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Google a muso duro contro l’Ue. Dopo la miccia accesa lo scorso 15 aprile dalla Commissione Europea che accusava formalmente il colosso di Mountain View di abuso di posizione dominante e pratiche anticoncorrenziali, Big G – fresco di riassetto societario – ha finalmente trovato il coraggio di rispondere, presentando le sue ragioni.

IL RAPPORTO FIRMATO DA UN EX PRESIDENTE UE

E lo fa sfoderando un rapporto firmato da un ex presidente del Tribunale dell’Unione Europea, Bo Vesterdorf. «La nostra risposta fornisce prove e dati per dimostrare il motivo per cui le preoccupazioni della Commissione Europea sono infondate», si legge nella nota del gruppo scritta dal general counsel di Google, Kent Walker. Secondo Kent Walker, le conclusioni preliminari dello statement of objection presentato da Bruxelles, un documento di oltre 100 pagine che accusa Google di distorcere i risultati del suo motore di ricerca per favorire i suoi servizi commerciali, sono «erronee, sia per quel che concerne i fatti, che per quel che riguarda i termini economici o giuridici».

LA DIFESA DI GOOGLE

«Google – spiega la nota – si è sempre impegnata per migliorare i propri servizi, creando nuovi modi per fornire risposte migliori e mostrare annunci più utili. Abbiamo preso seriamente le questioni sollevate nella comunicazione degli addebiti della Commissione Europea, secondo cui le nostre innovazioni sarebbero anticoncorrenziali». «La risposta che abbiamo depositato oggi – è scritto – spiega per quale motivo crediamo che tali affermazioni non siano corrette e perché crediamo che Google non solo crei più opportunità di scelta per i consumatori europei ma che offra vantaggi preziosi a imprese di ogni dimensione».

Alla convinzione della Commissione Europea che Google, mostrando gli annunci a pagamento dei commercianti, devii il traffico da altri servizi di shopping comparativo, Big G risponde che «non tiene in considerazione i significativi vantaggi per consumatori e inserzionisti e non indica una chiara base giuridica per collegare tali affermazioni alla soluzione proposta». E che, al contrario, «la nostra risposta fornisce prove e dati che dimostrano l’infondatezza delle questioni sollevate nella comunicazione».

L’ANALISI DEL TRAFFICO E DEI DATI ECONOMICI

Ecco in che modo: «Abbiamo utilizzato analisi di traffico per replicare alle affermazioni secondo cui i nostri annunci e i nostri risultati organici specializzati avrebbero leso la concorrenza impedendo agli aggregatori di shopping di arrivare ai consumatori. Dati economici rilevati su un arco temporale di oltre un decennio, ampia documentazione e le dichiarazioni dei ricorrenti confermano che il settore della ricerca di prodotti online è altamente competitivo». «Nella nostra risposta – continua Google – dimostriamo che la comunicazione non è corretta perché non considera l’impatto di servizi di shopping online come Amazon ed eBay, che si sono ritagliati una fetta di traffico molto più grossa rispetto agli annunci di Google Shopping».

I DATI SUI SERVIZI DI SHOPPING ONLINE

Secondo Big G l’universo dei servizi di shopping online è in perfetta forma: «Il settore ha visto un significativo aumento di traffico proveniente da Google, una diversificazione degli attori, nuovi investimenti e più scelta per i consumatori. Nell’ultimo decennio Google ha indirizzato oltre 20 miliardi di click gratuiti verso gli aggregatori di shopping, nei paesi interessati dalla comunicazione della Commissione, con un aumento del 227% del traffico organico (il traffico totale è aumentato ancora di più)». «Inoltre – continua -, le modalità con cui gli utenti cercano, confrontano e acquistano prodotti stanno evolvendo rapidamente. Gli utenti che navigano da desktop e su dispositivi mobili spesso preferiscono rivolgersi a commercianti fidati con una presenza online consolidata. Questi sviluppi mostrano un settore dinamico e competitivo, dove il modello di business delle aziende è in continua evoluzione e i mercati online e offline stanno convergendo».

