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I sistemi geotermici avanzati sono una delle dieci tecnologie innovative da tenere sott’occhio nel 2024, secondo la rivista del MIT di Boston. Un’affermazione in controtendenza nei giorni in cui si rileva la straordinaria crescita delle rinnovabili, specie il solare, settore che sta attirando miliardi in investimenti e sviluppando soluzioni innovative. Ma si stanno moltiplicando anche gli approcci pionieristici allo sfruttamento del calore terrestre, alimentando la speranza che una serie di nuove soluzioni possano allargare lo spettro delle tecnologie con cui portare avanti la transizione.

Il ruolo marginale del geotermico nella generazione di energia (0,3% di quella mondiale, meno di 1% di quella rinnovabile) si deve a questioni geologiche. Spesso la crosta terrestre è troppo spessa, o la roccia troppo dura, per poter scavare un pozzo e sfruttare il calore della terra. Questo è il problema che i sistemi geotermici avanzati vogliono risolvere implementando nuove soluzioni tecnologiche per perforare e produrre energia in luoghi teoricamente inadatti – cosa che, in prospettiva, può aprire le possibilità di generare energia geotermica praticamente ovunque.

L’ultimo esempio è quello di Fervo Energy, azienda statunitense che ha mutuato la tecnica di fratturazione idraulica (fracking) dal mondo del petrolio e del gas naturale. Utilizzandola riesce a spaccare la roccia a profondità molto maggiori, e anche orizzontalmente, raggiunto un certo livello. Dopodiché crea un sistema di tubature e ci fa circolare l’acqua, che si riscalda sottoterra in un lungo circuito orizzontale e uscendo sotto forma di vapore alimenta turbine e produce elettricità. Stando alla dimostrazione dello scorso anno, l’intera operazione è sostenibile anche commercialmente.

Fervo ha inaugurato ufficialmente la sua prima centrale a fine novembre 2023, nel deserto del Nevada, e da allora alimenta con elettricità pulita i giganteschi centri dati locali di Google, che è partner del progetto, ventiquattr’ore su ventiquattro e sette giorni su sette. L’azienda sta anche soppesando la possibilità di usare le sue tecniche per creare immense “batterie” – aumentando e rilasciando pressione nei pozzi sotterranei – in grado di sostenere la rete elettrica quando la domanda è alta, o l’energia rinnovabile scarseggia, un po’ come si fa con i laghi artificiali e l’idroelettrico.

L’operazione di Fervo solleva i soliti punti interrogativi che gli scettici riservano al fracking: la possibilità che questa tecnica aumenti il rischio sismico. La comunità scientifica si divide su quanto la fratturazione idraulica impatti davvero la stabilità della crosta terrestre, e sono in molti a ritenere che il rischio sia minimo, ma – ricorda MIT Technology Review – un incidente del 2017 in Corea del Sud è stato collegato a un progetto geotermico avanzato. Ed è anche vero che la quantità di energia che la centrale di Fervo può generare è limitata (si parla di 3,5 megawatt, ma la prossima centrale in Utah punta a generarne 400).

Non mancano le strade alternative. Aziende come AltaRock Energy e Quaise vogliono utilizzare energia diretta (sotto forma di onde elettromagnetiche e millimetriche) per sciogliere e vaporizzando la roccia – cosa che gli permetterebbe di perforare più in profondità, più velocemente, e raggiungere strati rocciosi molto più caldi. Anche Washington guarda con interesse al settore: il progetto Utah Forge, sponsorizzato dal Dipartimento dell’Energia, sta scavando un pozzo che può fungere da banco di prova per le tecnologie geotermiche avanzate. Molti di questi progetti sono ancora in fase sperimentale, ma “è sempre più chiaro che la geotermia avanzata è un tema caldo nel mondo dell’energia”, rileva la rivista del Mit.

Nel mentre, un’altra scoperta ha attirato l’attenzione degli osservatori: in Islanda un gruppo di scienziati vuole ripetere la perforazione della camera magmatica di un vulcano, cosa che potrebbe aiutare a mappare e capire meglio queste oscure formazioni e forse rivoluzionare l’energia geotermica. La sola idea di bucare una camera magmatica era considerata ridicola fino a poco tempo fa, data la difficoltà di trovarne una e soprattutto il rischio di causare un’eruzione vulcanica, ma nel 2009 un progetto di perforazione vicino al vulcano islandese Krafla ha dimostrato il contrario – con un incidente fortuito che, contro le aspettative, non ha vaporizzato la squadra.

Oggi lo stesso team di scienziati ha messo in piedi il progetto Krafla Magma Testbed per compiere la prima trivellazione diretta di una camera magmatica (in agenda per il 2026) guardando anche alla possibilità di generare energia geotermica grazie al calore estremo dei mari di roccia fusa. “È il primo viaggio al centro della Terra”, ha dichiarato Björn Þór Guðmundsson del Geothermal Research Cluster di Reykjavík al New Scientist, secondo cui l’esperimento potrebbe portare alla prospettiva di “energia illimitata” – una promessa che la geotermia avanzata condivide con la fusione nucleare.

Immagine: Fervo Energy

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