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La tempesta che ha coinvolto Luxottica, con l’abbandono a breve distanza di tempo degli amministratori delegati, è provocata dalle crescenti ingerenze nella gestione dell’azienda degli occhiali ad opera dei familiari del fondatore Leonardo Del Vecchio. Questa volta sarebbe il consulente Francesco Milleri, figura ritenuta vicina alla moglie del patron Nicoletta Zampillo, ad avere conquistato troppa voce in capitolo nella conduzione dell’impresa.

E così un’altra tegola turba il gruppo internazionale quotato in Borsa, elogiato finora come felice eccezione nell’arido panorama del capitalismo italiano. Per fare luce sulla complessa vicenda Formiche.net ha sentito Giancarlo Galli, saggista economico, editorialista di Avvenire, autore di libri e inchieste che hanno messo in luce trame, ambizioni, rivalità e faide dell’establishment.

È stupito dalla contraddizione palese tra la vocazione multinazionale di Luxottica e quella che assomiglia a una Dinasty nostrana?

Non vorrei fornire una lettura manageriale e borsistica della vicenda. Che mi sembra più affine al romanzo “I Bunddebrook” di Thomas Mann: storia della decadenza di una grande famiglia della borghesia mercantile tedesca.

Perché questo paragone?

Nel caso di Luxottica ci troviamo di fronte a un grande imprenditore con una vita conflittuale. Da un lato il genio imprenditoriale, dall’altro la sregolatezza familiare. Leonardo Del Vecchio, con i suoi quasi 80 anni, è sul viale del tramonto. Ed è chiamato ad affrontare il problema della successione, dopo aver avuto il colpo di genio di inventare dal nulla e nel bellunese l’occhiale di massa. Come fece Henry Ford con l’automobile. Adesso deve fronteggiare la fine del suo regno e la complessa eredità da ripartire fra tre mogli e una nidiata di figli. Ma non sa a chi lasciare la meravigliosa azienda multinazionale creata da solo.

A chi saranno affidate le redini dell’impresa?

Non saprei dirlo. Perché il fondatore non nutre fiducia in nessuno dei propri familiari e collaboratori. E sullo sfondo l’attuale moglie e i figli non riescono a trovare posto. Elemento tipico di una famiglia ricchissima ma priva di unità sostanziale. Al contrario, gli Agnelli hanno saputo sempre, anche sull’orlo del tracollo, trovare nel proprio ambito un grande manager in grado di tenere alto il nome dell’impresa. Ecco, Del Vecchio non è riuscito a tenere il passo del cambiamento. A riprova che la sua formidabile creatura aveva le fondamenta fragili.

Comanda ancora lui in Luxottica?

Il patron ha preteso di continuare a tenere il timone dell’azienda. Mi chiedo tuttavia se oggi il capo sia lui o la moglie e chi vive attorno a lei. Si è scatenata una guerra tra eredi che i manager non riescono ad accettare e tollerare. Manager che erano in Luxottica da anni e ritenevano la situazione stabilizzata. Ma vi è un ulteriore fattore da prendere in esame.

Di cosa di tratta?

La prevalenza della passionalità e della vocazione accentratrice di Del Vecchio sulla logica. Per questo motivo egli non ha previsto una linea successoria limpida.

Quale prospettiva ha la multinazionale degli occhiali?

Non mi stupirebbe che, una volta uscito di scena Del Vecchio, arrivi qualche gruppo dalla Cina o dal Giappone per comprare il gioiello Luxottica. Per ora non vedo nessuno dei potenziali eredi in grado di governare una realtà così prestigiosa. Trovo singolare che tutto ciò sia emerso nella prima generazione dei figli del fondatore, anziché nella seconda o nella terza.

Luxottica, ecco genio e sregolatezza di Del Vecchio. Parla il saggista Giancarlo Galli

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