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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori, pubblichiamo l’articolo di Andrea Pira uscito sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi.

Sul fondo Juncker, Formiche.net ha dedicato analisi e approfondimenti (qui l’ultimo articolo con un rimando a tutti i pezzi precedenti)

Che l’accordo sul regolamento del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (Efsi) raggiunto ieri sia stato tutt’altro che facile sono gli stessi protagonisti a dirlo. È servita «una lunga notte di discussioni», affinché Commissione Europea, Europarlamento e Consiglio Ue arrivassero a una mediazione.

Alla fine è stata raggiunta l’intesa sulla governance, che non si discosta da quella che il vicepresidente della Banca Europea per gli Investimenti (Bei), Dario Scannapieco, aveva definito «un po’ ridondante». La nottata ha portato anche l’ok all’esclusione dal Patto di Stabilità dei contributi al piano Juncker versati dagli Stati e dalle loro banche pubbliche di sviluppo, anche nel caso questi vadano non al fondo di garanzia ma alle piattaforme d’investimento settoriali e nazionali. Tale revisione che non vale però per Cdp, attraverso cui l’Italia partecipa al Piano Juncker con 8 miliardi, in quanto già fuori dal perimetro della pubblica amministrazione.

Ma soprattutto c’è stato un punto d’incontro sul finanziamento del fondo da 21 miliardi, di cui 5 a carico della Bei e 16 della Ue. Il grosso della dote di 8 miliardi che Bruxelles intende mettere da subito, ossia 5 miliardi, arriverà dai programmi Horizon 2020 per la ricerca e sviluppo e Connecting Europe Facility (Cef) per le infrastrutture, che peseranno rispettivamente per 2,2 e 2,8 miliardi. Per i restanti 3 miliardi si farà ricorso al margine, ossia alla parte inutilizzata del bilancio europeo. Proprio su quest’ultima copertura si è giocata la mediazione nel trilogo. La proposta iniziale della Commissione prevedeva infatti che il margine contasse per 2 miliardi, sottraendo quindi 500 milioni a testa ai due programmi. Raggiunto l’accordo, il piano con cui la Ue punta a mobilitare 315 miliardi di investimenti dovrebbe partire entro la fine dell’estate.

Il regolamento finale si avrà soltanto dopo il via libera del Parlamento Europeo, che dovrebbe arrivare il prossimo 24 giugno. Per allora ci sarà certezza anche sulla governance del fondo, che avrà uno steering board, in cui siederanno rappresentati della Commissione e della Bei, e un comitato per gli investimenti composto da otto esperti e un direttore generale. Il primo deciderà gli orientamenti generali e le politiche strategiche.

Il comitato valuterà quali investimenti potranno ricevere la garanzia in base alle linee guida del regolamento. Spetterà infine alla Bei dare la valutazione finale dei progetti.

Piano Juncker, tutte le ultime novità

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