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Tanto rumore per nulla, o quasi. Anche perché la maretta non è nata all’improvviso, ma è stata ben congegnata.

Stiamo parlando del fatto che a breve Carlo Cottarelli non sarà più commissario governativo per la revisione della spesa pubblica. Nei mercati rionali e negli autobus la vicenda non appassiona molto, ma tra gli accademici e nei giornali non si parla d’altro. Chissà perché, poi.

Perché deve essere qualche stimato economista o qualche alto dirigente di organismi internazionali a consigliare come e dove si taglia la spesa pubblica? La riduzione delle uscite non è una scelta eminentemente politica? E’ quello che sostiene oggi l’economista e già ministro delle Finanze, Francesco Forte, sul quotidiano il Giornale. E’ pure utile la lettera di un rapporto dell’università Cattolica in cui si rileva come la spending review dell’economista della Cattolica, Piero Giarda, ministro di spicco del governo Monti, non è stata un successone, anzi (leggere, per credere, questo articolo).

Eppure s’avverte un ardore tecnicista e molto anti politico anche in chi non ha lesinato applausi al ritorno della politica con l’avvento di Matteo Renzi. Eccolo il responsabile dell’uscita del tecnico impolitico che doveva sforbiare le uscite dello Stato. E’ lui, il premier, quello che ha bistrattato o snobbato il ponderoso e meticoloso lavoro di Cottarelli. Questioni caratteriali e personali, come adombra oggi Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, all’origine del dissidio? Forse. Rizzo è comunque sicuro: Cottarelli non appartiene a cordate e lobby. Bene. Neppure a qualche legittima cordatina?

Alcuni fatti, se collegati (maliziosamente?), devono far riflettere.
Giorni fa, mentre ri-montava la panna mediatica sui tagli alla spesa pubblica, l’economista Riccardo Puglisi, che come altri prof ha fatto parte di gruppi di lavoro coordinati da Cottarelli per redigere documenti su singoli settori del bilancio statale, sul Corriere della Sera ha scritto un commentino maliziosetto. Traduciamo: che fine hanno fatto i nostri bei lavori? Perché il governo Renzi non li divulga e li tiene nel cassetto? Si vogliono coprire e tutelare interessi invece da intaccare? Puglisi (qui la sua recente intervista a Formiche.net), già iper montiano e ora passeriano (aderente al movimento Italia Unica di Passera che si candida ad essere l’anti Renzi), è un formidabile twittatore che definisce il partito di Renzi Pd camussiano.

L’intervento di Puglisi ha fatto discutere un po’ il circuito mediatico e mugugnare – si pensa, come si arguisce anche da un articolo di Claudio Cerasa sul Foglio in cui tra l’altro si sfotticchia Cottarelli per la sua maestria nel sussurrare informazioni e numeri a svariati giornalisti – il cerchio renziano. Poi è sceso in campo il Prof per antonomasia degli editorialisti di economia del Corriere: sua maestà Francesco Giavazzi che, nonostante le giravolte su debito e rigore (rilevate ieri sera su Twitter pure dall’economista liberista Enrico Colombatto), si erge a dispensatore di verità rivelate. Giavazzi, mimando di criticare Cottarelli per la timidezza del commissario Cottarelli, l’ha ammonito per non bacchettare troppo i politici spendaccioni. In verità l’ammonizione era un assist a porta vuota per Cottarelli. Infatti il giorno dopo il commissario fa gol. Cottarelli scrive sul suo blog una critica puntuta sulla questione dei prepensionamenti nella scuola (la cosiddetta quota 96, qui tutti i dettagli della diatriba e qui l’opinione di Giuliano Cazzola) è la dimostrazione che la politica non solo non taglia a sufficienza le spese ma aumenta le uscite senza coperture reali. Beninteso, si affretta a precisare poi Cottarelli a Repubblica, la critica non è rivolta al governo e al ministero dell’Economia (infatti la norma in questione è stata criticata anche dalla Ragioneria, che forse sa fare già il mestiere per cui è remunerato Cottarelli). E sempre su Repubblica oggi l’economista Tito Boeri difende Cottarelli e maramaldeggia sulle volontà spendaccione della maggioranza di governo.

Ma il dado tra Renzi e Cottarelli pare sia ormai tratto. Faremo la spending review anche senza il commissario per la spending review, ha detto ieri il premier, senza piagnucolare per l’uscita imminente di Cottarelli. Anche perché, come ha scritto Dagospia, Renzi pare abbia promesso a Cottarelli il posto ora ricoperto da Andrea Montanino al Fondo monetario internazionale. La cordatina del Corriere, evidentemente, funziona?

Verità e bugie sul caso Cottarelli

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