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La storia del Museo di Casal de’ Pazzi parte da una zanna d’elefante. Rinvenuta nel 1981 durante i lavori di urbanizzazione della zona di Rebibbia, diede il via ad un’indagine archeologica su un’area di oltre 1.200 mq che portò alla luce il tratto di un antico alveo fluviale.

Nel giacimento vennero scoperti più di 2.000 fossili animali, appartenenti a specie impensabili oggi nella campagna romana (l’elefante antico, l’uro, l’ippopotamo, il rinoceronte), ma anche un frammento di cranio e oltre 1.500 manufatti in selce che testimoniano la contemporanea presenza di uomini.
Il sito risale a circa 200 mila anni fa e costituisce l’ultima testimonianza di una straordinaria serie di depositi pleistocenici che costellavano la bassa valle dell’Aniene, distrutti dall’avanzare della città.

I ritrovamenti suscitarono un immediato interesse tra gli studiosi, tanto da avviare un percorso di conservazione e valorizzazione dell’area. Dal 1996 il sito archeologico è stato preso in carico dalla Sovrintendenza capitolina e nel 2000 sono iniziati i lavori di costruzione dell’edificio del museo che oggi entra ufficialmente a far parte del Sistema Musei Civici dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma con i servizi museali di Zètema. Un Sistema estremamente diversificato che parte dall’archeologia e arriva all’arte contemporanea, riunendo 24 luoghi museali e siti archeologici di grande valore artistico e storico.

Nel corso degli anni gli archeologi del sito di Casal de’ Pazzi hanno consolidato un forte rapporto con il territorio. Grazie al progetto La scuola adotta un monumento gli studenti del vicino Istituto Comprensivo di via Palombini hanno prodotto ricerche, plastici, approfondimenti e condotto visite guidate per gli abitanti del quartiere. Il Municipio IV (ex V), le associazioni culturali del quartiere, le cooperative sociali e i detenuti del vicino Istituto di Pena di Rebibbia hanno contribuito alla realizzazione della programmazione e degli allestimenti. Infine, negli ultimi anni, diversi studenti di archeologia de “La Sapienza Università di Roma” hanno svolto tirocini formativi arricchendo, con il loro entusiasmo e le loro idee, le attività di valorizzazione dello spazio.

Il Museo inoltre è completato dalle istallazioni realizzate dall’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Consiglio nazionale delle ricerche: ricostruzioni 3D e interattive permettono di assistere all’inondazione dell’antico letto del fiume Aniene e di esplorare il paesaggio di 200.000 anni fa, nell’ambiente del paleolitico, fra i grandi elefanti che popolavano l’area di Roma in quell’epoca.

L’itinerario di visita prevede l’osservazione del letto del fiume dall’alto di una passerella. Suggestive proiezioni evidenziano progressivamente i grandi massi e i resti fossili del giacimento tra cui zanne lunghe fino a 4 metri, denti e vertebre. Un inaspettato paesaggio “archeologico” nel pieno della città moderna i cui misteri vengono svelati con l’ausilio di una voce fuori campo. Quindi i visitatori vengono portati ad immaginare ciò che non c’è più: l’alveo si riempie di acque virtuali e un filmato ricostruisce il paesaggio pleistocenico con il fiume, le piante, gli animali e una rappresentazione 3D dell’elefante antico mentre, in sottofondo, un uomo che 200.000 anni fa viveva in quei luoghi racconta il suo mondo.

Nello spazio esterno coperto da una pensilina, alcuni pannelli sintetizzano l’evoluzione dei paesaggi e della vita nella campagna romana a partire da 3 milioni di anni fa quando a Roma c’era il mare. Nella sala espositiva è possibile ammirare alcuni dei reperti rinvenuti nel giacimento ed utilizzare la Pleistostation, un touch screen ricco di questionari, giochi, ipertesti e filmati per confrontarsi in modo ludico e interattivo con le tematiche affrontante del corso della visita.

L’area esterna al museo ripropone un giardino pleistocenico: la ricostruzione dell’insieme floristico che poteva caratterizzare le sponde dell’Aniene circa 200.000 anni fa da rivivere percorrendo un sentiero che richiama un percorso fluviale. Infine, tre aree di sosta sono dedicate alla realizzazione di laboratori didattici ed eventi.

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