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Le riforme fiscali sono innanzi tutto degli atti politici, poi anche un esercizio di contabilità di bilancio alla ricerca delle coperture. Gli interventi organici sulle imposte segnalano, più di ogni altro intervento parlamentare, la competitività ricercata da un paese. Per questa ragione le riforme fiscali organiche, quelle che riformano in profondità un sistema impositivo, sono rare. In Italia l’ultima si registrò nei primi anni settanta, quando vennero introdotte, tra le varie nuove imposte, l’Iva e l’Irpef per tassare gli scambi commerciali e i redditi delle persone fisiche.

Dopo si sono registrati molte “variazioni sul tema” la più importante delle quali è stata, probabilmente, la nascita dell’Irap con il primo governo Prodi. L’Irap era allora e lo è ancora oggi un’imposta davvero originale ed eccezionale: la base imponibile è data dal valore aggiunto e colpisce, senza possibilità di recupero di tale costo fiscale dalla base imponibile Ires, lavoro, interessi passivi e proventi delle opere dell’ingegno. Non deve sorprendere, perciò, se sul pianeta Terra solo in Italia è in vigore l’Irap ed ancora non deve disorientare il fatto che, da quando è entrata in vigore l’Irap, il pil italiano e la produttività hanno cominciato a ristagnare. L’abrogazione dell’Irap, un’imposta voluta dal Pd pre-Renzi ed ancora difesa dal triumvirato Bersani-Fassina-Visco che ne ha la totale responsabilità politica, equivale, quindi, a realizzare una vera riforma fiscale.

E questo è il principale merito di Matteo Renzi, quello di aver trovato il coraggio di fare ciò che Berlusconi ha solo annunciato in ben quattro diverse campagne elettorali. Del resto, l’agenda fiscale del Pd di Bersani è stata sonoramente bocciata dalle urne nel 2013. Quel tipo di fisco la maggioranza degli italiani non lo vuole ed è quindi giusto ed opportuno che il Premier faccia una sua proposta tributaria in discontinuità con la tradizione fiscale del Pd (sempre perdente al voto, ndr.). Al netto dell’eliminazione delle imposte sulla casa, che qualche dubbio lascia, quanto proposto da Renzi va nella direzione giusta. Utilizzare la leva fiscale per ottenere tre obiettivi importanti per la competitività: ridurre il costo del lavoro (Irap); aumentare il rendimento netto del capitale (Ires); accrescere il potere di acquisto (Irpef). Dopo un lustro di politica economica emergenziale oggi il patrimonio è tassato in vario modo (imposte sulla casa; imposte sulle attività finanziarie; imposte sui fondi pensione; tasse sui conti bancari, ect.), mentre l’aliquota sui guadagni di capitale è aumentata più del 100%, dal 12,5 al 26%.

Ridurre le imposte è la scelta giusta ed in Italia per far pagare di più gli evasori si devono tassare di più i consumi e non aumentare l’Irpef che colpisce pochi, soliti noti.

Perché sono sacrosante le riforme fiscali alla Renzi

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