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L’Ucraina riceverà nuove batterie di missili Patriot, ma non saranno gli Stati Uniti a fornirle direttamente. Le batterie arriveranno da arsenali europei e saranno i governi europei a pagarle, mentre Washington si limiterà a dare il via libera politico e a incassare gli ordini di rimpiazzo. 

Le nuove batterie serviranno a Kyiv  per difendere le aree urbane e le infrastrutture energetiche, bersaglio sempre più frequente degli attacchi aerei e missilistici russi. Lo ha spiegato lo stesso governo ucraino, che monitora con crescente preoccupazione l’impiego combinato di missili balistici Iskander e Kinzhal, questi ultimi lanciati con sempre maggiore precisione dalle forze di Mosca. I Patriot, in particolare nella versione Pac-3, hanno già dimostrato efficacia in difesa contro entrambi i vettori, e sono oggi il sistema più richiesto da Kyiv.

L’iniziativa della Casa Bianca – che ufficialmente non comporta una fornitura diretta – prevede, per ora, che siano Germania e Norvegia a sostenere il peso dell’operazione. Berlino fornirà due batterie dai propri stock; Oslo, che non possiede Patriot, coprirà i costi per una terza, probabilmente prelevata da un Paese terzo. Una quarta batteria resta in bilico, con voci contrastanti sul suo effettivo invio.

In ogni caso, le batterie fornite dovranno poi essere rimpiazzate, e qui entra in gioco l’industria statunitense. Il Pentagono ha già chiesto al Congresso un budget per quadruplicare l’inventario di Patriot entro il 2026 e le linee produttive sono in fase di potenziamento. 

Cosa sono i missili Patriot

Il Patriot (Phased array tracking radar to intercept on target) è una delle piattaforme di difesa aerea più avanzate e versatili dell’intero arsenale statunitense. Prodotto da Raytheon, è in grado di intercettare missili balistici tattici, missili da crociera e velivoli ad alta quota. Il cuore del sistema è un radar a scansione elettronica che consente il tracciamento simultaneo di più bersagli in arrivo. Nella versione più aggiornata, il Pac-3 (Patriot advanced capability-3), il missile intercettore non esplode semplicemente vicino al bersaglio, ma lo colpisce direttamente grazie a una testata cinetica ad alta precisione, secondo la logica del “hit-to-kill”.

L’efficacia del Patriot sul campo è stata dimostrata proprio in Ucraina, dove ha intercettato più volte missili balistici russi Iskander, e – secondo fonti ucraine – avrebbe neutralizzato anche alcuni Kinzhal, i presunti missili ipersonici di Mosca. L’operazione non si ferma qui. In parallelo, gli Stati Uniti stanno predisponendo nuovi pacchetti di armamenti: munizioni d’artiglieria, razzi per i sistemi Himars, missili a lungo raggio Atacms e, secondo indiscrezioni ancora non confermate, i missili aria-superficie Jassm-Er compatibili con gli F-16. Anche questi verranno forniti in parte con fondi già stanziati e in parte con meccanismi di riacquisto da parte degli Alleati.

La posizione dell’Italia

Roma, dal canto suo, ha lasciato intendere che, pur apprezzando il “cambio di postura” della Casa Bianca nei confronti di Kyiv, non parteciperà a questa operazione di fornitura. L’Italia continuerà a garantire il proprio sostegno economico e materiale all’Ucraina, ma non stipulerà nuove commesse per l’acquisto di sistemi americani da inviare a Kyiv.

Se da un lato la decisione — non ancora smentita — di sfilarsi da questa procedura pone l’Italia di traverso rispetto ai piani dell’Alleato americano, va detto che la cosa in sé non stupisce eccessivamente. Roma ha già stanziato diversi fondi aggiuntivi per la Difesa nel 2025 e, anche considerando l’impegno preso meno di un mese fa all’Aja, un ulteriore aumento per l’acquisto di batterie Patriot andrebbe a porre ancora più pressione sui conti pubblici. 

Un precedente pericoloso?

Il presidente Trump, fresco della sua vittoria sull’aumento del budget al 5% del Pil al summit dell’Aja, sembra interpretare ora la prosecuzione della crisi ucraina come un’ulteriore occasione per rafforzare il primato tecnologico e industriale americano.

Infatti, i Patriot inviati a Kyiv saranno europei, così come europei saranno gli ordini che faranno girare gli impianti di Raytheon in Alabama e Texas. Un sostegno militare a costo (quasi) zero, ma con un ritorno pieno sull’indotto industriale d’Oltreoceano.

Quello che emerge è un meccanismo inedito nei suoi termini pratici e politici. Mai prima d’ora gli Stati Uniti avevano promosso un supporto militare d’urgenza a un Paese in guerra demandandone completamente l’onere agli Alleati, limitandosi unicamente a dare il via libera politico e a beneficiare del ritorno industriale attraverso gli ordini di rimpiazzo.

Nel passato recente, in particolare durante il primo mandato di Trump, Washington aveva adottato già un approccio transazionale nelle relazioni con gli Alleati Nato e alcuni partner regionali, spingendo per maggiori investimenti in difesa, condizionando cooperazione e presenza militare all’acquisto di sistemi d’arma statunitensi. Ma la combinazione attuale rappresenta una novità assoluta. È probabile che, nelle intenzioni del tycoon, la novità dovrà divenire presto prassi.

Patriot all’Ucraina, come funzionerà la nuova fornitura (e perché l’Italia si sfila)

L’Ucraina riceverà nuove batterie di missili Patriot per rafforzare la difesa contro gli attacchi russi su città e infrastrutture. Saranno fornite e finanziate dai governi europei, con il via libera politico degli Stati Uniti. Berlino e Oslo i primi attori coinvolti, mentre Washington prepara il potenziamento della produzione per sostituire i sistemi ceduti. L’inizio di una nuova prassi nel sostegno all’Ucraina?

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