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Rottamare, cambiare verso, priorità ai programmi e alle cose da fare. Sono questi i mantra di Matteo Renzi, premier in pectore. Bene bravo bis. Ma siamo sicuri che i partiti che comporranno la maggioranza che sosterrà l’esecutivo renziano stanno seguendo gli auspici del segretario del Pd?

A leggere le cronache, pure di Formiche.net che peraltro bandisce i fasulli toto-ministri, si risponderebbe di no. Insomma, se abbiamo sottolineato e a volte criticato le vere ambizioni di Renzi, le illusioni che lascia covare il sindaco di Firenze e finanche le magie di qualche ultra renziano che già si lascia andare ad elegie sul Rinascimento di Matteo, i leader degli altri movimenti del governo Renzi in fieri non danno un plastico esempio del cambiamento sbandierato.

Le attese e le pretese del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano sono note e pure stranote, e di certo l’ex vicepremier di Enrico Letta e l’ex delfino di Silvio Berlusconi potrebbe concentrarsi di più ad allevare il nascituro movimento politico che ha fondato invece di incaponirsi su seggiole ministeriali. Ma pure il movimento montiano di Scelta Civica, che si vanta di essere nuovo e proto renziano, sta discutendo (eufemismo?) su come e chi candidare in posti di vertice dei ministeri. Per non parlare del Pd che cerca di sistemare qualche esponente della minoranza interna per saldare gli equilibri tra partito e Palazzo Chigi.

Non ci stracciamo le vesti, ovviamente. Ma una domanda s’impone: perché dire che la priorità, prima di formare l’esecutivo, è stabilire le idee forti su cui il governo e dunque i ministeri si concentreranno e poi parlare solo di nomi sganciati da temi, idee e priorità? La risposta è che, forse, non bisogna esagerare nelle ipocrisie; slogan e annunci sono buoni per talk show e qualche titolo di giornale, ma la sostanza è un’altra (su questo sono vivamente consigliare le interviste ad Emanuele Macaluso e Luciano Pellicani).

Peraltro, considerato che nella prossima compagine ministeriale faranno parte con tutta probabilità alcuni ministri del governo Letta (a partire dal primo dei renziani, ovvero Graziano Del Rio), sarebbe cosa buona e giusta utilizzare gli obiettivi indicati nel documento Impegno Italia predisposto da Letta prima dell’estrema unzione impartitagli dalla direzione del Pd. Anche perché il tanto sbandierato foglio Excel di renziana memoria ancora non s’è visto, così come il rivoluzionario Jobs Act. Dunque, meglio abbandonare palingenesi programmatiche e sfruttare quanto di buono è stato realizzato o solo predisposto.

Anche perché – al di là di chi andrà al ministero dell’Economia – obiettivi, tempistica e direzioni di marcia sono già stabiliti (purtroppo) dal Fiscal Compact. E i Signori di Bruxelles e la Signora Merkel vigilano.

Possiamo anche avere speranza nelle capacità di Mago Matteo, ma la realtà – può piacere o no – è poco magica.

Dov'è finito l'excel di Renzi?

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