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La sfida tra Donald Trump e Joe Biden si sta facendo sempre più accesa. In questo quadro, i due rivali stanno mettendo in campo delle strategie di “combattimento elettorale” differenti: quasi un derby, se vogliamo, tra Napoleone Bonaparte e Basil Liddell Hart.

Trump, almeno per ora, sembra prediligere l’“approccio diretto”. Il team elettorale dell’ex presidente è convinto che la debolezza di Biden risieda principalmente nelle politiche attuate dalla Casa Bianca in questi tre anni. Effettivamente a confortare tale analisi ci sono svariati sondaggi. Secondo una rilevazione di Bloomberg News di fine gennaio, il 61% dei rispondenti in sette Stati chiave (Arizona, Nevada, Georgia, North Carolina, Wisconsin, Pennsylvania, e Michigan) ritiene che l’attuale presidente americano sarebbe almeno in qualche misura responsabile dell’incremento dei flussi migratori irregolari alla frontiera meridionale. Un altro sondaggio, condotto da Nbc News, ha registrato che Trump avrebbe circa 20 punti di vantaggio su Biden in termini di gradimento inerente alla gestione dell’economia.

Tutto questo rende chiara la strategia dell’ex presidente, che punta allo scontro frontale con l’avversario. Nelle scorse settimane, più volte il candidato repubblicano ha invocato un dibattito pubblico con Biden. “È importante per il bene del nostro Paese che io e Joe Biden discutiamo di questioni così vitali per gli americani e per il popolo americano. Pertanto, chiedo dibattiti, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo”, ha, per esempio, dichiarato a inizio marzo. È anche in quest’ottica che l’ex presidente ha di recente incrementato i suoi attacchi contro le auto elettriche. Biden, soprattutto per strizzare l’occhio all’elettorato ambientalista, ha sempre puntato molto su questi veicoli: una linea, la sua, che ha tuttavia creato dei malumori e delle preoccupazioni in ampi strati dei metalmeccanici del Michigan. Nella strategia di Trump, l’attacco alle auto elettriche è quindi funzionale ad attrarre il voto dei colletti blu della Rust Belt. In definitiva, l’ex presidente sta cercando di sfruttare le debolezze politiche del rivale e di rispolverare il vecchio slogan reaganiano del 1980, che chiedeva ai cittadini americani: “State meglio oggi o quattro anni fa?”. È chiaro che, per implementare una simile strategia, Trump ha bisogno di uno scontro frontale, di una battaglia, per così dire, in campo aperto.

E Biden? Il presidente in carica sta adottando un altro tipo di strategia. Biden sa che potrebbe avere dei problemi in una “battaglia campale”. Innanzitutto, su alcuni temi – da quello migratorio alla crisi di Gaza – il Partito Democratico statunitense è internamente spaccato. Inoltre, pur non avendo escluso la possibilità di dibattiti col rivale, va tenuto presente che l’età avanzata e la stanchezza potrebbero rendere Biden vulnerabile da questo punto di vista. È quindi in tal senso che l’inquilino della Casa Bianca sembra più propenso all’“approccio indiretto”, teorizzato da Liddell Hart: evitare lo scontro frontale, per cercare di colpire il nemico dove è possibile azzopparlo, a partire dalle sue risorse. E qui veniamo al nodo dei finanziamenti elettorali.

Secondo Axios News, la campagna del presidente avrebbe al momento circa 71 milioni di dollari in cassa contro i 33,5 milioni di quella del candidato repubblicano. Trump, del resto, ha diversi problemi economici a causa delle questioni legali. Senza poi trascurare le spese sostenute durante la fase calda delle primarie contro Nikki Haley. È in questo quadro che, come riportato la settimana scorsa da Cnbc, Biden sta cercando di attrarre a sé i principali finanziatori che avevano sostenuto l’ex ambasciatrice all’Onu. A passare dalla parte di Biden sarebbe, per esempio, stato l’ex presidente della Metro-Goldwyn-Mayer, Harry Sloan. “Per la squadra di Biden, catturare con successo gli ex finanziatori repubblicani della Haley equivarrebbe a un colpo di stato per la raccolta fondi, rafforzando l’operazione politica del presidente e togliendo questi potenziali finanziatori dal campo a favore di Trump”, ha sottolineato Cnbc. La strategia di Biden, insomma, è principalmente quella di mettere l’avversario in difficoltà sul fronte della raccolta fondi, sottraendogli potenziali finanziatori e facendo indirettamente leva sulle sue spese legali. Si tratta di uno sforzo che, almeno per il momento, sembra che stia riuscendo, anche perché Biden punta molto sul fatto che, a fine gennaio, il rivale dichiarò di non volere i finanziatori della Haley.

Tuttavia attenzione: entrambi i candidati affrontano infatti dei rischi. L’approccio maggiormente “napoleonico” di Trump potrebbe portare l’ex presidente a un’eccessiva personalizzazione della campagna elettorale. Inoltre, il candidato repubblicano ha urgenza di raccogliere un numero più elevato di finanziatori. Dall’altra parte, Biden deve comunque ricordare che, nel 2016, Trump vinse spendendo la metà dei soldi messi in campo da Hillary Clinton. Questo per dire che la raccolta fondi, da sola, non è necessariamente un indicatore affidabile della forza elettorale di un candidato. Tra l’altro, continuando a prendere in giro Trump sulla questione dei finanziamenti inferiori, Biden potrebbe finire con l’innescare un effetto narrativo da “Davide contro Golia”, che rischierebbe paradossalmente di rendere l’avversario più popolare.

Biden vs Trump, strategie a confronto. L'analisi di Graziosi

Entrambi i candidati affrontano dei rischi. L’approccio maggiormente “napoleonico” di Trump potrebbe portare l’ex presidente a un’eccessiva personalizzazione della campagna elettorale. Dall’altra parte, Biden deve comunque ricordare che, nel 2016, il tycoon vinse spendendo la metà dei soldi messi in campo da Hillary Clinton…

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