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Banchieri centrali che fanno consultazioni politiche come un qualsiasi sottosegretario. Premier scalpitanti che diventano d’un tratto flemmatici e pensano solo a sondaggi e voto anticipato. Economisti che dopo aver dispensato per anni il verbo “la politica stia lontana dall’economia” ora teorizzano su giornali e tv che i governi possono riavviare la crescita nell’ultimo trimestre dell’anno (gulp).

La crisi, più che nei numeri su pil, disoccupazione e investimenti, sta anche e soprattutto nei comportamenti. Tutti fanno tutto tranne quanto di loro competenza, a volte.

LE CONSULTAZIONI POLITICHE DEL TECNICO

Facciamo qualche esempio. Il presidente della Bce, Mario Draghi, stando alle cronache, sembra che trascorra più tempo a incontrare presidenti della Repubblica (il francese François Hollande), a parlare con primi ministri (la tedesca Angela Merkel) e discorrere con giornali internazionali su quanto i governi devono fare (ossia tagliare ancora un po’ di spesa pubblica tanto per affossare ancora un po’ consumi e investimenti e a fare riforme strutturali che – nel caso dell’Italia, visti i Crescita Italia, i Libera Italia, i Semplifica Italia e altri decreti degli ultimi tre governi – si ridurrebbero ad abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) che a convincere i suoi colleghi del board dell’Istituto di Francoforte a fare quello che l’americana Fed e l’inglese BoE fanno da anni: non pannicelli caldi utili soltanto alle banche.

ANALISI E SUGGERIMENTI

A meno che – come sostiene il capo strategist di Kairos, Alessandro Fugnoli – i bisticci tra governi e banchieri centrali siano solo una sceneggiata in Europa, visto che il Quantitative Easing è bell’e pronto anche nel Vecchio Continente. Si vedrà. Di sicuro lo auspica Wolfgang Munchau, già direttore del Financial Times Deutscheland, che a Repubblica oggi dice: “Il problema centrale? La Bce non ha ancora lanciato il quantitative easing, rimasto l’unico modo per dare ossigeno all’economia. La Bce dovrà comprare di tutto, buoni governativi, obbligazioni, forse non azioni per non essere anche accusata di interferire con le Borse, ma titoli di ogni genere pur di far salire la base monetaria. Basta ritardi: già con la riduzione dei tassi, che era più urgente in Europa che in America perché qui ci sono condizioni fiscali più dure, ne sono stati accumulati abbastanza. Le dirò di più: paradossalmente le Omt, outright monetary transaction, rimaste un annuncio con la promessa di comprare bond, hanno ritardato gli interventi veri”.

IL CAMBIO DI PASSO A PALAZZO CHIGI

Una certa schizofrenia alberga da giorni non solo a Francoforte ma anche a Palazzo Chigi. Lo scalpitante e arrembante premier Matteo Renzi è diventato d’un colpo flemmatico: “Più che Renzi sembra Letta”, titola oggi in prima pagina non a caso il Fatto Quotidiano di Antonio Padellaro e Marco Travaglio. Il leader dell’adesso-e-subito si concede – lanciando un sito davvero un po’ sgarruppato al momento e ben poco istituzionale in una conferenza stampa seguita da Umberto Pizzi (qui le foto) – mille giorni di tempo per portare a casa le riforme già in fieri e quelle future. Ovviamente, Parlamento permettendo. Perché Renzi, come sottolinea il giornalista politico di lungo corso Francesco Damato su Formiche.net, si tiene sempre in serbo l’arma del voto anticipato. Una prospettiva invece considerata sciagurata da Silvio Berlusconi, garantisce anche il quotidiano il Giornale diretto da Alessandro Sallusti: infatti il leader di Forza Italia è pronto a sostenere il governo Renzi non solo sulle riforme istituzionali in caso di necessità.

LIBERI DI CAMBIARE OPINIONE

Tra governanti che pensano sempre al voto anticipato e oppositori che vorrebbero rafforzare il governo, il quadro non può non contemplare anche gli intellettuali che dopo aver impartito per decenni quanto la politica possa fare poco o male in materia economica – in ossequio alle teorie turbo liberiste – ora inondano anche le tv oltre le prime pagine dei maggiori quotidiani a sostenere (come ha fatto ieri sera Francesco Giavazzi a In Onda su La 7 condotto da Alessandra Sardoni e Salvo Sottile) che il governo Renzi nel prossimo trimestre deve riavviare la crescita. Ohibò. Forse neppure gli ultra keynesiani alla Riccardo Realfonzo pensano davvero in questi miracoli dello Stato e dei governi. Ma si sa che gli economisti (alcuni economisti) sono maestri in giravolte.

Draghi, Renzi e Giavazzi, la confusione al potere

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