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Sarebbe inappropriato, prima ancora che poco generoso, dare enfasi alla differenza tra alcune dichiarazione (con stime quantitative preliminari) di collaboratori del Presidente del Consiglio ed alle puntualizzazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Si è chiaramente in una fase di transizione in cui una squadra con poca dimestichezza di Ministeri, Parlamento e quant’altro, sta cominciando a elaborare politiche economiche in un momento, peraltro, molto difficile per il Paese.

E’ più importante, ritengo, analizzare il sottostante del programma delineato alle Camere nei suoi principali aspetti macro-economici. La strategia di breve periodo (su quella di medio e lungo periodo non credo ci siano ancora elementi da consentire non un’analisi ma pure solamente un sunto) è fortemente redistributiva nell’ipotesi che un aumento dei redditi reali dei ceti ai livelli più basso di reddito e di consumo possa assicurare un incremento della domanda interna tale non lasciare le flebili ipotesi di crescita in balia dell’esportazioni in un mercato mondiale in rapido cambiamento ed in cui si intravedono segni di rallentamento. La riduzione del cuneo fiscale  contributivo (da finanziarsi con la riduzione della spesa di parte corrente secondo le indicazioni della spending review) sarebbe una delle due leve principali; l’altra sarebbe un abbattimento dell’Irap (anche da  finanziare con la riduzione della spesa di parte corrente secondo le indicazioni della spending review).

Questa manovra (se le cifre della spending review lo consentono) è sensata, ma monca. Infatti, è difficile pensare che un aumento dei consumi dei ceti più deboli abbia effetti di trazione della domanda e un moltiplicatore così elevato da fare tornare l’economia ad un tasso di crescita non inferiore all’1,5%, quello considerato come “tasso di crescita potenziale” dalle elaborazione econometriche della Commissione Europea e della Banca centrale europea. Ora siamo ad un pallido e traballante 0,1%. La crisi del manifatturiero (ci sono oltre 300 vertenze aperte nei tavoli del Ministero dello Sviluppo Economico, MISE) mostra come sia urgente una politica industriale. Tanto più che, pure a livello europeo, sono state smussate le opposizioni e le ritrosie al termine spesso politica industriale.

In materia la Matteonomics non deve fare grandi sforzi: solo poche settimane fa, il CNEL ha approvato un documento “Per una nuova politica industriale” condiviso da parti sociale ed esperti economici di varie scuole. Può essere la base da cui partire Ed avere presto risultati concreti.

Ecco la Matteonomics: redistribuzione e rilancio. Avrà effetti?

Sarebbe inappropriato, prima ancora che poco generoso, dare enfasi alla differenza tra alcune dichiarazione (con stime quantitative preliminari) di collaboratori del Presidente del Consiglio ed alle puntualizzazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Si è chiaramente in una fase di transizione in cui una squadra con poca dimestichezza di Ministeri, Parlamento e quant’altro, sta cominciando a elaborare politiche economiche…

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