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Questo commento è stato pubblicato oggi su La Gazzetta di Parma

Matteo Renzi è sott’assedio, e il tante volte evocato “autunno caldo” adesso arriva davvero. Come volevasi dimostrare, è sul lavoro che il presidente del Consiglio gioca tutta la sua novità. Non, dunque, sulla legge elettorale, il Senato che verrà o le tante riforme annunciate. In tempo di crisi e col buonsenso di non credere più ai miracoli promessi un governo dopo l’altro, gli italiani esigono soltanto una priorità dal loro giovane presidente del Consiglio, per decidere se concedergli ancora fiducia. Pretendono che l’uomo finalmente dimostri da che parte voglia condurre il Paese per risanare e rilanciare l’economia. E tutte le strade d’Italia portano al lavoro, che diventa, così, la prova simbolica e concreta non solo dello spirito di cambiamento incarnato da Renzi, ma della sua capacità tra il dire e il fare. A costo d’imbattersi in un mare di polemiche.

Per Renzi, allora, le rese dei conti sono due e molto diverse fra loro. La prima è più rumorosa e si sta consumando all’interno del suo stesso partito a opera della vecchia guardia, che mal lo sopporta (ricambiata). Ma che, essendo vecchia guardia di politica, più che di anagrafe, dalla sua ha anche la saggezza dei molto furbi: sa perfettamente che, senza l’ambizioso rottamatore, il Pd non sarebbe più il protagonista della scena. E’ il pedaggio da pagare all’estraneo fiorentino. Si può presumere che essi continueranno a pagarlo, quel pedaggio politico: sbuffare sempre di più, ma tenersi ben stretto e stretti all’unico cavallo vincente del momento.
Perciò lo scontro in corso sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (disciplina il reintegro del lavoratore per licenziamento illegittimo), ossia l’ultima bandiera della sinistra ideologica e del sindacato ad essa più vicino, non è poi tanto peregrino. Da una parte rappresenta la nostalgia per il tempo che fu, quarantaquattro anni fa, su un tema serio, giusto ed eterno: la tutela del lavoratore. Dall’altra è un modo per far sapere d’esistere all’uomo solo al comando.

Mentre il presidente del Consiglio fa i conti in famiglia fra direzioni, moniti, appelli e tutto quanto prevede il muro contro muro della circostanza, cioè la minoranza contro il leader maggioritario del Pd, al varco aspettano i cittadini. I quali forse meno sanno dell’articolo 18 e ampi dintorni. Ma che sollecitano nuove forme di garanzia per l’esercito dei precari, dei giovani disoccupati, degli adulti non più occupati, delle tante categorie che mai hanno potuto invocare l’aiuto dello Stato, né della magistratura per poter esercitare il principio numero uno della Costituzione: la Repubblica è fondata sul lavoro. Incoraggiarlo, crearlo, renderlo più aperto e garantito nel tempo per tutti, lavoratori e imprenditori, ecco la scommessa.

Adesso si vedrà se Renzi avrà o no la forza del cambiamento più che nel Pd, in Parlamento, dopo le belle parole con cui l’ha più volte cavalcato (anche domenica sera a “Che tempo che fa”, forse la più convincente delle sue molte apparizioni in tv). Sarà la svolta buona?

Renzi, sarà la svolta buona sull'articolo 18?

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