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L’Italia rischia di mancare un’opportunità di crescita economica e creazione di posti di lavoro se non si doterà di un piano per lo sviluppo di una rete di infrastrutture di rifornimento a idrogeno e di veicoli alimentati con idrogeno e fuel cell: lo ha detto Mario Paterlini, amministratore delegato del gruppo Sapio, intervenuto al recente workshop EUSEW 2015 ospitato nella Sala del Carroccio del Campidoglio a Roma e dove si è fatto il punto sulle nuove tecnologie per rendere le nostre città più sostenibili e “pulite”.

VEICOLI GIA’ SUL MERCATO

Benché a molti ii veicoli a idrogeno possano apparire come prototipi per la speculazione di scienziati e industriali ambiziosi, Paterlini ha sottolineato che la tecnologia esiste ed è pronta. Lo prova il gruppo Sapio, che in Italia è il primo produttore di idrogeno, con stazioni per il rifornimento in tutto il mondo, ha introdotto a Torino il primo autobus a idrogeno e gestisce un centro R&D sull’idrogeno, HySy Lab. Lo dimostrano colossi dell’automotive come Toyota e Hyundai, che hanno già lanciato sul mercato vetture a idrogeno e celle a combustibile.

“I tempi di rifornimento e l’autonomia del veicolo a idrogeno sono paragonabili a quelli di un veicolo a benzina e la sicurezza è anche maggiore”, ha dichiarato Paterlini. “L’idrogeno è una concreta opportunità per avere città più pulite e consegnare al futuro un mondo migliore e al tempo stesso offre una chance di sviluppo industriale all’Italia, che ancora dipende pesantemente dalle importazioni di energia (il 75% del totale consumato)”, ha ricordato Paterlini. “L’idrogeno, con le altre fonti rinnovabili, ci aiuta a soddisfare i sempre più severi requisiti sui tagli delle emissioni di CO2 e si adatta non solo all’alimentazione dei veicoli per il trasporto pubblico e privato, ma può far parte delle politiche energetiche dei paesi, perché è un tipo di energia stoccabile”.

MANCA UN PIANO INDUSTRIALE

Che cosa manca dunque all’Italia per cogliere questa opportunità? Un piano industriale: la direttiva europea 2014/94/UE non include esplicitamente l’idrogeno tra i carburanti alternativi indicati nel Quadro Strategico Nazionale (QSN) che lo Stato membro dovrà trasmettere a Bruxelles entro il 18 novembre 2016 e questo può raffreddare l’interesse di governo e imprese. Per questo Sapio con altre aziende è entrata nella Italian Initiative on Hydrogen Fuel Cell Mobility (InIMI) o Iniziativa italiana mobilità a idrogeno: un’iniziativa che parte dal basso per affrontare tutti gli aspetti tecnici, finanziari e regolamentari del settore e permettere lo sviluppo di una rete sufficiente di infrastrutture di rifornimento a idrogeno entro il 2025 (orizzonte indicato dalla direttiva 2014/94/UE). “L’alternativa è non fare nulla ed aspettare che, come accaduto con le fonti rinnovabili, tra qualche anno il settore decolli comunque, ma per via di fattori esogeni (ad es. normativa europea) ed essenzialmente ricorrendo a tecnologie e modelli importati dall’estero”, ammonisce il consorzio.

L’iniziativa, aperta a tutti i portatori d’interesse del settore della mobilità a idrogeno, ha già portato alla formulazione di un Piano Nazionale di Sviluppo delle Infrastrutture per il Rifornimento di Idrogeno nei Trasporti (PNS) che sarà presentato ai ministeri italiani competenti entro maggio 2016 per poter essere poi inviato alla Commissione europea entro il 18 novembre 2016.

L’EUROPA E’ AVANTI

In Europa hanno già adottato, o stanno per adottare, piani per lo sviluppo delle infrastrutture di rifornimento a idrogeno: Germania, Regno Unito, Francia, Svezia, Danimarca, Norvegia, Svizzera, Austria, Paesi Bassi, Polonia, Belgio, Finlandia, Lettonia; nel resto del mondo Paesi come Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud hanno un programma analogo. L’Italia ha un Piano Nazionale per le infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici già approvato dal governo (con 47 milioni di euro di fondi dedicati), ma non un piano per l’idrogeno.

L’IEA stima che nei quattro principali mercati europei, tra cui l’Italia, i veicoli a idrogeno e celle a combustibile rappresenteranno un quarto del parco circolante entro il 2050; l’intera industria, a livello mondiale, varrà 60 miliardi di euro nel 2030. Ma senza un action plan, ovviamente, l’Italia rischia di essere tagliata fuori da queste opportunità. Un consorzio come InIMI, inoltre, è fondamentale per aiutare a creare il mercato: solo la presenza di una massa critica di veicoli può abbassarne i costi di produzione, così come solo un parco circolante adeguato può rendere conveniente gestire le infrastrutture di rifornimento.

CREARE UN MERCATO

Tuttavia, sottolinea InIMI, non si tratta di costi proibitivi o non competitivi: a livello europeo, gli investimenti necessari a garantire un numero minimo di infrastrutture per il rifornimento di veicoli a idrogeno sono stimati al 2020 in 123 milioni di euro, da paragonarsi con i 164 milioni stimati per avere un numero minimo di infrastrutture di rifornimento di gas naturale, e i quasi 8 miliardi per avere un numero minimo di infrastrutture di ricarica per le vetture elettriche a batteria.

Il costo di produzione delle vetture a idrogeno risulta oggi elevato perché riflette il costo del sistema di propulsione, che risente della mancanza di economie di scala, ma secondo inIMI, assumendo una produzione globale annua di almeno 500mila vetture, il costo globale medio di una vettura a idrogeno convergerà con quello di una vettura tradizionale verso la metà del prossimo decennio.

“Lo sviluppo delle infrastrutture e del mercato va pianificato con approccio sistemico”, ha affermato Paterlini. “Creare un mercato e migliorare costantemente la tecnologia è il nostro impegno. Invitiamo tutti gli stakeholders a muoversi e collaborare: l’idrogeno è complementare agli altri combustibili verdi. L’Italia ha una grande opportunità di sviluppo da cogliere, e quando gli italiani uniscono le forze verso un obiettivo, non conoscono ostacoli”.

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