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Matteo Renzi è arrivato come una valanga e li ha buttati tutti giù. Sotto il gelo della slavina di consenso renziana non rischia di soffocare solo la sinistra ex comunista, ma anche il mondo centrista-liberale.

Il sindaco è bravissimo, e questo si sa, quando si tratta di parlare di riforme e spesso condisce la sua ricetta con succosi spruzzi di libertà economica. Senza una filosofia precisa, né un indirizzo economico cristallino, il politico fiorentino esercita magnetismo su chi vorrebbe un’Italia con uno Stato ridotto e maggiore concorrenza.

Qualcuno è andato a votarlo, più o meno tutti lo hanno endorsato dall’esterno, per molti altri la tentazione di mettere mano ai due euro è scrivere Renzi è stata forte. Uno che non ha troppo sussiego verso la Cgil e guida un partito di sinistra al 35% dopo aver preso il 70% come segretario è una novità da non sottovalutare. Soprattutto per chi come Scelta Civica, ALI, FARE e associazioni liberali varie rischia di schiantarsi sul muro dello sbarramento elettorale.

Per i puristi del liberalismo Renzi non è perfetto, spesso cambia idea, a volte è impreciso, ogni tanto torna indietro: insomma del liberale non ha il pedigree, però ha un animus riformatore che comunque lo fanno sembrare il meno peggio.

Come sempre nel fremente e confuso mondo che promuove le libertà individuali ci s’interroga – leninianamente è il caso di dirlo – su che cosa fare. Scelta Civica e ALI hanno manifestato, più o meno apertamente, favori nei confronti dell’opera di maquillage e delle buone intenzioni del nuovo segretario del Pd. In molte fini menti liberali alberga l’idea di costruire una forza libdem che possa duettare con il sindaco in ottica liberale, il problema è capire a quali percentuali.

Perchè il rischio è di stare ampiamente sotto il 4% perché l’appeal di Renzi è forte e questo rischia di mangiarsi tutto l’elettorato di Scelta Civica e della fu Fermare il declino. E allora ad altri viene in mente che forse sarebbe meglio fare una bella corrente organizzata e buttarsi a capofitto nel New-PD al seguito del Blair di Palazzo Vecchio. Meglio la battaglia interna, che la listarella d’appoggio.

Certo è dura immaginarsi certe personalità di questo piccolo universo che si aggirano per le sezioni locali del Pd tra le foto di Togliatti e Berlinguer, ma nel Pd-Leopolda tutto pare aver cambiato verso. Chissà che nella sezione di Scandicci non spunti il poster di Einaudi.

Tanto per ampliare la rosa delle divisioni liberali c’è chi invece guarda al centrodestra come campo per ricostruire una forza liberal-liberista più ambiziosa. Silvio Berlusconi è in parabola discendente, il processo sarà lungo, certo, ma quel campo è privo di una forte cultura politica e quegli elettori si sono già mostrati recettivi alle proposte liberali. Insomma non ci sarebbe stato Blair, senza la Thatcher. E noi, dicono alcuni, siamo thatcheriani.

Questa è un’operazione che richiede molta pazienza, tanta sopportazione e soprattutto tempi sostanzialmente lunghi perché il processo di emancipazione dagli interessi personali di Berlusconi non finirà domani né senza strascichi. E in politica, come nella vita, il tempo è tiranno, per questo Matteo ha il vento in poppa. Perché già esiste, ha vinto democraticamente, guida un partito vero, ha già cambiato il linguaggio e la forma e soprattutto parla di argomenti che il centrodestra ha smesso di coltivare.

Renzi è la mela tentatrice dei liberal-centristi, che con lui potrebbero vedere realizzate alcune proposte e soprattutto aver qualche futuro coinvolgimento nel governo-Leopolda che verrà. Tra un dibattito e l’altro, nella caratteristica complessità del mondo liberista, trionfa l’attendismo. Letto con la lente del cinismo, non sembrano altro che diversamente renziani.

Gli animatori di associazioni e think tank hanno messo il sindaco sotto esame, valuteranno se continuerà nella strada giusta o se si fermerà ad abbracciare Landini, se varerà un programma di privatizzazioni o se resterà l’ennesima foglia di fico.

In questo pendolo che oscilla tra entusiasmo e diffidenza è ancora il tempo a fare la differenza. Perché l’avventuroso Renzi sembra poter aprire già a maggio le gabbie del voto se il Parlamento non si mette troppo di traverso e in quel caso sarebbero dolori perchè la scelta di SC e ALI dovrà essere rapida e soprattutto il più efficace possibile.

In questo caso, la costruzione di una forza autonoma potrebbe essere ancor più proibitiva o comunque politicamente insoddisfacente. Mentre i dubbi dilaniano i liberali, i magneti del bipolarismo sono tornati a funzionare e il rischio è di restare intrappolati, e in pochi, tra i due fuochi.

Boldrin, Scelta Civica, Ali e liberali vari, tutti i diversamente renziani

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