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Entro uno o due decenni, astronauti indiani, giapponesi o sauditi potrebbero raggiungere le orbite basse con propri sistemi di volo. Quindi l’Europa è chiamata a tenere il passo strategico in un mercato sempre più competitivo e congestionato. Lo spiega ad Airpress Marcello Spagnulo, commentando la possibilità paventata a Siviglia di sviluppare una navicella per il trasporto cargo e umano. “L’Europa – ha auspicato l’ingegnere aerospaziale – dovrebbe avere una sua autonomia nel volo umano e robotico perché il mondo è divenuto davvero multipolare, non solo geopoliticamente, ma anche tecnologicamente”.

Rafforzare il comparto nella sua interezza e aumentare la resilienza europea garantendo la sostenibilità dell’industria spaziale. Il Vecchio continente, nella città spagnola, ha definito le proprie ambizioni europee al Summit Esa, subito seguito dall’evento Eu Space Week promosso dall’agenzia Euspa. Nessuna sorpresa, invece, sulle decisioni adottate sui lanciatori europei, perché la strada per Bruxelles era già tracciata.

La crisi attuale dei lanciatori spaziali in Europa è stata definita come la più seria mai affrontata. Le decisioni adottate dall’Esa al Summit di Siviglia aiutano l’accesso dell’Europa allo spazio? Si tratta di decisioni in grado di migliorare la competitività del Vecchio continente rispetto a paesi come gli Stati Uniti e la Cina?

La situazione attuale non è affatto nuova, già nei primi anni Duemila l’Esa dovette avviare un programma di sussidi governativi al settore dei lanciatori per sostenere la competitività dell’Ariane 5, che dopo alcuni incidenti iniziali si è poi rivelato uno dei lanciatori più affidabili al mondo e purtroppo è stato mandato in pensione troppo presto. Dopo 20 anni ci si ritrova nella stessa situazione, e quindi non saprei dire se le decisioni prese a Siviglia saranno davvero in grado di migliorare la competitività europea. Di sicuro sosterranno il comparto industriale nei primi anni di avvio dell’Ariane 6.

L’Esa ha annunciato l’intenzione di rivedere l’impostazione commerciale dei lanci spaziali attraverso l’acquisizione diretta di servizi dall’industria, sulla falsa riga della Nasa. Il tessuto industriale europeo è pronto per questo cambio? E per l’italiana Avio cosa può significare?

In Europa assistiamo a diversi progetti per nuovi sistemi di lancio, in Francia, in Germania, in Spagna e in UK e vediamo anche che diverse nazioni (soprattutto in Nord Europa) propongono il loro territorio come possibili siti di lancio, quindi è possibile che alla fine uno o due di queste iniziative abbiano dei risultati positivi ma certamente se ciò avverrà andrà a scombinare un po’ i piani delle industrie, chiamiamole così, “incumbent” cioè Arianegroup e Avio. In pratica avranno concorrenza in casa.

I temi di discussione all’Esa Space Summit sono stati il clima e la sostenibilità, l’accesso allo spazio e l’esplorazione umana e robotica. Come vede la collaborazione in questi ambiti tra Esa e Unione europea?

Le due entità istituzionali collaborano già sull’osservazione della Terra (Copernicus) e sulla navigazione (Galileo), ma politicamente dopo due decenni non si è trovato un vero e proprio modus-operandi politico-gestionale omogeneo e fluido, tant’è che la Ue ha creato una sua agenzia spaziale, la Euspa, per far gestire i futuri programmi spaziali, penso a Iris 2, quindi a mio avviso la relazione tra Esa e UE vedrà evoluzioni ulteriori.

L’Esa ha proposto una competizione per lo sviluppo di un servizio di trasporto di cargo spaziale verso la Stazione spaziale internazionale. Una iniziativa di cui il Vecchio continente aveva bisogno?

Al di là del sostegno finanziario ai lanciatori, che era una scelta praticamente obbligata, a mio avviso questa iniziativa presa a Siviglia è quella di maggior rilievo positivo. L’Europa dovrebbe avere una sua autonomia nel volo spaziale umano e robotico perché il mondo è divenuto davvero multipolare, non solo geopoliticamente, ma anche tecnologicamente. Non mi meraviglierei se entro uno o due decenni avessimo astronauti indiani, giapponesi o sauditi in grado di raggiungere l’orbita bassa anche con sistemi propri. E se l’Europa non tenesse il passo sarebbe indebolita come attore geopolitico globale.

Si è parlato anche dello sviluppo di una navicella per il trasporto degli astronauti. Una prospettiva che inciderebbe sull’autonomia dell’Europa in fatto di trasporto. Cambierebbe gli equilibri con gli altri mercati. Vede questa prospettiva come realizzabile?

In parte la risposta a questa domanda è contenuta nelle considerazioni precedenti, però sì è vero che il trasporto umano coinvolge l’autonomia strategica (cioè politica e tecnologica) del sistema di lancio e dell’astronave, e a mio avviso in Europa la capacità tecnologica esiste. Ariane 5 era un lanciatore tra i più affidabili e fu concepito negli anni Novanta per lanciare una navetta abitata (l’Ariane 6 è di fatto un suo derivato), e dal 2008 al 2015 ha trasportato in orbita bassa l’Automated transfer vehicle (Atv) che era un cargo pressurizzato idoneo per il trasporto umano. All’Atv mancava la capacità di rientro però ed è questa tecnologia che l’Europa dovrebbe affrontare con urgenza. A quel punto si avrebbero tutti i “mattoni” tecnologici per realizzare un programma di esplorazione umana. Il tema è altamente strategico, più che commerciale e spero che venga compreso a livello politico, nazionale ed europeo.

Navicelle cargo e futuro dei lanciatori europei. Spagnulo spiega Siviglia

Le novità sui lanciatori erano una strada obbligata per l’Europa, a Siviglia. Mentre, l’autonomia nel trasporto cargo è una novità interessante. È quanto ha spiegato ad Airpress l’ingegnere ed esperto aerospaziale Marcello Spagnulo a margine del Summit spaziale che si è tenuto nella città spagnola

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