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Effetto Serra, dunque, sulle Popolari? I numeri ballano, le idee divergono. Cerchiamo comunque di ricostruire quello che è al momento noto, visto il decreto approvato sulle dieci maggiori banche popolari che si devono trasformare in spa, le oscillazioni in Borsa dei titoli interessati anche prima del provvedimento governativo e il primo quadro al vaglio dei tecnici della Consob. Con, sullo sfondo, il ruolo del finanziere renziano Davide Serra, fondatore del fondo Algebris.

ANNUNCIO E DECRETO

Le prime indiscrezioni pubbliche hanno iniziato a circolare il 3 gennaio, mentre il primo annuncio ufficiale del governo risale a venerdì 16 gennaio, quando, a mercati chiusi, il premier Renzi ha parlato della riforma sul comparto bancario. Il 20 gennaio si è chiuso il cerchio con il consiglio dei ministri che ha varato la riforma per le sole banche popolari con attivi superiori a 8 miliardi di euro. Ma nei giorni precedenti molti investitori erano evidentemente a conoscenza del provvedimento del governo e usarono quell’informazione privilegiata per speculazioni da almeno dieci milioni di euro, ha scritto ieri Francesca Sarzanini del Corriere della Sera. Su tutto questo indaga ora la Procura di Roma per ricostruire il percorso delle notizie riservate e stabilire chi ne abbia beneficiato.

LE IPOTESI DI REATO

Il reato di insider trading non è stato ancora formalizzato, si procede contro ignoti, ma è questa l’ipotesi investigativa dopo le dichiarazioni rilasciate due giorni fa di fronte al Parlamento dal presidente della Consob Giuseppe Vegas secondo il quale «l’analisi della dinamica delle quotazioni nel periodo antecedente al 16 gennaio evidenzia che i corsi delle azioni delle banche popolari hanno mostrato in media una performance negativa, tuttavia è stata rilevata la presenza di alcuni intermediari con un’operatività potenzialmente anomala, in grado di generare margini di profitto, sia pur in un contesto di flessione dei corsi. In particolare i soggetti hanno effettuato acquisti prima del 16 gennaio vendendo poi la settimana successiva».

LA VERSIONE DI VEGAS

Il presidente della Consob nel corso dell’audizione parlamentare ha sottolineato come «dal 3 gennaio al 9 febbraio i corsi delle banche popolari sono saliti da un minimo dell’8 per cento per Ubi a un massimo del 57 per cento per Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, a fronte di una crescita dell’indice del settore bancario dell’8 per cento circa».

LE OSCILLAZIONI

In particolare emerge che «nel periodo compreso tra il 2 e il 16 gennaio, tre intermediari italiani hanno operato sul titolo Bpm ottenendo plusvalenze potenziali rispettivamente di 1,4 milioni di euro, 800 mila euro e 1,05 milioni (questi ultimi suddivisi in 220 mila euro per conto di un investitore italiano, 500 mila per conto di un investitore estero, 100 mila per un intermediario italiano e 230 mila per un investitore estero)». Oscillazioni anomale anche per il Banco Popolare visto che, come evidenziano gli ispettori della Consob, «tre investitori (due stranieri e uno italiano) hanno avuto plusvalenze potenziali rispettivamente di 3,5 milioni, 350 mila euro e un milione». C’è poi il titolo Ubi «con due intermediari con plusvalenze potenziali da 760 mila e 300 mila euro». L’inchiesta verificherà l’andamento dei titoli delle Popolari e si concentrerà sugli investitori per stabilire da chi possano aver avuto anticipazioni per manipolare il mercato.

IL RECORD

Il boom dei titoli in Borsa è avvenuto lunedì 19 gennaio, ha scritto ieri il quotidiano la Repubblica in un articolo di Walter Galbiati: in una seduta la PopMilano ha guadagnato il 14,9%, la Ubi il 9,7%, il Credito Valtellinese il 9,63%, la PopEmilia l’8,5%, il Banco Popolare l’8,3%, la PopEtruria l’8,2% e la PopSondrio l’8%. Gli uomini della vigilanza hanno scandagliato le compravendite avvenute nel periodo sensibile e hanno evidenziato plusvalenze effettive e potenziali per 10 milioni di euro.

