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Quante volte abbiamo letto del futuro della Rai, del servizio pubblico, della necessità impellente di cambiare il registro di una comunicazione che soprattutto nell’azienda pubblica appare sempre più superato dalle innovazioni tecnologiche e di prodotto? La letteratura ormai si spreca e sarebbe di scarso interesse aggiungerne altra. Il momento del cambiamento è ora e coinvolge tutti i protagonisti, chi ha responsabilità di impresa, chi ha responsabilità politiche e di vigilanza e anche i cittadini. Sono loro, i consumatori, a detenere l’arma più efficace per determinare quello che verrà. Il telecomando è uno scettro oggi più potente perché la scelta non è più limitata ai canali (comunque aumentati) ma anche ai mezzi. Al potere dello spettatore corrisponde la responsabilità di quella che con meritato orgoglio può essere considerata la prima azienda culturale europea.

Questa lunga premessa per dire che la Rai non può permettersi il lusso di aspettare che le vengano versati i denari del canone. Il paradigma va rovesciato. In cosa la radio e la tv di Stato possono rappresentare un servizio di pubblica utilità? Viale Mazzini, evidentemente, non è all’anno zero ed è lecito attendere che arrivino risposte ben strutturate che possano superare tutte le obiezioni di chi guarda al canone come una ingiustificabile imposizione aggiuntiva. Toccherà dimostrare che non è così e sono fiducioso che questo possa avvenire.

Riconoscere la funzione di pubblica utilità della Rai significa prendere atto delle conseguenze. Alcune indiscrezioni di stampa hanno citato l’eventualità di eliminare la pubblicità sul canale dedicato ai bambini (la quarta rete della Rai per importanza ed ascolti). Questa ipotesi sarà discussa nelle sedi più naturali ma intanto già per il fatto di essere trapelata indica una sensibilità virtuosa che va incoraggiata. E’ difficile immaginare un servizio pubblico più servizio pubblico del canale destinato ai bambini ed ai ragazzi. E’ lì che passano i “nuovi” italiani, compresi quelli che si fermano nel nostro Paese per effetto dei grandi flussi migratori di questi mesi ed anni. E’ su questi canali che può formarsi un sentire civile comune, una sensibilità ambientale, una diffusione di valori quali il rispetto delle regole e degli altri, e in particolare il riconoscimento del ruolo della figura femminile nella nostra società.

Basta guardare i canali children delle altre grandi tv internazionali per constatare quale e quanta politica educativa passi di lì. Lo stesso cartoon “Masha e l’Orso” rappresenta probabilmente il maggiore successo di politica estera e soft power della Russia in questi ultimi anni. Diversamente, ma allo stesso modo, serie come “Peppa Pig” contengono messaggi fortemente positivi sul piano dei comportamenti sociali. Per il nostro Paese e per la Rai si tratta non solo quindi di investire nell’acquisto dei buoni prodotti disponibili sul mercato internazionale. La sfida è quella di un ulteriore salto di qualità incentivando la produzione di contenuti ad hoc che siano “made in Italy” e che possano non solo sostenere l’industria nazionale ed una filiera, quella dell’animazione, che è stata molto trascurata ma anche dare maggiore vigore a quella idea di futuro che immaginiamo. E’ un vasto programma, lo so. Ma è un punto di partenza, forse il punto di partenza.

Paolo Messa, Consigliere di amministrazione Rai

Rai, perché partire dalla tv dei bambini

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