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La crisi in Libia non può attendere. L’allargamento dello Stato Islamico e la persecuzione contro le minoranze etniche e religiose della regione (la popolazione curda e cristiana, soprattutto), impongono all’Unione europea una presa di posizione immediata. L’Europa deve fare sentire la sua voce. Così, Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato, spiega in una lettera al diretto del Messaggero la necessità di rimettere tra le priorità europee la Libia. 

GLI ERRORI DELL’OCCIDENTE IN LIBIA

Da quando è caduto Muammar Gheddafi nel 2011 il Paese è sprofondato nell’anarchia. Gli effetti ci sono in tutta la regione: dall’Algeria alla Tunisia, dove sono arrivati più di 100mila profughi, nonostante manchino le strutture di accoglienza. “Alla situazione in questo Paese (la Libia, ndr) dedichiamo un’attenzione ancora insufficiente. È un atteggiamento forse comprensibile, considerata la situazione complicata di tutta la regione, ma miope”, ha scritto Casini. Una colpa che coinvolge anche l’Italia. 

“Con l’intervento armato abbiamo favorito la caduta di Gheddafi, ma non ci siamo preoccupati di quello che sarebbe successo dopo. È stato un errore capitale, che ha di fatto aperto la strada al caos attuale”, sostiene il senatore.

TRA TERRORISMO E MIGRAZIONE

E anche nella battaglia contro il terrorismo dell’islam radicale non mancano gli sbagli. Senza controllo e sommersa nell’instabilità, la Libia rischia di diventare il teatro di operazioni e addestramento sia dello Stato Islamico che di Al-Qaeda. Inoltre, il flusso verso l’Italia manca sempre di più di una vigilanza adeguata. “Le recenti esperienze, a partire dal precedente dell’Albania, che pure presenta alcune differenze, insegnano che gli accordi con i paesi rivieraschi sono l’unico modo per fronteggiare le emergenze. E questo non è un problema solo dell’Italia, anche se l’Europa non sembra ancora averlo capito, visti i limiti evidenti della missione Triton”, ha aggiunto.

GRUPPO DI CONTATTO PERMANENTE

La proposta di Casini è creare “un gruppo di contatto permanente che coinvolga i paesi vicini, in accordo con la missione dell’Onu. Bisogna partire da un’analisi più accurata delle forze in campo. Non si può dividere la Libia in buoni e cattivi, perché la situazione è molto più complicata”. Secondo il senatore, è importante evitare di gettare tutte le componenti islamiche al controllo dei terroristi. Inoltre, bisogna accompagnare il delicato processo di transizione politica, la ripresa della credibilità delle istituzioni e la scrittura della nuova Costituzione. “Ma la prima condizione è garantire un livello minimo di sicurezza per i cittadini libici e gli operatori internazionali, con un cessate il fuoco accettato da tutte le parti”. I libici non vanno lasciati da soli perché hanno perso la capacità di fare ritornare la stabilità e l’ordine ma, soprattutto, non vanno lasciati soli perché come ricorda Casini “il Mediterraneo non è una civiltà ma una serie di civiltà accatastate l’una sulle altre. Tra queste civiltà c’è pure la nostra. Anche se troppo spesso ce ne dimentichiamo”.

Ecco perché l’Unione europea deve pensare alla Libia. Parla Casini

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