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È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un povero vada alla Casa Bianca. Se l’adattamento alla politica americana dell’aforisma evangelico funziona, Donald Trump, eccentrico miliardario, ex marito di Ivana, il protagonista di The Apprentice, e molto altro, ha buone chance di farcela: nove miliardi (di dollari), per l’esattezza. Lui se n’è vantato: “Io sono molto ricco, quindi non ho bisogno dei lobbisti”. E ha aggiunto: “Sarò il più grande presidente per il lavoro che Dio abbia mai creato”.

Per annunciare formalmente la sua candidatura alla nomination repubblicana a Usa 2016 –adesso, sono 12 in lizza -, Trump ha organizzato un evento a New York, nella sua Trump Tower, quasi davanti al Palazzo di Vetro dell’Onu. Introdotto dalla figlia Ivanka, ha detto che “all’America serve un grande leader”, mentre l’attuale presidente, Barack Obama, non va bene neppure come cheerleader”.

Trump s’è presentato come “un vincitore” in un’America “che non vince più” e che anzi perde contro la Cina, il Giappone, il Messico, il resto del Mondo. Vestito con i colori della bandiera, l’abito blu, la camicia bianca e la cravatta rossa, l’aspirante presidente, una sorta di buffone in servizio permanente effettivo, ha fatto un discorso surreale ed ha attaccato l’amministrazione Obama su tutta la linea, ma anche i repubblicani che “fanno solo retorica e non parlano dei problemi reali dell’America”.

“Sono ufficialmente in corsa per la presidenza degli Stati Uniti e renderò il nostro Paese di nuovo grande”, ha detto Trump, definendo gli attuali leader americani degli “inetti”. Per lui, gli Usa “sono in guai seri”, perché non vincono più: “Quando è stata l’ultima volta che abbiamo battuto la Cina in un accordo commerciale? Io vinco contro la Cina tutti i giorni!”.

Per il miliardario, i suoi rivali “non sarebbero mai in grado di rendere l’America di nuovo grande” perché “sono controllati dai lobbisti, dai finanziatori, da interessi particolari”, mentre “il nostro Paese ha bisogno di un leader che abbia scritto The Art of the Deal” (il suo libro, ndr) e che possa ricreare in America posti di lavoro”.

Alla frontiera con il Messico, Trump vuole “costruire un grande muro”, perché “i messicani non sono nostri amici”. Se “l’America è come un Paese del terzo mondo”, è perché i leader americani “sono stupidi”. Lui, a 69 anni, è l’unico uomo in grado restaurare il “sogno” – pare quasi di sentire Briatore via Crozza -, così com’è stato in grado di accumulare ricchezza.

Donald Trump, un magnate alla Casa Bianca?

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