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Articolo tratto da Nota Diplomatica

Parrebbe opportuno ricordare ai neo conquistadores dell’attuale governo italiano – quelli che ambiscono risolvere il problema dell’immigrazione nordafricana con le bombe e i marò – che le forze libiche in causa non sono composte solo da beduini scalzi che ciondolano disordinatamente con il Kalashnikov a tracolla.

Entrambi i grandi – seppure confusi – schieramenti libici, quelli che fanno capo rispettivamente a Tobruk e a Tripoli, possiedono e sanno usare caccia e cacciabombardieri. I velivoli, Sukhoi-22, MiG-23 e MiG-25, tutti di fabbricazione russa, sono pochi, vetusti e sicuramente male mantenuti: ma ci sono.

Vale anche la pena di notare che i piloti libici hanno una recente esperienza di “veri” combattimenti attraverso le guerrette di confine – segnatamente con il Ciad – dell’epoca Gheddafi. Ricordiamo pure che le loro basi sono lì, non da questa parte del Mediterraneo. Non sono nemmeno localizzate in riva al mare, insieme con le barche degli scafisti. Pertanto, neutralizzarle implicherebbe penetrare all’interno.

Il punto non è sfuggito ai libici. Recenti immagini satellitari mostrano il trasporto via terra di tre MiG-25 “Foxbat” verso l’aeroporto di Misurata, sotto il controllo degli islamisti di “Alba libica”. Secondo gli analisti, il probabile intento sarebbe quello di rimettere uno degli aerei in servizio con pezzi di ricambio presi dagli altri due.

Il tutto per dire che un’avventura libica non sarebbe necessariamente la gloriosa e “chirurgica” passeggiata coloniale che forse qualcuno dalle parti di Via XX Settembre si sogna.

mosca trump

Libia, ecco le armi (russe) in mano a Tripoli e Tobruk

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