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Il mondo ha bisogno di infrastrutture, possibilmente strategiche e durature. Era il giugno del 2022 quando il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, annunciò che il G7 aveva messo a disposizione 600 miliardi di dollari per finanziare opere in tutto il mondo. Il ragionamento, allora, fu semplice. Pandemia, guerra in Ucraina con connesse tensioni geopolitiche e inflazione hanno aumentato esponenzialmente le disuguaglianze, problema che chiama direttamente in causa le migrazioni.

I grandi della terra sono consapevoli degli effetti catastrofici della mancanza di sviluppo nelle aree più povere del globo. Senza infrastrutture non c’è crescita e senza crescita non c’è futuro. E allora tanto vale spostarsi. Per questo le infrastrutture sono a tutti gli effetti una questione non meno importante di quella climatica. Se insomma la lotta all’inquinamento e la spinta alla sostenibilità saranno il canovaccio delle agende presenti e future, altrettanto sarà con le infrastrutture.

Appare giocoforza immaginare che i due dossier viaggino di pari passo. Opere avanzate e a non trascurabile dose di tecnologia rappresentano un buon viatico per la transizione ecologica, specialmente per quanto concerne i trasporti, marittimi, ferroviari o su gomme che siano. Il G7 a presidenza giapponese, tenutosi lo scorso mese di maggio a Hiroshima, è partito proprio da questo connubio, sempre più inscindibile.

Oltre a promuovere la finanza sostenibile, gli investimenti nella green economy, la riduzione delle emissioni, tra le conclusioni dei lavori nella città-simbolo della capacità distruttiva dell’energia atomica, i leader hanno sottolineato l’importanza di ridurre la carenza di investimenti infrastrutturali nei Paesi partner a basso e medio reddito, continuando a rafforzare i partenariati globali per investimenti pubblici e privati in infrastrutture sostenibili, inclusive, resilienti e di qualità.

Il tutto, incamerando l’input americano poc’anzi citato, ribadendo l’impegno a mobilitare fino a 600 miliardi di dollari entro il 2027 a favore degli investimenti globali. Da queste basi parte la presidenza italiana del G7 nel 2024, che troverà nell’appuntamento di giugno in Puglia il suo apice. Le ambizioni non mancano da parte del governo di Giorgia Meloni, così come le carte da giocare.

Non bisogna mai dimenticare come uno dei maggiori impegni di palazzo Chigi sia proprio quello di promuovere il Piano Mattei che guarda all’Africa e alla sua collaborazione con l’Europa. Incentivare la realizzazione di nuove infrastrutture, soprattutto energetiche, grazie al sostegno dell’Europa, può e deve essere non solo la chiave di volta per dare un futuro all’Africa ma anche per tradurre nei fatti le indicazioni giunte dal G7 nipponico e prima ancora da Washington. L’Italia, insomma, è pronta a raccogliere il testimone dal Giappone.

Le cinque priorità presentate dall’esecutivo includono il supporto all’Ucraina, la sicurezza economica ed energetica, le migrazioni e la relazione con l’Africa. Ed è proprio su quest’ultimo punto che si giocherà parte della presidenza tricolore. I temi del clima e dell’energia saranno certamente cruciali, come ribadito dal capo negoziale dell’Italia, l’ambasciatore Luca Ferrari, ma il cuore del G7 a trazione italiana saranno quasi certamente quelle azioni concrete a favore della sicurezza di tutti i popoli, come auspicato da Meloni stessa.

L’Italia potrebbe impegnarsi, ad esempio, a raggiungere una ridistribuzione dei propri diritti speciali di prelievo del 30% (oggi ne sono stati riallocati il 20%) per le economie più vulnerabili ai cambiamenti climatici attraverso il Fondo resilienza del Fondo monetario internazionale. Il 23 agosto 2021, tanto per chiarire di che si stratta, il Fondo monetario ha erogato agli Stati membri 650 miliardi di dollari proprio in Diritti speciali di prelievo per consentir loro una risposta più efficiente alla crisi pandemica, soprattutto nelle economie deboli e meno attrezzate.

Si è trattato della più grande operazione di distribuzione mai organizzata dal Fondo, che sostanzialmente ha triplicato (da 286 a 936 miliardi) l’ammontare in dollari a disposizione dei governi. Ora questo schema potrebbe essere utilizzato per le infrastrutture e sempre nelle medesime aree. Magari proprio sotto la presidenza italiana.

Formiche 198

Nel G7 2024 a guida italiana, clima e infrastrutture viaggeranno insieme

I grandi della terra sono consapevoli degli effetti catastrofici della mancanza di sviluppo nelle aree più povere del globo. Senza infrastrutture non c’è crescita e senza crescita non c’è futuro. Ecco perché una delle priorità della presidenza italiana del G7 è di incentivare la realizzazione di nuove infrastrutture, soprattutto energetiche, grazie al sostegno dell’Europa

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