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Nell’immobilismo occidentale che ha finora avvolto il caos libico, qualcosa inizia a muoversi. Dopo la sveglia suonata in un’intervista al Sole 24 Ore da Marco Minniti, autorità delegata per la sicurezza nazionale e sottosegretario alla presidenza del Consiglio (commentata da Paolo Messa), anche i grandi giornali cominciano a raccontare quanto avviene a pochi chilometri dalle nostre sponde.

L’ANALISI DI VENTURINI
Oggi è Franco Venturini, dalle colonne del Corriere della Sera, a ricordare come sia più che mai necessario definire un piano europeo contro l’instabilità in Libia. Un obiettivo raggiungibile solo attraverso la ricostituzione di un esercito nazionale capace di contenere le milizie e nel raggiungimento del quale l’Italia, che anche in ragione del suo passato coloniale ha avuto dal G8 il compito di guidare il gruppo di contatto con Tripoli, può recitare un ruolo di guida. Non solo: la Libia rappresenta per l’Italia un interesse nazionale.  In gioco non ci sono solo i pur rilevantissimi interessi energetici (dal 2012, scrive il giornalista, le nostre forniture nell’ex regno di Gheddafi sono scese da un milione e mezzo a 200mila barili al giorno), ma anche quelli legati al contrasto del terrorismo e dell’immigrazione clandestina.

L’APPELLO DEGLI USA
Formiche.net aveva raccolto da tempo il disagio di parte della comunità internazionale, preoccupata per quanto accade a Tripoli. L’invito a non sottovalutare la situazione è giunto soprattutto dagli Usa, tanto dall’ex segretario della difesa americano, Leon Panetta, che sempre al Sole spiegò come la Libia fosse la prima priorità della politica estera italiana; poi dal capo di Stato americano Barack Obama, che nel suo incontro con il premier Matteo Renzi aveva chiesto un ruolo più incisivo dell’Italia nel Mediterraneo; e più recentemente dal vicesegretario di Stato americano William Burns, che in una visita a sorpresa in Libia ha avvertito le forze politiche e il governo che se l’instabilità politica del Paese non venisse risolta entro i prossimi due mesi, il presidente Usa, in coordinamento con l’Unione europea, invierà un rappresentante speciale per prendere in carico la transizione politica nel Paese.

IL RUOLO DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
Gli esperti hanno interpretato questo avvertimento come un preludio ad un passo che può mettere la Libia sotto la tutela di un “mandato internazionale”, che possa aiutare Tripoli a uscire fuori dal caos istituzionale, economico e sociale che la affligge dalla caduta di Muhammar Gheddafi.

IL NUOVO PREMIER
Un percorso che dovrà tenere conto del fatto che il Parlamento libico ha scelto intanto un nuovo primo ministro, Ahmed Matiq. L’imprenditore cresciuto nel Regno Unito è stato nominato premier transitorio del Paese dopo le dimissioni di Abdala al Zani lo scorso 13 aprile. A lui il compito di affrontare immediatamente le turbolenze che scuotono la Libia.

Il Corriere della Sera indica la strada per una Libia pacificata

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