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“Dal 2022 la Russia ha cercato di aggirare l’isolamento politico usando in modo sistematico la diplomazia culturale come ariete di penetrazione e influenza, per normalizzare l’immagine del regime agli occhi dell’opinione pubblica europea”. A parlare è Matteo Pugliese, analista senior di Debunk.org, organizzazione che monitora le campagne di disinformazione e interferenza legate al Cremlino. Il suo commento arriva in risposta all’invito rivolto al direttore d’orchestra Valerij Gergiev, atteso il 27 luglio al festival “Un’estate da Re” nella Reggia di Caserta.

Gergiev è da tempo una figura vicina a Vladimir Putin: ha sostenuto l’annessione della Crimea, la guerra in Siria e l’invasione dell’Ucraina. “Non si tratta di censurare artisti in quanto russi – precisa Pugliese – ma di non dare spazio a coloro che apertamente sostengono l’invasione dell’Ucraina o non la condannano”. Per l’esperto in Italia il Cremlino gioca molto sulla “ignoranza delle classi dirigenti su questi personaggi”, che altrove in Europa sono stati giustamente banditi. “Nel caso specifico di Gergiev si tratta di una figura vicinissima al regime che si presta a questa operazione di whitewashing, come hanno fatto d’altronde anche artisti italiani invitati in Russia”.

“In Italia il Cremlino gioca molto sull’ignoranza delle classi dirigenti su queste dinamiche, mentre in altri Paesi europei personaggi come Gergiev sono stati giustamente esclusi”. L’esperto sottolinea anche il ruolo giocato da artisti occidentali, italiani compresi, nel legittimare il regime con la loro partecipazione a eventi organizzati in Russia.

Una presa di posizione netta è arrivata anche da Julia Navalnaya, vedova del leader dell’opposizione russa Aleksej Navalny, con un articolo pubblicato su la Repubblica. Navalnaya denuncia che l’ingresso di Gergiev nella programmazione culturale italiana rischia di essere un modo elegante per ripulire l’immagine del regime e legittimare le iniziative del Cremlino, sottolineando come lo stesso artista sia stato parte integrante del sistema propagandistico di Mosca anche nei momenti più repressivi della presidenza Putin. Il problema, avverte, è quello di scambiare per diplomazia culturale ciò che in realtà è uno strumento sofisticato di influenza politica.

Mentre la Russia agisce attraverso la cultura e la narrazione, la Cina rafforza la propria presenza in Italia attraverso una strategia di cooperazione economica che tocca settori sensibili. Avvenire racconta la missione a Palermo di una delegazione cinese – composta da grandi gruppi, tra cui CATL, Jollywood e China Construction Bank – che ha incontrato istituzioni e imprenditori locali per discutere di progetti comuni nei campi dell’energia, delle infrastrutture e dell’agroindustria. In occasione della visita sono stati inaugurati nuovi impianti fotovoltaici, in collaborazione con aziende siciliane.

Il tour, organizzato dalla Camera di commercio cinese in Sicilia con il sostegno dell’Ambasciata cinese, è parte di una strategia nota da tempo e più ampia di inserimento nel tessuto economico del Mezzogiorno, visto da Pechino come uno snodo chiave per le rotte mediterranee e per l’accesso ai mercati europei. Il punto è che dietro all’apparente neutralità economica, potrebbe celarsi un disegno più ampio di costruzione di influenza a lungo termine, anche politica e diplomatica — un rischio che richiede attenzione e valutazione strategica.

Ne è consapevole Alessandro Albanese, presidente della Camera di Commercio “Palermo-Enna”, che sul quotidiano della Cei ricorda che “sono benvenuti tutti gli imprenditori con le carte in regola”, e commenta: “Ovviamente, lo dico in generale, non siamo favorevoli alle colonizzazioni, ma alle collaborazioni che possano sostenere chi fa impresa qui”.

Il combinato disposto di queste due operazioni – l’arrivo a Caserta di un artista profondamente legato al regime russo e la presenza di attori cinesi in ambiti strategici siciliani – conferma che l’Italia è esposta a tentativi di penetrazione da parte di attori rivali, gli stessi che vedono l’Occidente come un modello da erodere sia dall’interno che dall’esterno. Il contrasto alla disinformazione e alle ingerenze esterne è stato uno dei temi centrali della presidenza italiana del G7 e resta una priorità condivisa da Stati Uniti, Unione Europea e Nato. Riconoscere i segnali, distinguere tra cooperazione, interferenza e tentativi di condizionamento, è oggi più che mai una responsabilità politica.

Proprio in queste ore, l’Italia è stata colpita da un attacco informatico rivendicato dal gruppo filorusso Noname057(16), che ha preso di mira siti istituzionali di Regioni come Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta, oltre ad aziende come Tiscali. L’operazione è stata presentata come ritorsione per la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina ospitata a Roma, durante la quale l’Italia ha promesso 10 miliardi di euro a sostegno di Kyiv. L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, che aveva allertato in anticipo enti e aziende, ha evitato interruzioni gravi, evidenziando un rafforzamento nella capacità di difesa digitale del Paese.

Non solo Gergiev. Russia e Cina giocano sulle influenze in Italia

Il combinato disposto di due operazioni – l’arrivo a Caserta di un artista profondamente legato al regime russo e la presenza di attori cinesi in ambiti strategici siciliani – conferma che l’Italia è esposta a tentativi di penetrazione da parte di attori rivali. Pugliese spiega come figure come quella di Valery Gergiev siano usate per normalizzare la guerra, ripulire l’immagine del regime, camuffate da portatori di diplomazia culturale

Guerriglia ibrida e comunicazione strategica. Così Kyiv colpisce Mosca

Dal principio dell’invasione russa in Ucraina, il Direttorato principale dell’Intelligence (Hur) ha condotto tramite Telegram campagne di informazione e comunicazione strategiche non convenzionali, tra guerra cognitiva e intelligence partecipativa. Uno studio dell’International Journal of Intelligence and Counter-intelligence svela come funziona il modello di Kyiv

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