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Per avere una visione liberale della politica e dell’economia in Italia, bisogna rivolgersi a Nicola Rossi, economista, già senatore del Pd poi confluito nel gruppo misto, ex esponente di spicco dell’associazione montezemoliana Italia Futura, quindi presidente del pensatoio liberista Istituto Bruno Leoni; carica che di recente ha lasciato a Franco Debenedetti per tornare all’insegnamento universitario.

Una personalità un po’ irrequieta, o forse troppo esigente con sé e con gli altri. Ma proprio per questo schietta. Perciò le chiacchierate con Rossi non sono mai banali. Ecco la conversazione con Formiche.net: si inizia con Enrico Letta, si discorre di Poste e si arriva a Matteo Renzi. Pronti via.

Per un esecutivo Letta bis quali sono le vere priorità in politica economica? 

La maggioranza che sostiene il Governo Letta è oggi, a tutti gli effetti, una maggioranza politica. Il vero banco di prova di una maggioranza politica – molto più che non la legge elettorale o l’abolizione del Senato (delle quali, come della mamma, non si può parlar male) – è la revisione della spesa. L’atto politico – non tecnico! – per eccellenza che richiede un’idea della comunità che si vuole governare e una qualche convinzione, anche tiepida, sul rapporto fra Stato e cittadino. E’ sui quei 32 miliardi di tagli (a cui – sia chiaro – dovrebbero corrispondere 32 miliardi di minori imposte) che nascerà, o meno, la Terza repubblica. 

Come valuta la decisione di avviare la privatizzazione parziale di Poste Italiane?

Avrei preferito che, nel caso di Poste, si dividesse il servizio postale dall’attività di intermediazione finanziaria. E che si desse al termine privatizzazione il suo significato autentico: cessione del controllo. Ma non arrivo al punto di dire che, stando le cose come stanno, sarebbe stato meglio non farne niente.


Qual è il suo giudizio finora del governo Letta? O meglio: quali sono stati i suoi principali meriti? 

Il merito principale? Tenere i conti pubblici più o meno in ordine è cosa complicata anche quando si fa relativamente poco. La legge di stabilità approvata da qualche settimana lo testimonia. Non è molto ma francamente, se ci si guarda indietro, poteva anche andare decisamente peggio.

E qual è stato il demerito principale?

Aver assistito a una gestione delle questioni fiscali che definire dilettantesca è poco e non aver saputo o voluto individuare e punire il responsabile o i responsabili di quella gestione. Che sono, con ogni probabilità, gli stessi della ridicola gestione della vicenda Imu nel 2012. Il Paese intero sta sperimentando sulla sua pelle il significato della parola responsabilità ma questa continua ad essere una parola ignota nella pubblica amministrazione.

Cosa pensa del Jobs Act di Renzi? Davvero occorre intervenire nuovamente sui contratti di lavoro? E Renzi va in una direzione giusta o sbagliata? 

Dopo la sciagurata riforma dei contratti del 2012, la direzione è certamente giusta. Ma la direzione giusta, ovviamente non basta. Per fare solo un esempio, la revisione della spesa – se è vera – richiederà che la pubblica amministrazione faccia diversamente cose diverse. E naturalmente non potrà farlo con le stesse persone di oggi (né potrà farlo limitandosi a spostarle da una sedia all’altra). Nel Jobs Act non vedo molto che mi aiuti a capire come si pensa di farlo. Né ci vedo quella riflessione sui contenuti della contrattazione nazionale che aspetta da tempo di essere tradotta in fatti concreti.

Restiamo su Renzi, ma perché il segretario del Pd non chiede di essere premier visto il suo attivismo?

La via più corta per arrivare a Palazzo Chigi passa sempre per le urne.

Si riconosce nel Pd a guida renziana? Sta facendo un pensierino a iscriversi o è già renziano?…

Quindici anni di politica attiva mi hanno convinto che buona parte dei problemi italiani è imputabile a quelli che, come me, hanno pensato – sbagliando – che la sinistra italiana potesse non solo convivere ma anche beneficiare dalla presenza al suo interno di posizioni liberali. Così non è stato ieri e così non è oggi. Domani non so, ma così come hanno sbagliato ieri, i liberali italiani sbaglierebbero domani se affidassero ad altri – anche a Renzi – la soluzione dei loro problemi. Dopo di che, se Renzi farà scelte autenticamente liberali, come cittadino di questo Paese sarò il primo ad esserne lieto.

Poste e Jobs Act, un paio di consigli liberali doc per Letta e Renzi. Parla il prof. Nicola Rossi

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