Skip to main content

In queste ore di offensiva militare a Gaza  sfugge a molti un aspetto essenziale per comprendere la natura profonda d’Israele, della sua storia e della sua costituzione “emotiva”.

Sfugge cioè che l’elemento posto al centro dello Stato, intorno al quale ruota gran parte della sua vita nazionale, sono le Forze armate e le strutture di intelligence.

Solo se si coglie questo aspetto si capisce fino in fondo il senso della drammatica giornata del 7 ottobre, probabilmente la peggiore nell’intera storia nazionale.

Già, perché quel giorno non solo vengono massacrati civili a centinaia, ma muoiono 309 (è l’ultimo numero ufficioso disponibile, restano ancora molti corpi senza nome) donne e uomini in divisa, mentre alcune decine vengono fatti prigionieri.

Ebbene questo disastro “operativo” è l’elemento decisivo di questa brutta storia, perché insiste sul punto più delicato ed angosciante dell’intera vicenda (per Israele): la messa in pericolo della sicurezza nazionale, bene supremo che le milizie di Hamas hanno saputo violare, non solo uccidendo impunite per ore ma occupando di fatto una porzione non irrilevante del territorio nazionale.

In costanza delle operazioni militari in corso sta accadendo tra l’altro che tanto a sud (nelle zone di confine con Gaza), quanto a nord (verso il Libano) la permanenza della popolazione nelle proprie case non solo è impossibile al presente, ma apre scenari complessi anche per il futuro.

Ma poiché Israele è grande un quindicesimo dell’Italia (con un sesto della popolazione) è facile comprendere perché il territorio non è una variabile indipendente di questa vicenda drammatica.

Le Forze armate sono Israele ed Israele si “appoggia” fisicamente su di esse come garanzia del presente e del futuro.

IDF (Israel Defence Force, Forze di difesa israeliane) non sta a Israele come accade da noi in Europa: lo Stato con le sue istituzioni democratiche vive intorno alle Forze armate, da cui provengono quasi tutti i leader politici che contano peraltro.

La dottrina militare israeliana ha sempre teorizzato la necessità di colpire prima di essere colpiti.

Non è andata così cinquant’anni fa per decisione del governo (guerra del Kippur) e contro il parere dei militari (peraltro divisi da rivalità e incomprensioni caratteriali): ne è venuta una guerra che ha costretto IDF a rimontare una situazione che per molti giorni ha visto gli attaccanti in vantaggio, egiziani in particolare.

E non è andata così tre settimane fa, quando il dispositivo di controllo della striscia di Gaza è stato aggirato, violato ed umiliato dalle milizie islamiste.

Ora il punto essenziale è quindi uno è solo uno: Israele nel suo profondo, cioè le sue Forze armate, deve ritrovare il suo baricentro, deve recuperare fiducia in se, fiducia nella sua capacità di garantire la sicurezza della nazione, fiducia nella forza del suo sistema di relazioni ed analisi in grado di leggere per tempo le minacce e porvi rimedio.

Anche perché la generazione dei nuovi leader di Hamas sta già crescendo nelle strade bombardate di Gaza: nessuna delle figure di spicco che hanno reso possibile il 7 ottobre se la caverà, dentro e fuori la striscia, ma i loro eredi avranno risentimento senza fine e tanti soldi da spendere (quelli della ricostruzione ad esempio).

Questo tema è “dentro” Israele ed è solo parzialmente influenzabile dall’estero.

Di certo però il colpo del 7 ottobre è stato devastante, come ci conferma una novità di enorme rilevanza, vale a dire il dispiegamento operativo di truppe americane con dispositivi di difesa aerea sul territorio israeliano.

Non so se è chiaro: Israele per la prima volta accede all’idea di avere bisogno di un ombrello protettivo “straniero”, ammissione esplicita di una paura dagli effetti potenzialmente devastanti, quella di non farcela.

Così stanno le cose, in un mondo che ad un quarto del secolo XXI vede le spese militari del pianeta arrivare ai 2.500 miliardi di euro quest’anno.

