioso agli occhi di un certo establishment politico, economico e finanziario, di cui fa parte la Repubblica di carta. Dove non più tardi di quattro anni fa – ricordate? – furono molto apprezzate le risatine scambiatesi pubblicamente fra la stessa Merkel e l’allora presidente della Repubblica di Francia Nicolas Sarkozy contro Silvio Berlusconi. Che fu costretto di lì a poco a sloggiare da Palazzo Chigi per farsi sostituire con un tecnico – Mario Monti – compiaciuto nel suo sobrio loden di essere considerato dalle mamme e dai papà tedeschi “il genero ideale”.

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Una sola cosa Scalfari continua a non perdonare a Renzi sul delicatissimo versante europeo, infastidito – si potrebbe dire – del fatto di non essersi sentito sinora ascoltato nei consigli espressegli più volte in pubblico, ma forse anche in privato, perché i due ogni tanto si parlano, anche se non con la frequenza delle telefonate e degli incontri fra Scalfari e Papa Francesco. Non gli perdona, in particolare, i dubbi o le resistenze all’idea di un’Europa davvero “federata”, possibile solo se gli Stati che compongono l’Unione rinunceranno a fette consistenti delle loro sovranità nazionali in materia di difesa, di politica estera, di politica economica, e di banche. Un terreno, quest’ultimo, particolarmente caldo in questi giorni, su cui non possono bastare né l’ostinazione né le acrobazie dell’italianissimo Mario Draghi, che Berlusconi ebbe l’accortezza e il coraggio -per quanto oggi disconosciutigli dagli avversari- di avere piazzato alla guida della Banca Centrale Europea.

Va detto tuttavia, che pur dolendosi di non essere stato sinora ascoltato sul percorso di un’Europa federata, Scalfari ha generosamente riconosciuto a Renzi l’attenuante di non essere il solo a difendere troppo le sovranità nazionali sopravvissute ai trattati comunitari. Gli fanno buona compagnia presidenti e paesi destinati peraltro a crescere, vista la declinante popolarità dell’Europa nelle urne.

Sorpresa, Scalfari su Repubblica elogia Renzi

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