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L’inaugurazione del nuovo mandato del ri-eletto presidente russo Vladimir Putin è un rituale che merita di essere guardato e analizzato con le dovute attenzioni, forse addirittura maggiori delle quattro occasioni precedenti. D’altronde, nei suddetti contesti non c’erano state né il conflitto su larga scala in Ucraina che oramai si trascina da tre anni, né tantomeno la riforma costituzionale che ha aperto le porte al terzo mandato consecutivo del leader russo, interrompendo la cosiddetta “tandemizzazione” e rafforzando ulteriormente la già marcatissima caratterizzazione personalistica del sistema di potere russo.

Un personalismo che non tocca soltanto il vertice massimo del potere, ma anche tutta la sua cerchia. Alcuni individui hanno oramai assunto il ruolo di “costanti” all’interno del sistema di potere putiniano, come il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, il ministro della Difesa Sergei Shoigu, il direttore del Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (Fsb) Aleksandr Bortnikov, il direttore del Servizio Informazioni Estero Sergej Naryškin e altri ancora. Seppure cambiando talvolta ruolo (prima di divenire ministro della Difesa Shoigu è stato titolare del ministero per le Situazioni d’Emergenza, e poi brevemente governatore dell’oblast di Mosca; mentre prima di assumere il comando dell’Svr, Naryškin è stato per cinque anni Presidente della Duma), questi “uomini del presidente” sono la plastificazione della continuità del regime, così come della salda presa di Putin sul sistema-Russia.

Ma l’inaugurazione del quinto mandato di Putin potrebbe rappresentare un’occasione per lanciare un segnale di cambiamento. La cerimonia del giuramento, in cui il Presidente russo ha di nuovo teso la mano all’Occidente purché esso si adegui alle richieste di Mosca, non lascia immaginare nulla in questo senso. Ma da alcune settimane i commentatori suggeriscono la possibilità di un rimpasto di governo che simboleggi l’apertura di una “nuova fase”, rimpasto in cui potrebbero cadere teste di rilievo. Una delle più gettonate è quella di Shoigu, su cui pesano i lenti progressi della fu Operazione Militare Speciale, e adesso vera e propria guerra, in Ucraina, così come l’ammutinamento dei mercenari della Wagner guidati da Yevgeny Prigozhin lo scorso giugno.

Il recente arresto per corruzione del vice-ministro della Difesa Timur Ivanov viene considerato come un indizio che il Cremlino stia virando in questa direzione, sia per le modalità “spettacolari” con cui è avvenuto l’arresto che per la forte vicinanza di Ivanov a Shoigu. Uno dei possibili candidati a rimpiazzare Shoigu, secondo quanto riportato da Politico, è Dmitry Patrushev, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio del Segretario del Consiglio di Sicurezza Nikolai Patrushev. La scelta del rampollo della dinastia Patrushev sarebbe coerente con il trend seguito negli ultimi anni dal Cremlino, scegliendo “nuove reclute” tra le ex-guardie del corpo di Putin o tra i parenti più giovani di coloro che fanno parte della sua cerchia ristretta, considerati candidati ritenuti facili da controllare.

Le sentite celebrazioni del 9 maggio, festeggiamento della vittoria nella Seconda guerra mondiale, potrebbero essere l’occasione ideale per annunciare un ricambio ai vertici del ministero della Difesa. E anche per stressare un cambio di passo rispetto agli scorsi anni nel conflitto in Ucraina, in un momento in cui l’andamento del conflitto sembra essere meno sfavorevole per Mosca rispetto ad altri frangenti.

Cambiare qualcosa affinché nulla cambi. Cosa aspettarsi dal nuovo mandato di Putin

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