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La politica economica renziana, stando a quel che emerge dal DEF, il Documento di economia e finanza, si regge su due colonne: il taglio all’Irpef per i redditi da lavoro dipendente sotto i 25 mila euro annui (i celebri 80 euro in busta paga da fine maggio) e il rinvio del pareggio di bilancio che porta con sé altri rinvii direttamente collegati: quello del Fiscal compact, ovviamente e quello delle coperture.

LE COPERTURE

Per il momento si prevede di tappare soltanto il buco di 6,7 miliardi per il 2014 mentre occorre trovare i dieci miliardi per il 2015. L’ammanco nelle entrate verrà coperto quest’anno con 4,5 miliardi di spending review da confermare ancora nei dettagli e 2,2 miliardi da aumenti delle imposte sulle banche e sugli utili da titoli finanziari (esclusi quelli di stato). Per l’anno prossimo ci sono alcune indicazioni, ma se ne parlerà a tempo e a luogo.

LA QUESTIONE BONUS

Il taglio dell’Irpef è senza dubbio la vera novità positiva, meglio aumentare subito i redditi, seppur di poco, che non passare attraverso il taglio dei contributi sociali, operazione fallita nel 2007 con il governo Prodi. Ma se vogliamo essere onesti dobbiamo dire che per il momento c’è il bonus per il 2014 e una promessa di trasformarlo in riduzione permanente.

DOSSIER PRIVATIZZAZIONI

Sulle (parziali) privatizzazioni c’è una stima di 12 miliardi quest’anno. Secondo il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan si tratta solo di quote delle Poste, delle Ferrovie, dell’Enav, società non quotate alle quali attualmente è difficile dare un valore di mercato, per vendere le quali ci vorrà tempo. Le pubbliche amministrazioni pagheranno 13 miliardi dei loro debiti, ma questo non c’entra con le coperture del taglio Irpef, semmai con lo stimolo alla crescita (zero per quest’anno appena 0,3 dal 2015), e anche qui bisognerà fare chiarezza sui numeri sparati in precedenza. Quanto alle riforme sociali, non c’è ancora nulla nero su bianco a cominciare dalla più controversa e più importante (anche a giudizio dell’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale), cioè la riforma del lavoro. Aspettiamo Giuliano Poletti.

EFFETTO CRESCITA?

Quale sarà l’impatto delle misure annunciate sul prodotto lordo? Nell’insieme uno 0,3% in più quest’anno e 0,8 l’anno prossimo. L’occupazione dovrebbe salire rispettivamente di due e di quattro decimali. Insomma, non si vede lo “choc positivo” annunciato, restiamo intrappolati nell’universo dello zero virgola, mentre altri paesi viaggiano tra l’uno e il due per cento (con gli Stati Uniti ormai al tre) secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale. Il governo Renzi mette le vele al venti della crescita che spira dal resto del mondo, ma di suo aggiunge poco o nulla.

COME RIDURRE IL DEBITO

La conseguenza si può vedere nella tabella sul debito pubblico. Contrariamente alle attese alimentate da Mario Monti e da Enrico Letta, il debito sul prodotto lordo salirà ancora al 134,9% quest’anno trascinando con sé i suoi effetti negativi anche nei due anni in cui dovremo cominciare ad applicare le regole del fiscal compact. Ricordiamolo, si tratta di portare il debito sul pil al 60% in un ventennio, quindi occorre tagliare dal prossimo anno 73,3 punti (se le previsioni verranno rispettate) a scalare, pari alla differenza tra il livello attuale e l’obiettivo. Secondo un semplice calcolo matematico ricordato da Ignazio Visco, se avessimo un debito del 120% e una crescita monetaria di tre punti, scatterebbe il pilota automatico. Ma affinché ciò avvenga dovremmo tagliare 13 punti di pil e aumentare il prodotto lordo reale di un punto se l’inflazione resta all’un per cento. Insomma, non ce la facciamo.

ESCAMOTAGE SUL PAREGGIO DI BILANCIO

L’Italia, dunque, chiede il rinvio spostando al 2016 il pareggio del bilancio. Il deficit strutturale (cioè al netto della congiuntura) dalle dallo 0,3 allo 0,6% E tutto questo è già scritto nel DEF: “Il governo non ritiene opportuno. Procedere alla riduzione del deficit strutturale dello 0,5 previsto dall’obiettivo di medio termine”. Così fan tutti, a cominciare dalla Francia, chi si metterà di traverso?

I VINCOLI INCOMBENTI

Lo scostamento dagli obiettivi di finanza pubblica, però, attiva la procedura prevista dall’autolesionistico articolo 81 della Costituzione. Il governo deve presentare una relazione al Parlamento per spiegare gli eventi eccezionali che lo hanno costretto a sforare, ma prima deve convincere la commissione dell’Unione europea. Il documento, con il piano di rientro, va approvata da ciascuna delle due camere con maggioranza assoluta. E sono guai. Tanto più se guardiamo a quel che sta accadendo sulla riforma del Senato dentro il Pd. Il paradosso, dunque, è che il governo può essere messo in crisi dalla sinistra con motivazioni di destra (il rigore nel bilancio pubblico). O da destra con motivazioni che contraddicono le sue posizioni euroscettiche (o eurocritiche). Ma, come si sa, al di là dei contenuti, quel che conta è l’obiettivo politico.

ATTESE EUROPEE

Prima delle elezioni europee, quindi, nessuno parla. Il Def è stato accolto con prudenza e ipocrisia a Roma come a Bruxelles. Anche Berlino ha scelto di aspettare e vedere che succede. La partita con la Ue si giocherà ormai con la commissione uscita dalle elezioni di maggio. Ma è improbabile che il voto segni uno spostamento a sinistra, visto anche quel che è accaduto in Francia o l’esito deludente per la socialdemocrazia tedesca. Quindi, può darsi che vengano eletti e nominati uomini meno inclini all’austerità teutonica, magari più sensibili al buon senso degli americani e del Fondo monetario, tuttavia non ci sarà nessun rovesciamento del senso comune europeista. E il negoziato per rinviare il fiscal compact non sarà facile.

AUSPICIO FRANCO E NON DA ROSICONE

Renzi direbbe che stiamo facendo i gufi, perché il pessimismo della ragione viene a turbare l’ottimismo della sua volontà. Ma siamo sicuri che, abbandonata la propaganda nella quale è maestro, egli stesso vede chiaramente le trappole disseminate sul cammino. La sua tattica è chiara: primum vincere (alle elezioni europee) e per questo lo aiuta il bonus fiscale. Poi trattare da posizioni di forza. Non resta che attendere un mese per vedere se avrà vinto la scommessa.

(L’articolo completo di Stefano Cingolani si può leggere sul suo blog)

Debito, tagli e bonus, tutte le scommesse di Renzi e Padoan

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