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Il divario tra gli annunci di Bruxelles e la soluzione di problemi concreti, come quello delle carrette del mare che partono dalla Libia, non è mai stato così ampio. E se in passato gli osservatori d’oltreoceano hanno riso dello scarso decisionismo europeo, oggi iniziano ad esserne seriamente preoccupati. Il dubbio sorge spontaneo, dopo il pungente commento pubblicato nei giorni scorsi sulle pagine del Washington Post a firma di una giornalista nota tanto negli Usa quanto in Europa, Anne Applebaum (nella foto).

UN PREOCCUPANTE IMMOBILISMO

Per l’editorialista del quotidiano americano, l’Europa (ma questa è una polemica antica), si è rivelata incapace di gestire un dossier urgente e complesso come quello della Libia, “scomparsa del tutto dall’agenda” continentale, nonostante da essa dipenda anche la matassa dell’immigrazione clandestina. Così, dopo l’ennesima strage del mare il mese scorso, ha ricordato la Applebaum, l’unica risposta offerta da Bruxelles è stata una “riunione d’emergenza“, “durante la quale tutti i capi di governo hanno espresso la loro profonda preoccupazione e hanno deciso di inviare un paio d’imbarcazioni a pattugliare le coste di Italia e Grecia (qui le nuove misure). La vera fonte della crisi – la Libia – non è stata menzionata“. La “verità è che man mano che la crisi di Tripoli si estendeva“, ha sottolineato ancora l’editorialista, “tutti sapevano che lo sforzo occidentale nel Paese era inadeguato“, ma nessuno nel Vecchio Continente – complice anche la mancanza di coordinamento e condivisione – ha mosso un dito per risolvere il problema, forse ancora nemmeno “identificato“.

LA REPLICA DI BRUXELLES

Questa ed altre analisi della Applebaum hanno toccato un nervo scoperto e messo in forte imbarazzo Bruxelles. Con una lettera inviata avanti ieri al WaPo, l’ambasciatore dell’Ue negli Stati Uniti, David O’Sullivan, ha respinto al mittente le accuse, rivendicando un ampio dibattito europeo sulla questione libica e un ruolo attivo di Bruxelles. Nel farlo, il diplomatico ha preso le difese della Mogherini, ricordando gli ultimi passi compiuti dall’Alto rappresentante in sede Onu: gli incontri, come quello con il segretario di Stato John Kerry, tesi ad ottenere e una risoluzione del Consiglio di sicurezza per poter agire in un quadro normativo di sicurezza e distruggere così i barconi. Polemica conclusa? Probabilmente no.

VECCHIE RUGGINI

Le ruggini, per così dire, tra Mogherini ed Applebaum, risalgono già a qualche mese fa. La columnist del Washington Post è anche moglie dell’ex ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, fino all’ultimo in corsa per il posto di Alto rappresentante ricoperto oggi dall’ex titolare della Farnesina. A gennaio, a seguito di un paper di Bruxelles che ipotizzava di cercare il dialogo con Mosca e abbandonare la strada delle sanzioni, la giornalista americana scrisse su Twitter che la Mogherini si opponeva a uno “sforzo dell’Ue per rispondere alla propaganda russa”. Un cinguettio dell’Alto rappresentante negò, ma la polemica era ormai innescata.

CARROZZONE UE?

Tensioni personali a parte, i problemi sollevati dalla Applebaum restano sul tavolo e, per molti addetti ai lavori, le sue critiche dovrebbero (e forse già sono) oggetto di discussione sia a Bruxelles, sia nei singoli Stati membri dell’Unione. Il tema di un’Europa costruita per essere incapace di decidere, sottolineano alcuni osservatori, dovrebbe essere all’ordine del giorno, a prescindere da chi abbia ragione in questa polemica. E, rincarano la dose i più critici, fa specie che nell’Ue ci si preoccupi di più della stampa americana che della soluzione reale di problemi – come quello libico – ancora irrisolti.

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