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Con 155 sì e 92 no la trasformazione in Spa degli istituti di maggiori dimensioni (sopra gli otto miliardi di attivo) è legge. Il sì è arrivato ieri al Senato, dopo il governo aveva posto la fiducia, in primis dal Pd, con qualche malumore della sinistra del partito, e compreso il Nuovo Centrodestra che pure non era entusiasta, anzi, del decreto legge. Contrari Forza Italia e M5S mentre la Lega non ha partecipato al voto anche se è stata critica sul provvedimento dell’esecutivo.

IL COMMENTO DI REPUBBLICA

“E’ una rivoluzione copernicana, un cambiamento che nei decenni passati si era sempre arenato nelle aule parlamentari, dove nessun disegno di riforma del settore, anche parziale, era riuscito a vedere la luce”, ha scritto il quotidiano la Repubblica.

LA TEMPISTICA

A questo punto le 11 banche popolari (dopo la fusione tra Volksbank dell’Alto Adige e Popolare di Marostica) interessate dalla legge avranno 18 mesi di tempo (da quando ci saranno i regolamenti Bankitalia) per trasformarsi in società per azioni ma nel passaggio alla Camera il settore ha ottenuto di poter mettere nello statuto il vincolo – a termine, per 24 mesi – al 5% dei diritti di voto.

LA BACCHETTATA DI ZONIN

Ora emergono tra i banchieri del comparto anche alcune posizioni critiche rispetto all’azione di Assopopolari, l’associazione di settore presieduta da Ettore Caselli: “L’associazione delle banche popolari non si è mossa in tempo per anticipare un cambiamento che sarebbe stato meno radicale e meno repentino», ha commentato  Gianni Zonin, presidente della Popolare di Vicenza (una di quelle coinvolte nella trasformazione in Spa).

I PRESIDENTI FAVOREVOLI

Da settimane, infatti, erano emerse posizioni favorevoli di molti amministratori delegati delle banche coinvolte, che scorgevano gli effetti positivi del provvedimento, come l’invito a fondersi o ad accorparsi, con una crescita di valore per gli istituti. “Alcuni istituti – Veneto Banca e Popolare di Vicenza in maniera esplicita, la Banca Popolare di Milano anche martedì scorso assecondando pubblicamente la trasformazione indotta dal decreto – hanno già intrapreso la strada del cambiamento”, ha scritto il Corriere Economia. È vero – ha aggiunto Stefano Righi, autore dell’articolo – “anche che Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare si è scagliato contro la riforma in una accorata lettera ai dipendenti e che il presidente di Bper, Ettore Caselli, che al contempo presiede anche l’associazione di categoria, non può agire contro l’interesse dei propri associati, ma il cambiamento è in atto e di questo tutti beneficeranno”.

LE PAROLE DEI CAPI AZIENDA

Lo hanno capito chiaramente i capi azienda delle banche coinvolte, come da tempo ha scritto Formiche.net, tanto che si è scritto di come e quanto molti amministratori delegati gongolavano per l’innovazione del governo, tra cui il numero uno della Banca Popolare di Milano, Giuseppe Castagna. Se i presidenti «devono» in alcuni casi difendere lo status quo, i manager che quotidianamente si trovano a confrontarsi sui mercati hanno già abbracciato il cambiamento. “Da Vicenza a Montebelluna, da Modena a Sondrio, da Milano a Bergamo, Brescia e Verona le dimensioni delle dieci banche coinvolte sono tali che una limitazione partecipativa al capitale – nonostante sia, in sette casi, addolcita dalla distinzione tra soci e azionisti, che deriva dalla bizantina collocazione sul mercato azionario delle azioni delle stesse banche «popolari» – rappresenta un aggravio sul fronte della provvista e un ostacolo sul piano della governance”, ha scritto Righi del Corriere Economia.

LO SCENARIO FONDAZIONI

Le prossime spa bancarie popolari si avviano dunque, dopo l’approvazione del governo, a costituire noccioli duri per stabilizzare l’azionariato. In questa prospettiva non è escluso, anzi, che della compagine azionaria delle banche popolari spa possano diventare soci anche le fondazioni bancarie, che in alcune casi sono già presenti nelle banche popolari. E’ già uscito allo scoperto il presidente della Cariverona, Paolo Biasi, che negli scorsi giorni ha fatto esplicito riferimento alla possibilità che possa investire nel Banco Popolare limando le quote detenute dalla fondazione veronese in Unicredit. Inoltre alcune fondazioni – come scrive oggi Marco Ferrando del Sole 24 Ore – stanno studiando i conti della Banca Popolare di Milano (Bpm), in particolare la Compagnia di San Paolo di Torino ma soprattutto secondo alcuni rumors la piemontese Crt, oltre ad altre fondazioni del Piemonte come quella di Biella e di Asti. “Non è detto – scrive anche il Sole – che anche la Bper possa interessare ad alcune fondazioni emiliane”.

popolari sistema bancario

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