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A breve il contratto di lavoro a progetto non sarà più stipulabile. Così almeno è previsto nella bozza del decreto legislativo inerente la revisione delle tipologie contrattuali.
Ad oggi non vi sono peraltro segnali di ripensamento, stante che il Governo ha promesso un ingente aumento, grazie al Jobs Act, delle assunzioni a tempo indeterminato: obiettivo per agevolare il quale si è ben pensato di abolire talune fattispecie contrattuali tra cui anche quella del lavoro a progetto.

Se l’abolizione di fattispecie contrattuali “minori” (quali, ad esempio, il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro) non desta particolari perplessità anche in considerazione della scarsa utilizzazione di tali istituti, la dichiarata volontà del Legislatore di abrogare il lavoro a progetto, ancorché facendo salvo uno specifico regime transitorio, lascia perplessi.

Le perplessità nascono da una serie di motivazioni sia di ordine pratico che giuridico.
Innanzitutto, le collaborazioni a progetto sono assai diffuse in molti settori: si pensi, ad esempio, a quello della moda, ove molti stilisti operano in forza di (genuini) rapporti di lavoro a progetto e sarebbero assai restii ad accedere a forme contrattuali di lavoro più “tradizionali” e vincolanti anche in termini di orari ed obblighi contrattuali.

In secondo luogo, la Riforma Fornero aveva già dato un “giro di vite” alla disciplina delle collaborazioni a progetto, prevedendo, ai fini della genuinità della fattispecie, una serie di parametri piuttosto rigorosi, tra cui, ad esempio, la necessità che il progetto fosse collegato ad un “determinato risultato finale” e non comportasse lo “svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi”.

Il tutto con la conseguenza che il rapporto di lavoro a progetto è andato progressivamente a prestarsi sempre meno ad eventuali utilizzi elusivi e fraudolenti e ciò, non ultimo, anche in considerazione del fatto che l’aliquota contributiva è costantemente cresciuta nel corso degli anni (pur con i ripensamenti sugli aumenti previsti per il 2015) rendendo quindi di fatto poco appetibile l’istituto per coloro che avessero inteso, con esso, conseguire un fraudolento abbattimento del costo del lavoro.

Alla luce di tali considerazioni, non si comprende bene la ragione della determinazione di abrogare le collaborazioni a progetto e soprattutto la scelta del Legislatore di ricondurre l’intero mondo del lavoro, con la sola eccezione delle professioni per cui è necessaria l’iscrizione agli Albi, entro lo steccato – potenzialmente assai angusto per taluni profili professionali – del lavoro subordinato.

Ma tant’è: il dado pare ormai essere stato tratto.
Tornando quindi alla bozza del decreto legislativo, è bene precisare che l’abolizione delle collaborazioni a progetto non sarà immediata nel senso che, allorquando entrerà in vigore il decreto legislativo, non sarà più possibile stipulare contratti di lavoro a progetto ma quelli in corso manterranno la propria efficacia e potranno essere onorati sino alla scadenza.

Tale regime transitorio è certamente opportuno anche per evitare impatti repentini sui rapporti già in corso e concedere alle parti un congruo periodo per definire i futuri assetti contrattuali.
In realtà però la possibilità di onorare sino alla naturale scadenza i contratti di lavoro a progetto in corso va soppesata con attenzione tenendo conto del fatto che la bozza del decreto legislativo ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2016, un ulteriore “giro di vite” sulle collaborazioni e quindi anche sugli eventuali (medio tempore sopravvissuti) rapporti di lavoro a progetto.

La bozza ha, infatti, stabilito che, dall’inizio del 2016, si applichi – pur con una serie di eccezioni – la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro.

Quanto illustrato induce, quindi, a compiere un ragionamento in merito alla opportunità di continuare a dare esecuzione, anche nel 2016, a quegli eventuali “sopravvissuti” contratti di lavoro a progetto che, essendo in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, potrebbero essere in teoria onorati sino alla loro naturale scadenza.

Un’ultima annotazione: chi intende stipulare, pur con le avvertenze di cui sopra, contratti di collaborazione a progetto si affretti, perché l’entrata in vigore del decreto legislativo relativo al riordino delle tipologie contrattuali pare imminente.

Jobs Act, tutte le perplessità sulla fine dei contratti a progetto

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