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Un brivido corre lungo la schiena non solo leggendo di Sergio Cofferati che illustra una serie di brogli nelle primarie, ma anche di Claudio Burlando che si vanta novello Mao di avere accerchiato Genova con la Liguria delle province e della garrula Raffaella Paita che già festeggia l’”inevitabile vittoria” e i prossimi anni rock della sua prossima giunta.

Il brivido che ci corre lungo la schiena ci parla del regimetto burlandiando che ha organizzato i pasticci denunciati da Cofferati, il quale dopo avere costruito su una Genova allo stremo il suo potere ora la rinnega per rincorrere (spesso con mancette) pezzettini di territorio per mantenere le basi del suo potere.

I garruli festeggiamenti non oscurano come tutta la Liguria sia finita in crisi sotto della gestione burlandiana. Turismo, produzione, sanità, gestione del territorio e mobilità: non c’è un campo in cui si siano fatti passi in avanti. E la terribile alluvione genovese ha messo in piena luce con esperti emarginati, solerti funzionari spostati, appalti non assegnati.

Pochi mesi fa il voto emiliano ha rivelato – con una partecipazione sotto il 40 per cento – la ripulsa (pur ancora priva di vera alternativa) di un modo di governare chiuso e opaco anche perché privo di ricambio: però in confronto al regimetto ligure quello emiliano con la sua sanità e i suoi sostegni alla produzione appare un paradiso.

Quel che è più simile per certi versi alla gestione della Regione ligure è una sorta di sistema “Mose” dove sono organicamente incorporati anche alcuni “avversari” con gli annessi disastri sia in campo finanziario sia in quello portuale sia in altri settori della spesa pubblica. E certi trasformistici “aiutini” nelle primarie alla Paita non fanno che confermare questa analisi.

La parte centrale del popolo genovese non ne può più né dell’inetto sindaco Doria né del regimetto burlandiano, e nelle province i ras dell’inciucio possono riuscire a organizzare voti di scambio (e di cinesi e marocchini) ma non convincere le popolazioni che il rinnovo di un’opaca gestione li porterà da qualche parte.

L’occasione del ricambio è sul tavolo e un centrodestra che si sappia riunificare e aprire sulla logica di una seria alternativa sui programmi (e non sulla spartizione del potere) può offrire a tutti i liguri un’occasione di liberazione e rinascita. La via maestra sarebbe quella delle primarie (però ben “regolate” senza cinesi, marocchini e voti di scambio) altrimenti è indispensabile una seria discussione tra i soggetti in campo mirata appunto all’”obiettivo” di vincere e non a quello di puramente rafforzare questo o quel partito, questa o quella personalità, questa o quella nomenklatura.

Da tempo un ampio gruppo si è organizzato per  questo scopo intorno alla lista civica “Noi”. Ma l’avere indicato la via opportuna non significa volere automaticamente la candidatura alla presidenza: a noi interessa vincere per governare nell’interesse dei cittadini e della Regione (governare sia ben chiaro, non opacamente dominare). Non ci interessa tanto partecipare per partecipare magari con il sottinteso obiettivo poi di “sottogovernare” con un eventuale maggioranza di centrosinistra.

Liguria, che cosa fa il centrodestra dopo la vittoria di Paita alle primarie del Pd?

Un brivido corre lungo la schiena non solo leggendo di Sergio Cofferati che illustra una serie di brogli nelle primarie, ma anche di Claudio Burlando che si vanta novello Mao di avere accerchiato Genova con la Liguria delle province e della garrula Raffaella Paita che già festeggia l’”inevitabile vittoria” e i prossimi anni rock della sua prossima giunta. Il brivido…

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