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Ormai la campagna elettorale è agli sgoccioli. Mancano le ultime dichiarazioni di voto e poi entreremo nel silenzio della vigilia. Alcune conclusioni possono essere tratte da questa passionale e dura maratona. La politica italiana in genere ha mostrato, specialmente in queste settimane, tutta la sua vitalità, ma anche tutta la sua fragilità. E molti rischi, inoltre, sembrano essersi palesati in modo inequivocabile.

LA VIOLENZA VERBALE
La ricerca del voto reca in sé come focus positivo, quello di spingere tutte le forze in campo non soltanto a mettere in atto al massimo le proprie potenzialità, ma anche a farsi interpreti dei sentimenti buoni e cattivi della gente. La politica rivela se stessa e anche il paese che vuole rappresentare.
In quest’occasione il fattore decisivo è stato sicuramente l’esplodere della violenza verbale. Un dato, tutto sommato, comprensibile, anche se piuttosto paradossale, vista la situazione generale. In fondo, quando a dividere gli elettori erano le ideologie, si finiva spesso per avere meno bisogno dell’insulto. Oggi, invece, davanti a partiti che si frazionano per sentimenti primitivi, non resta altro che la denigrazione e la delegittimazione dell’avversario.

ANOMALIA A 5 STELLE
Tale attitudine è valsa per Grillo, per Berlusconi e, in una certa misura, anche per Renzi.
E’ molto rilevante, a ogni buon conto, evitare di fare di tutte le erbe un fascio. Anche perché l’occupazione degli spazi politici ha seguito fedelmente la logica tradizionale. Tsipras e Partito Democratico a sinistra. NCD, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia a destra. Il M5S, invece, catalizzatore di un consenso nuovo e diverso, non soltanto è uscito dagli schemi normali, ma si è contrapposto drasticamente a tutto e a tutti. L’anomalia di quest’ultimo, in sintesi, non è stata tanto l’inedita proposta, priva d’idee forti, ma l’entità che ha assunto come collante di una ribellione di massa.

IL DOMINUS DELLA CAMPAGNA ELETTORALE
Vista la cosa in questi termini, è logico che il dominus della campagna elettorale sia stato proprio lui: Beppe Grillo. Anche se l’elemento qualificante non è stato quello che ha fatto e detto. In ciò le esternazioni di Umberto Bossi e, in molti casi, quelle di Berlusconi non erano dissimili dalle sue. Grillo ha creato semmai una nuova forma di messaggio politico, interamente fondata sull’irrazionalità emotiva e sulla diretta espressione dei sentimenti d’insurrezione verso la realtà e il mondo che viviamo. In breve, un nichilismo distruttivo e dirompente.

IL NUOVO BIPOLARISMO
Non a caso, attorno al grillismo si è raccolta una nuova forma di bipolarismo. Da un lato, le forze politiche che alimentano e interpretano il caos. Dall’altra, quelle che, in un modo o nell’altro, si fanno portatrici dell’ordine e della governabilità. La campagna elettorale di Berlusconi è stata anche in questo veramente paradigmatica. Egli ha iniziato sulla linea del movimentismo, per poi approdare progressivamente in quella della responsabilità, ghettizzando, infine, il M5S come un pericolo nazista, autoritario e violento.

LA LINEA COMUNE TRA LEGA, TSIPRAS E FRATELLI D’ITALIA
Come si diceva, vi sono state forze politiche che hanno cercato, sia pure con presupposti diversi, di seguire invece la scia del comico genovese. La Lega, in primis, e, almeno in parte, Tsipras e Fratelli d’Italia. Il loro elemento comune è stata la presentazione di scenari irrazionali e di scarsa praticabilità: lotta di classe internazionale, uscita dall’Euro, ritorno a un localismo autoreferente, e così via. Per loro, la vera questione non sarà domani la validità o meno delle tesi sostenute, ma l’impossibilità di trasformarle in un programma di governo dell’Italia. In un contesto storico così articolato e complesso com’è il presente, nessuna tesi radicale può essere, infatti, realizzata, e nessuna può fare altro che dividere e acuire il caos che già c’è, non offrendo vere soluzioni.

LA RAGIONEVOLEZZA DI PD E NCD
Ovviamente, in ragione del loro stare al Governo, le parti politiche della maggioranza che hanno tenuto la linea opposta della ragionevolezza sono state quelle che hanno faticato di più: PD e NCD in testa. La loro difficoltà è stata riuscire a dare vigore argomentativo a un’idea di gestione razionale della politica. Perché la lotta con chi si ribella è sempre impari, e i sentimenti risultano costantemente molto più trainanti delle idee, sebbene poi si possa governare solo con grandi idee.

GLI AUSPICI
Che cosa è auspicabile, dunque, che avvenga con il voto di domenica?
La prima speranza è che gli italiani non votino solo col cuore, ma ragionino nel merito di quello che serve all’Italia in Europa. In tal senso, la visione del PD e quella del NCD sono alternative per valori e per baricentri d’interessi, ma comuni nel metodo democratico. L’auspicio è che tali partiti siano alla fine preferiti rispettivamente dai reciproci e opposti elettori a danno delle forze cieche dell’irrazionalità e del disfattismo.
Per chi è di centrodestra, in aggiunta, un risultato sensibile e netto permetterebbe di accelerare il cammino di ricomposizione dell’area popolare e liberale, avviando la creazione di un grande contenitore comune dei moderati. Quest’obiettivo molto europeo, viceversa, sarebbe rallentato se, all’opposto, vi fosse una vittoria schiacciante di Grillo o delle altre forze anti sistema di destra e di sinistra.
La politica, d’altra parte, non può crescere senza consenso. E il consenso sicuramente si alimenta di sentimenti e di trasporti collettivi. Ma mai e puoi mai è pensabile che i nostri interessi personali e familiari di cittadini possano essere affidati proficuamente a chi non ha la logica e la misura adatta per assicurarne la tutela e la validità.
Si voti, dunque. Si voti, come piace, a destra o a sinistra. Ma si voti per la razionalità e l’ordine democratico, non per il caos e la violenza totalitaria.

Ecco come votare (bene) alle Europee

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