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Il polo siderurgico dell’Ilva a Taranto è il primo in Europa a ciclo integrale per capacità (11,5 milioni di tonnellate annue), mentre per gli addetti (11.407 diretti e 2500 nell’indotto di 1° livello è tuttora anche la più grande fabbrica manifatturiera d’Italia, superando quelle del gruppo Fiat ad Atessa (CH), Melfi (PZ) e Mirafiori a Torino. L’imponente acciaieria pertanto, con le sue aziende di subfornitura e il sistema portuale che le è in larga misura funzionalmente connesso, continua a rappresentare una delle strutture portanti dell’apparato manifatturiero italiano, del Meridione e della Puglia: una caratteristica posta in evidenza, fra l’altro, proprio dalle complesse vicende giudiziarie avviate col sequestro dell’area a caldo dell’impianto, notificato il 26 luglio 2012, in seguito alle quali i 14 centri di trasformazione e di servizi del gruppo Riva diffusi soprattutto nell’Italia del Nord – e che trattano ‘a valle’ i semilavorati di Taranto – li hanno ricevuti con crescenti difficoltà, ponendo così a repentaglio la loro stessa tenuta occupazionale e l’approvvigionamento di larghe sezioni dell’industria meccanica nazionale.

Tuttavia, il Decreto legge 207 del 3 dicembre 2012 – recante fra l’altro norme per la continuità di esercizio dell’area a caldo dell’impianto classificato di ‘interesse strategico nazionale’ – e il Decreto legge 61 del 4 giugno 2013 hanno scongiurato ulteriori rischi per le forniture agli altri utilizzatori nazionali dell’acciaio del capoluogo ionico, ove si pensi che nel 2011 l’Ilva vi ha prodotto 8,5 milioni di tonnellate di laminati piani – pari al 60% di quelli italiani e a poco meno del 10% degli europei – collocandone sul mercato interno 5,5 milioni di tonnellate, pari a quasi il 40% del fabbisogno nazionale. Un altro impianto del gruppo di minori dimensioni per profilati destinati all’edilizia, facente capo all’Ilvaform, è in produzione con 50 addetti a Salerno.

Altre industrie metallurgiche di rilievo nel Sud sono la Laminazione sottile a Napoli (499), le Acciaierie di Sicilia a Catania (200), l’Acciaieria Duferdofin-Nucor a Giammoro (ME, 160), mentre in Sardegna nel Sulcis a Portovesme e a San Gavino nel Medio Campidano la Portovesme, (650 diretti e 500 indiretti) controllata dalla Glencore-Xstrata, opera nella metallurgia dei non ferrosi ed è leader nazionale nella produzione di piombo e zinco. Sempre nel Sulcis è prevista la ripartenza con 350 addetti dell’Euroallumina, mentre l’Alcoa – unica produttrice in Italia di alluminio primario – è in stand by in cerca di acquirenti. Nel capoluogo lucano la Siderpotenza (300) del gruppo Pittini è un’acciaieria elettrica con laminatoio che produce barre per cemento armato. L’Arcelor Mittal ha un impianto a San Mango sul Calore (AV) con 83 occupati per preverniciatura di coils e taglio di laminati.

Fra le aziende impiantistiche ed elettromeccaniche si segnalano per numero di occupati Semat, Comes, Stoma, Tecnomec, Sicmi, Giove, Modomec, Iris, Lacaita Pietro, parte delle quali lavora anche nella locale raffineria dell’Eni e nel cementificio della Cementir che impiega le loppe del Siderurgico per la produzione di cemento di altoforno.

Federico PirroUniversità di Bari – Centro studi Confindustria Puglia

Acciaio, non c'è solo Ilva. Viaggio nel Sud sviluppista/10

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