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Si parla molto delle sgommate cinesi con Pirelli, poco di altre mire di Pechino su reti e asset strategici dell’Italia. Dopo l’acquisto di Pirelli da parte del colosso Chem China, tornano seppure sottotraccia colloqui, pour parler e trattative di altri gruppi cinesi su società delle tlc, e non solo. Continua dunque l’ingresso della Cina in Italia nelle reti strategiche dopo aver acquisito il 35% di Cdp Reti?

L’ALLARME DI SAPELLI

“L’Italia è un caso da manuale”, ha scritto il professore Giulio Sapelli in un editoriale sul Messaggero prendendo spunto dal passaggio del controllo di Pirelli ai cinesi di ChemChina. “I cinesi posseggono già quote importanti di reti strategiche italiane, ciò che in ogni altro stato del mondo, a cominciare dal Regno Unito, nessun governo di qualsivoglia parte politica avrebbe reso possibile”, ha commentato Sapelli.
Per lo storico ed economista dell’università Cattolica di Milano, “in politica economica si agisce precostituendo, anzi continuando una politica di decadenza economica”.
“Il silenzio della politica dinanzi a simili avvenimenti è assordante. Di più: è una politica industriale a rovescio. Tutto è politica industriale, anche il non fare”, si legge sul Messaggero.

IL GIOCO TELEFONICO

Gli occhi dei colossi di Stato cinesi si sono poggiati anche sulla capogruppo Telecom Italia o su una controllata del gruppo presieduto da Giuseppe Recchi e guidato dall’ad, Marco Patuano. Nel mirino ci sarebbe Telecom Italia Sparkle, una rete di cavi sottomarini lunga 450 mila chilometri tra Europa, America Latina e Mediterraneo sui quali viaggiano i dati e le telefonate sia di Telecom Italia, sia di altri 500 operatori del mondo che pagano per questo servizio.

Se per la stampa la notizia del potenziale acquirente cinese, avrebbe creato scompiglio e divisioni tra gli uomini di Recchi e quelli di Patuano, il presidente Recchi, ha giudicato nei giorni scorsi le indiscrezioni “fantasie prive di fondamento”.

Ma l’interesse asiatico per il settore della telefonia si spinge anche oltre. Dopo aver rilevato Orange Austria e O2 Ireland, e chiuso l’accordo con telefonica per comprare O2 in Gran Bretagna, il magnate cinese Li Ka Shing potrebbe presto celebrare il matrimonio tra il terzo e il quarto operatore mobile italiano: 3 Italia, la società controllata dai cinesi di Hutchison Whampoa e Wind, il gruppo controllato dai russi di Wimpelcom. “Che sia arrivato il momento di stringere su Wind?”, ha scritto oggi Federico De Rosa sul Corriere della Sera ricordando che “probabilmente ci sono ancora alcuni dettagli su cui trovare l’accordo ma, visto che tra tira e molla sono passati due anni che la trattativa va avanti, gli advisor sono convinti che un punto di incontro si troverà”, si legge sul Corriere della Sera di oggi.

Ombre cinesi si intravedono anche nella partita per completare la raccolta del secondo fondo di F2i, la società dei Fondi italiani per le infrastrutture guidata dall’amministratore delegato, Renato Ravanelli, e partecipata dalla Cassa depositi e prestiti, nove fondazioni bancarie, Intesa, Unicredit, due casse di previdenza e la società Ardian.

Ad entrare in F2i, da lunedì scorso presieduta da Bernardo Bini Smaghi (ecco chi è e cosa pensa) con un investimento pesante, di qualche centinaio di milioni, potrebbe essere il fondo sovrano cinese China Investment Corporation (Cic) con il quale sembrano essere state riaperte le trattative con il benestare della Cassa di Franco Bassanini e alcuni mugugni da parte di qualche banca azionista del fondo F21 (qui tutte le indiscrezioni).

LE MOSSE CINESI DI GAMBARDELLA

Restando in ambito tecnologico, rapporti tra Cina e Europa vengono coltivati anche da ChinaEU, l’associazione internazionale con sede a Bruxelles e un ufficio di rappresentanza a Pechino, presieduta da Luigi Gambardella, vicepresidente di Telecom Italia per le relazioni con le istituzioni e gli organismi internazionali.
ChinaEU è “un incubatore di progetti di business comuni e start-up in materia di innovazione digitale volto a intensificare la cooperazione, il commercio e gli investimenti in prodotti e servizi digitali tra Cina e Europa”, si legge sul sito dell’associazione fondata da Gambardella.

OBOR, cina venezie

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