Nessuno si illuda: l’uso della forza non ha alcuna intenzione di uscire dalla storia.

E gli europei, novelle Biancaneve in servizio permanente effettivo, si ricordino che per fare l’Europa come la conosciamo oggi siamo passati per la Seconda Guerra Mondiale, con i suoi 65 milioni di morti. Si, proprio 65 milioni.

Israele è le sue Forze armate o non è. Il commento di Arditti

Idf non sta a Israele come accade da noi in Europa: lo Stato, con le sue istituzioni democratiche, vive intorno alle Forze armate, da cui peraltro provengono quasi tutti i leader politici che contano

I respiratori dei sub di Hamas sono “made in italy”?

Secondo l’esperto Sutton i rebreather visti nelle immagini diffuse dall’organizzazione terroristica sembrano corrispondere a modelli di produzione italiana

Dati e processi di comunicazione che nella crisi mediorientale non vedremo

Di Michele Zizza

L’abilità di contraffare un contenuto digitale è sempre più diffusa e le tecnologie a disposizione aiutano a simulare fatti, identità e competenze. Nella crisi mediorientale, inoltre, non disporremo di molti metadati e flussi e tutto sarà ancora più complesso sia a livello di intelligence che a livello di studio dei processi. L’intervento di Michele Zizza, docente di Culture Digitali all’Università della Tuscia

Programma nazionale esiti, il punto di Valeria Fava (Cittadinanzattiva)

Il rapporto segna luci e ombre della sanità regionale e segnala una ripresa delle attività vicina ai livelli pre-pandemici. Non deve però rimanere lettera morta secondo la responsabile del coordinamento delle politiche per la salute dell’Associazione

L’Occidente con Israele, ma i nemici sono (anche) in casa. Il commento di De Tomaso

L’ebraismo torna a essere identificato con il capitalismo. Ciò porta parecchi intellettuali americani ed europei, ostili alla libertà economica, a schierarsi contro Tel Aviv. Il commento di Giuseppe De Tomaso

Declassificazione strategica. Gli 007 Usa e l’esplosione all’ospedale di Gaza

Le agenzie d’intelligence americane hanno deciso di condividere le informazioni con i servizi dei Paesi partner. Proprio come fatto nel contesto della guerra in Ucraina

Politiche familiari, flessibilità sul lavoro e asili. Come battere l'inverno demografico secondo Rosina

Dal 2008 al 2023 si registrano 183 mila nascite in meno. Nei primi sei mesi di quest’anno, il saldo negativo è di 3.500 unità. L’inverno demografico prosegue e non si intravedono politiche efficaci per invertire questo trend. Gli antidoti, però, ci sono. A spiegarli in una conversazione con Formiche.net è il docente di Demografia, Alessandro Rosina

L’Italia schiera la Marina nel Mediterraneo orientale. Ecco i dettagli

Pronti a fornire supporto umanitario alla popolazione interessata dal conflitto in atto in Medio Oriente, spiega Palazzo Chigi. Un pattugliatore pronto a imbarcare materiale mentre due fregate sono già in zona e una nave anfibia sta raggiungendo l’area

Intelligenza artificiale, una rivoluzione per la sanità. L'analisi di Brando Benifei

Di Brando Benifei

Il comparto sanitario è fra i più toccati dall’intelligenza artificiale. Ma è necessario porsi obiettivi concreti, cercando di definire una regolazione adattabile ai mutamenti dei prossimi anni, costruendo sull’utilizzo di queste tecnologie un clima di fiducia non fideistica nei pazienti e negli operatori sanitari. L’analisi di Brando Benifei, europarlamentare tra i principali relatori dell’AI Act

La Cina mette mano alla legge sul segreto e spaventa le aziende Ue

Pechino sta lavorando a una revisione delle norme sulla sicurezza nazionale. Preoccupazioni nella comunità imprenditoriale straniera e gli investitori che temono che possa aumentare i rischi nel fare affari

×

Iscriviti alla newsletter