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Fierezza, gioia, rivalsa. È una mescolanza di stati d’animo forti e antichi che caratterizza l’attesa di numerosi esponenti della storia democratico-cristiana e popolare per l’ascesa quasi certa di Sergio Mattarella al Quirinale.

La fiducia di Washington

A partire da Paolo Cirino Pomicino, che su Formiche.net non nasconde la felicità per il ritorno alla più alta magistratura repubblicana di un esponente della Dc: “La quale non è stata una parentesi né un incidente della vita pubblica italiana”.

Sergio – ricorda l’ex ministro – appartiene con il padre Bernardo e il fratello Piersanti a una “stirpe di quel glorioso partito, a una famiglia di cultura forte e stabile sotto il profilo dell’ispirazione cattolico-politica”.

E può vantare un elevato tasso di credibilità nei confronti dei governi occidentali e dell’amministrazione Usa. Nella veste di vice-premier nell’esecutivo guidato da Massimo D’Alema tra il 1998 e il 1999, condivise la scelta di mettere a disposizione della Nato le basi militari di Vicenza per favorire il decollo degli aerei che andavano a bombardare Belgrado per fermare la guerra nel Kosovo. Forte di tali credenziali, rimarca l’ex parlamentare dello Scudo crociato, Mattarella dovrà divenire il contrappeso istituzionale di un premier “dominus di governo e Parlamento”.

La fierezza dei democratico-cristiani

Un sentimento di orgoglio viene rivendicato da Enrico Letta, che in un’intervista rilasciata a Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano evidenzia l’autorevolezza del candidato del Partito democratico alla Presidenza della Repubblica per il ruolo di garante della Costituzione. E spiega che “i democristiani non sono una brutta categoria, anzi costituiscono l’esatto contrario”.

Il preludio dell’unità nazionale

La ricostruzione più ricca e appassionata della vicenda umana e politica del probabile nuovo Capo dello Stato è fornita da Sergio D’Antoni in una conversazione con il giornalista del Mattino Nando Santonastaso.

L’amicizia con Mattarella risale all’inizio degli anni Settanta quando l’ex leader della Cisl militava con i giovani Vito Riggio, Leoluca Orlando e Luigi Cocilovo a fianco del fratello Piersanti, punto di riferimento per la Dc siciliana legata a Aldo Moro e ostile al capo-corrente di Giulio Andreotti Salvo Lima.

Una stagione in cui maturò e fu anticipata l’idea-laboratorio del “compromesso storico” tra Democrazia cristiana e Partito comunista italiano.

Mattarella è tutt’altro che grigio

Fu soltanto a seguito dell’omicidio dell’allora presidente della Regione, rileva l’ex leader di Democrazia europea, che Sergio entrò nell’agone politico “per evitare di gettare al vento un patrimonio rilevante”.

Fautore del passaggio nella vita di partito fu Ciriaco De Mita, che per metterne in rilievo la freddezza e la sobrietà affermava come “Arnaldo Forlani a suo confronto fosse un movimentista”.

Ma è proprio questo il punto, rileva D’Antoni: “Mattarella non è una figura grigia, e ha molta più sostanza di quanto appaia. Non è un grande comunicatore, ma coltiva idee e valori precisi che ha difeso con coerenza senza mai piegare la schiena”.

Più Einaudi che Pertini

Altra personalità di spicco della sinistra Dc animata da grande speranza nello scenario presidenziale è Guido Bodrato: “Mattarella sarebbe un ottimo capo dello Stato, rispettoso, imparziale, equilibrato, ma anche fermo se necessario. Mi ricorda più Luigi Einaudi che Sandro Pertini”.

Ma l’elemento più ricco di significati politici a suo giudizio è “la fragilità del Patto del Nazareno messa in luce dalla sua candidatura”.

Un Presidente non interventista

Ragionamento condiviso da Pierluigi Castagnetti, che ad Andrea Carugati di Huffington Post parla di un presidente “custode rigoroso della Costituzione, poco interventista, aperto alle riforme”. Per l’ex segretario del Partito popolare si tratta di un “sogno, anzi del coronamento di una lunga esperienza politica che segna peraltro il ritorno alla vecchia alternanza al Quirinale tra un laico e un cattolico”.

L’ex vice-presidente della Camera dei deputati rivendica l’eredità del patrimonio culturale della corrente democratico-cristiana legata a Moro: “L’area pensante, che ragionava sul futuro, sugli strumenti e i percorsi per arrivare a un cambiamento reale. C’era questa ambizione dei pensieri difficili”. È tale “intelligenza al servizio del cambiamento” che lo porterà a essere un interlocutore più delle istituzioni che del popolo, molto attento a non invadere le sfere di competenza del governo e del Parlamento”.

Prodiano senza asperità

Un presidente “non politico”, lo definisce Calogero Mannino ricordando come al congresso della Dc siciliana di Agrigento del 1983 riuscì con Mattarella a trovare la forza di buttare fuori dal partito Vito Ciancimino.

L’ex ministro esclude agguati o imboscate parlamentari come avvenuto nel 2013: “La linea politica di Sergio è prodiana, ma lui non è Prodi. Non ne ha le angustie e le asperità, è una persona serena e seria”. Per questo motivo si può parlare a suo avviso di “vittoria democristiana”.

La visione democristiana del potere

Vittoria i cui contorni si possono comprendere nelle parole pronunciate dallo stesso Sergio Mattarella e riportate da Mario Ajello sul Messaggero: “Queste sono cose che accadono, se devono accadere. Ma se accadono, diventano un onore e un grande fardello”.

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