DOSSIER BANCO POPOLARE

Il dossier più scottante riguarda il Banco Popolare, una delle banche su cui Serra ha ammesso di aver operato, seppur in perdita, ma non nel periodo rilevante, aggiunge Repubblica: “Secondo le carte Consob, tra il 2 e il 16 gennaio 2015 un intermediario estero trattando quasi l’1% del capitale avrebbe conseguito una plusvalenza di 3,5 milioni di euro. La posizione è stata chiusa tra il 19 e il 23 gennaio. Un operatore italiano invece ha incassato un milione con il trading sullo 0,3% della banca, un altro 350mila euro, altri ancora ricavi residuali compresi tra 23 e 30mila euro. Qui la Consob ha trovato anche derivati acquistati il 13 gennaio con un obiettivo di prezzo di 10,5 euro e le scommesse al ribasso sul titolo da parte della società inglese Aqr Capital management Llc, un hedge fund londinese di proprietà di un ex banchiere di Goldman Sachs”.

FASCICOLO BPM

L’altro fascicolo corposo è relativo alla PopMilano – scrive Galbiati – sulla quale sempre dall’estero è stata ottenuta una plusvalenza di 1,4 milioni di euro. Un intermediario italiano ha acquistato tra il 7 e il 9 gennaio, portandosi a casa un utile di 800mila euro, un altro ha comprato il 16 e venduto il 19 con una plusvalenza di 220mila euro: “Quest’ultimo trader ha procurato anche un guadagno di mezzo milione di euro a un investitore estero. Altri intermediari hanno avuto utili minori e uno di questi è risultato attivo anche sulla PopEtruria, la banca ai cui vertici siede il padre del ministro Maria Elena Boschi, sulla quale la Consob ha messo in luce due piccole operazioni (con profitti per 2500 e 10mila euro) e le vendite allo scoperto dei fondi Gsa Capital e Kairos Investment. Movimenti minori per la PopEmilia e il Credito valtellinese, mentre su Ubi Banca gli 007 di Consob hanno scovato guadagni per 760mila, 300mila euro e 83mila euro, più un’operazione in derivati”.

QUESTIONE SERRA

Il 30 gennaio, nel corso della manifestazione dei bancari, la leader della Cgil Susanna Camusso aveva attaccato — pur senza nominarlo — il finanziere amico del presidente Renzi, Davide Serra, perché «non è un bello spettacolo che subito dopo il decreto sulle banche popolari si scopra che c’è chi lo sapeva in anticipo e ha speculato su questo». Si riferiva a un’intervista al Sole 24Ore nella quale lo stesso Serra ammetteva di «investire sulle Popolari dal marzo 2014, ho una specifica, grande posizione in un istituto che sa cosa vogliamo e dove intendiamo arrivare, perché ci siamo parlati, siamo in dialogo continuo». “Contatti che adesso si dovranno approfondire”, scrive Sarzanini. E Giovanni Pons di Repubblica rilancia l’indiscrezione su una sorta di workshop negli uffici inglesi di Algebris sulle Popolari, a ridosso del decreto Renzi, di cui aveva scritto già Formiche.net. Ma Algebris, dice Repubblica, ha smentito l’indiscrezione.

LA NOTA DI ALGEBRIS

In serata, con una nota, la Algebris Investments guidata da Serra si è detta «assolutamente disponibile» a collaborare con le autorità, spiegando di non avere mai rilevato azioni di Banca dell’Etruria, di non avere comprato quote di Popolari dal 1 al 19 gennaio 2015 e di avere nel periodo sostanzialmente solo venduto, in perdita, titoli del Banco Popolare. Le azioni — circa 5,2 milioni di titoli — erano state acquistate nel 2014, durante l’aumento di capitale dell’istituto veronese, a un prezzo medio di 13,76 euro. Sono poi state vendute — spiega la nota di Algebris — a un valore medio di 9,72 euro. La perdita realizzata a riguardo è stata quindi intorno ai 21 milioni di euro.

Banco Popolare e Bpm. Benvenuti alla roulette di Davide Serra

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