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A poche ore dal terremoto politico che ha interessato il governo francese (l’ultima carta da giocare per François Hollande, l’hanno definita i giornali francesi) ecco la prima sfida per il neo ministro dell’economia Emmanuel Macron: intervenire sul mercato del lavoro, con il tabù delle 35 ore su cui illustri suoi predecessori sono politicamente caduti.

POINT
Fa discutere l’intervista di Macron al settimanale le Point rilasciata poche ore prima di essere nominato ministro. In quell’occasione aveva detto: “Potremmo consentire ad aziende, nel quadro di accordi di maggioranza, di derogare alle regole per le 35 ore di lavoro e di retribuzione. E’ già possibile per le aziende in difficoltà. Perché non estenderlo a tutte le imprese, a condizione che vi sia un accordo a maggioranza con i dipendenti?”. Un passaggio estremamente significativo perché si pone come una primizia per chi tenta di leggere quale sarà la cartina di tornasole dell’azione di Macron, su cui Berlino e Bruxelles hanno posato gli occhi.

35 ORE
“Idea personale, tagliente ed ottimista”: così le Point commenta l’intervista di Macron, in cui il liberale presenta il proprio personale progetto per l’impresa Francia. Secondo l’ex banchiere di investimento, un tale sviluppo farebbe uscire il Paese “da questa trappola in cui l’accumulo di diritti conferiti ai lavoratori diventa per tutti un ostacolo”. Fin dalla loro introduzione (Martine Aubry e Lionel Jospin nel 1999) le 35 ore hanno cessato di essere messe in discussione, non solo dai socialisti ma anche dall’UMP. Dopo la vittoria di Nicolas Sarkozy nel 2007, il Presidente della Repubblica prese le distanze, sostenendo che era necessario “riflettere sulle ore di lavoro”.

SFIDE
Le soglie sono un freno al lavoro? Quanti posti di lavoro sarebbero creati in caso di modifica alle soglie? Al momento in Francia le aziende con 50 dipendenti sono quelle
per cui lo Stato impone i maggiori obblighi, come la creazione di un comitato aziendale (CE) e di un comitato per la salute, la sicurezza e le condizioni di lavoro (HSC ) e la creazione di un piano di backup di occupazione in caso di licenziamenti. Ma ci sono altri limiti che comportano dei costi aggiuntivi come il coinvolgimento dei datori di lavoro nello sforzo di costruzione – l’1% custodia -, o il tasso di contributo alla formazione professionale, che aumenta quando l’azienda supera i 10 e 20 dipendenti.

VALLS
L’attuale primo ministro aveva anche consigliato nel 2011 di lasciare al popolo la decisione per “sbloccare” il dispositivo. Tuttavia l’arrivo dei socialisti al governo con Hollande ha fatto uscire il tema dall’agenda del governo. E oggi Macron interpreta il pensiero di quanti vorrebbero dire che tale riforma anche se difficile da spiegare è un argomento di dibattito.

REAZIONI
L’intervista ha avuto come primo effetto quello di provocare una risposta ufficiale da parte dell’esecutivo. “Il governo – si legge in una nota ufficiale – non ha alcuna intenzione di tornare alla settimana lavorativa legale a 35 ore, comprese eventuali modifiche mutevoli delle discussioni tra le parti sociali”. La reazione della squadra di Manuel Valls arriva dopo che il gabinetto del ministro aveva cercato di correggere il tiro, affermando che il signor Macron incontrerà “nei prossimi giorni i sindacati, per il suo primo appuntamento ufficiale”.

PROPOSTE
Lawrence Berger, segretario generale della CFDT, ha detto a Le Monde che rinunciare alle 35 ore “non è una buona idea”, mentre il presidente del MEDEF, ha proposto un “adattamento” delle 35 ore per quelle società che avessero necessità di lavorare 40 ore”.

FAVOREVOLI
L’ex primo ministro François Fillon invece ha accolto con favore le dichiarazioni del nuovo ministro dell’economia. “Ciò significa che la sinistra riparerebbe al suo errore – ha detto di primo mattino ad una tv – sarebbe una notizia fantastica, grande”. Aggiungendo che in caso di un voto in Assemblea Nazionale il suo sì sarebbe convinto e “senza esitazioni”.

twitter@FDepalo

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