OBIETTIVO QUALITÀ

Il colosso di Mountain View ci tiene a ribadire l’obiettivo principale del suo servizio: «La qualità, la pertinenza e l’utilità dei nostri risultati di ricerca e degli annunci che mostriamo». Nel fornire risultati a persone interessate allo shopping, spiega la nota, «sapevamo di dover andare oltre il modello dei “10 link in blu” per mantenerci al passo con aziende concorrenti e servire al meglio i nostri utenti e gli inserzionisti. Abbiamo sviluppato modi nuovi per organizzare e valutare le informazioni di prodotto e per presentarle agli utenti in formati utili nella ricerca e negli annunci».

«Come parte di questo sforzo – continua la nota -, nel 2012 abbiamo introdotto gli annunci Google Shopping, un nuovo formato di annuncio, in aggiunta al formato tradizionale. Non crediamo che questo formato sia anticoncorrenziale. Al contrario, mostrare annunci basandosi sui dati strutturati forniti dai commercianti migliora chiaramente la qualità degli annunci e rende più semplice per i consumatori trovare ciò che stanno cercando. Mostriamo questi gruppi di annunci dove abbiamo sempre mostrato gli annunci pubblicitari: a destra e nella parte superiore della pagina, prima dei risultati di ricerca organici, e utilizziamo algoritmi speciali per massimizzare la loro rilevanza per gli utenti. I dati degli utenti e degli inserzionisti confermano l’apprezzamento per questi formati. Non si tratta di “favorire”, ma di dare ai nostri clienti e inserzionisti ciò che trovano più utile».

LA RISPOSTA ALLE ACCUSE

Secondo Google, «la comunicazione della Commissione individua una soluzione peculiare e problematica, richiedendo a Google di mostrare annunci forniti e ordinati da altre aziende all’interno del nostro spazio pubblicitario». Ma questo, per Mountain View, danneggerebbe la qualità e la pertinenza dei suoi risultati. Non solo. «In un rapporto allegato alla nostra risposta, Bo Vesterdorf, sottolinea perché tale obbligo sarebbe giustificato legalmente solo nel caso in cui un’azienda abbia un obbligo di fornitura di un servizio ai suoi concorrenti, intendendo con ciò che l’azienda controlla un servizio essenziale e non disponibile altrove. Considerate però – spiega la nota – le diverse modalità con cui è possibile raggiungere i consumatori su Internet, la comunicazione della commissione non sostiene che tale situazione sia applicabile in questo caso».

«Il nostro motore di ricerca – si legge ancora – è progettato per fornire i risultati più pertinenti e gli annunci più utili per ogni query. Utenti e inserzionisti beneficiano di questo servizio, quando funziona bene. E lo stesso vale per Google. E’ nel nostro interesse fornire risultati di alta qualità e annunci che conducano le persone a ciò che stanno cercando. Più pertinenti sono gli annunci, meglio collegano potenziali acquirenti a potenziali venditori, generando così più vantaggi per tutti». «Durante i quasi 17 anni di storia di Google, i nostri ingegneri hanno sviluppato approcci innovativi alla ricerca e agli annunci, vantaggiosi sia per gli utenti sia per gli inserzionisti. In questo video, i nostri ingegneri spiegano come si sono evoluti i nostri servizi per dare alle persone risultati e annunci migliori. Siamo orgogliosi del loro lavoro e felici di raccontare la loro storia».

L’APERTURA AL DIALOGO CON L’UE

Ma quella sollevata da Google non è una polemica fine a se stessa. «Siamo pronti e disponibili a discutere la nostra risposta e le prove a sostegno con la Commissione, nell’interesse di promuovere possibilità di scelta per gli utenti e libera concorrenza», spiega il colosso della rete.

Perché Google rimbrotta Bruxelles

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