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Non decisioni, una conferenza ad hoc tenutasi a Roma, un possibile negoziatore gradito in loco lasciato in freezer, un inviato speciale il cui bilancio non ha il segno più. Il ruolo dell’Italia sul caso libico è stato fino ad oggi secondario e, per molti versi, anche anonimo. Incapace di raccogliere gli inviti che la Casa Bianca ha rivolto a Palazzo Chigi.

Ciò che è successo, ma soprattutto ciò che succede oggi in Libia è “il frutto perverso di un percorso ricco di errori, incomprensioni, superficialità, convenienze, connivenze e vantaggiosi rapporti” osserva il Presidente della Camera di Commercio Italolibica, Gian Franco Damiano.
Da sempre l’Italia è sempre stato l’interlocutore privilegiato per la Libia ma, oggi, è purtroppo evidente che non ci siano “né voglia né capacità e forse neppure le competenze, non per dirimere il groviglio, ma, almeno, per tirare fuori un primo capo dalla matassa libica”.
Per ben tre volte la Casa Bianca ha indicato a Palazzo Chigi quale ruolo dovrebbe assumere il nostro Paese: ovvero naturale destinataria del dossier Libia. Il risultato? Troppo spesso, secondo l’ente camerale, “si butta deliberatamente il pallone in tribuna per non giocare la partita”.

Ma perché tanto ostracismo nei confronti di Prodi? Secondo Renzi il Professore non fu ritenuto adatto dall’ONU nel ruolo di mediatore perché in passato troppo vicino a Gheddafi. Infatti, come ricostruisce Damiano, è vero che Prodi sdoganò il dittatore libico “avviando così un processo di stabilità nel Mediterraneo, ponendo finalmente fine alla stagione che aveva visto Mhuammar non solo fiancheggiatore, ma finanziatore e importante protagonista del terrorismo internazionale”.
Ma fu allo stesso Prodi, dopo i fatti del 2011, che fu chiesto esplicitamente da parte della maggioranza delle tribù libiche e da quasi tutti i capi di stato africani, di essere mediatore per giungere al processo di pacificazione nazionale.

Le tempistiche potrebbero aiutare a sostenere un’analisi più approfondita. Bernardino Leon fu nominato inviato speciale UE il 9 maggio 2014 e solo il successivo 9 agosto Ban Ki-moon lo nominò commissario ONU per la Libia. Secondo la tesi di Damiano questa è la prova evidente che l’Italia – nonostante la Mogherini fosse già in odore di Lady Pesc – “si è guardata bene dal voler assumere un ruolo, che nel passato è sempre stato di attore e non di comparsa, come oggi notiamo, sullo scenario mediterraneo”.

Dalla Libia, però, ancora oggi molti indicano Prodi come volto gradito, ma l’Italia si limita solo a corteggiare nuovamente un altro dittatore nordafricano. “È comprensibile, pur se discutibile, che in politica, molto spesso, si costruiscano scenari artefatti a proprio vantaggio – dice Damiano – lo è molto meno quando i temi in discussione riguardano vite umane, sicurezza interna, equilibri e stabilità internazionale, terrorismo, immigrazione ed economia”. Ma forse oggi nascondersi dietro un Palazzo di vetro sarebbe un altro errore in direzione di Tripoli.

twitter@FDepalo

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