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In un’intervista rilasciata poco tempo fa ad Associated Press, il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha denunciato la “cooperazione illegale” tra Russia e Corea del Nord, definendola come “una seria minaccia” alla sicurezza regionale. Un allarme, questo, che il leader asiatico rimarca anche all’interno del contesto dell’Asia-Pacific Economic Forum apertosi ieri a San Francisco. Andando a stressare la contrapposizione tra blocchi nella regione indo-pacifica.

Nella stessa intervista, Yoon ha anche detto che le provocazioni nordcoreane porteranno a una ritorsione immediata da parte delle forze sudcoreane e dei loro alleati statunitensi. Si teme che la Corea del Nord possa azzardare una mossa contro Seul mentre il mondo è concentrato sui conflitti in Medio Oriente e in Ucraina. “Un modo efficace per impedire alla Corea del Nord di commettere un simile gesto è dimostrare le nostre solide capacità di deterrenza e la nostra determinazione nei confronti della Corea del Nord, basate sulla solida posizione di difesa condivisa tra la Repubblica di Corea e gli Stati Uniti” sono state le parole utilizzate da Yoon.

Condivisione che con il passare del tempo continua ad approfondirsi sempre di più. Durante la visita del segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin a Seul avvenuto nello scorso fine settimana, i due paesi hanno deciso (assieme al Giappone) di istituire un meccanismo di condivisione sui dati di allarme missilistico in tempo reale, per individuare e valutare meglio i lanci sempre più frequenti di missili balistici da parte della Corea del Nord; accanto a questa decisione è stata presa anche quella formulare un piano di addestramento congiunto pluriennale entro la fine dell’anno per condurre esercitazioni trilaterali. Mentre al termine di un incontro bilaterale tra Austin e la sua controparte sudcoreana Shin Won-sik, i due alti funzionari hanno annunciato la revisione della strategia di deterrenza, per la prima volta dal 2013. Questi ultimi sviluppi vanno interpretati come un ulteriore rafforzamento del commitment statunitense nella regione e della cooperazione tra gli antichi rivali giapponesi e coreani, sulla scia degli accordi di Camp David dello scorso agosto.

In contemporanea alla firma degli accordi menzionati, Washington, Tokyo e Seoul hanno condannato congiuntamente la cooperazione tra Corea del Nord e Russia, soffermandosi sull’invio massiccio di armi e munizioni dalla prima alla seconda. “Ci impegniamo a collaborare con la comunità internazionale per smascherare i tentativi della Russia di acquistare equipaggiamenti militari dalla Corea del Nord” si legge nel comunicato condiviso dallo staff diplomatico dei tre paesi. Emesso nelle stesse ore in cui il ministro per le materie prime Alexander Kozlov si recava in Corea del Nord per “rafforzare lo sviluppo della ‘cooperazione sostanziale’ tra Mosca e Pyongyang secondo gli accordi raggiunti da Vladimir Putin e Kim Jong Un”. Non solo rifornimenti di munizioni e armi, che Pyongyang manda a Mosca già da tempo, ma un vero e proprio piano di cooperazione strutturata. Non a caso, l’arrivo di Kozlov in Corea del Nord coincide con i test (coronati da successo) di un nuovo motore per i missili balistici a medio raggio di Pyongyang, motore che sarebbe stato sviluppato con il supporto tecnico-scientifico della Federazione Russa.

Mentre a San Francisco si fanno prove di distensione, nell’Indo-Pacifico la tensione non sembra affatto diminuire. Anzi, i due blocchi contrapposti stringono sempre di più i legami interni, con l’obiettivo di rafforzare le proprie capacità, militari e non, in funzione di contrasto del blocco rivale. Nella speranza che tali capacità contribuiscano ad una deterrenza reciproca, e non ad una vera e propria escalation.

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