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Recovery Fund, ecco proposte e sfide dello sport italiano

Sport

Chi c’era e cosa si è detto all’evento dal titolo “Oltre la dimensione agonistica. Il ruolo dello sport nel Recovery Plan” organizzato dalla Lega Pro (la serie C di calcio) in collaborazione con l’Istituto per la Competitività (I-Com). Durante il dibattito è stato presentato il Piano per lo sviluppo innovativo e strategico delle infrastrutture sportive in Italia curato da Sportium

Oltre la dimensione agonistica c’è di più. Quando si parla di sport e di calcio, gli aspetti ambientali, economici e sociali sono fondamentali, nonostante vengano spesso sottovalutati o sottaciuti. Basti pensare al tema degli stadi, la cui rilevanza trascende il carattere puramente sportivo, innanzitutto per l’impatto che sono in grado di generare sul territorio e sulle città nelle quali trovano sede. O ancora agli elementi che attengono alla sostenibilità o alle sfere, oggi ancora più importanti, della salute, della socialità e degli stili di vita da parte non solo dei più giovani. Un settore industriale in piena regola dunque, che in quanto tale, com’è ovvio che sia, punta a ottenere il riconoscimento che ne consegue, a maggior ragione in un momento di ripartenza economica come l’attuale scandito dalla sfida del Recovery Fund (qui il nostro articolo sulla firma da parte della presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen).

L’EVENTO TARGATO LEGA PRO E I-COM

Temi che sono stati affrontati nel corso del webinar dal titolo “Oltre la dimensione agonistica. Il ruolo dello sport nel Recovery Plan” organizzato dalla Lega Pro (la serie C di calcio) in collaborazione con l’Istituto per la Competitività (I-Com). Durante l’iniziativa – che può essere rivista a questo link – è stato presentato il Piano per lo sviluppo innovativo e strategico delle infrastrutture sportive che Lega Pro ha realizzato insieme a Sportium. Il documento restituisce un’analisi dettaglia degli stadi nei quali giocano le squadre di calcio di Serie C, con un approfondimento rispetto alla valenza strategica che possono avere anche sulla base delle missioni indicate nel piano nazionale di ripresa e resilienza. L’obiettivo è sostenere una visione dell’infrastruttura sportiva che abbini alla tradizionale dimensione agonistica anche una funzione sociale, ambientale e legata alle dimensioni dell’innovazione e della digitalizzazione.

MONDO DELLO SPORT E PARLAMENTO A CONFRONTO

Al dibattito hanno partecipato il capo dipartimento sport della presidenza del Consiglio dei ministri Michele Sciscioli e i vertici del mondo dello sport, con il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli, della FIGC Michele Gravina e del Coni Giovanni Malagò. E ancora le istituzioni, presenti con numerosi rappresentanti: Maria Teresa Bellucci di Fratelli d’Italia (deputata della commissione Affari sociali), Sara De Angelis della Lega (deputata della commissione Cultura), Roberto Pella di Forza Italia (deputato della commissione Bilancio e vicepresidente vicario dell’Anci), Andrea Rossi del Partito Democratico (deputato della commissione Cultura), Daniela Sbrollini di Italia Viva (senatrice della commissione Istruzione) e Simone Valente del Movimento 5 Stelle (deputato della commissione Cultura), oltre al coordinatore della commissione Sport della Conferenza delle Regioni Francesco Cupparo. L’iniziativa è stata introdotta dal presidente I-Com Stefano da Empoli mentre il consigliere delegato di Sportium Giovanni Giacobone e il presidente di Makno Mario Abis hanno presentato il piano di sviluppo degli stadi.

I PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA

Lo studio fotografa i punti di forza e di debolezza degli stadi in cui militano le società della Serie C di calcio ed evidenzia i vantaggi di carattere ambientale, economico e sociale che deriverebbero dall’attuazione di un progetto di sviluppo in tal senso. Ad esempio, si stima che gli investimenti nell’impiantistica sportiva generino un ritorno diretto, indiretto e di indotto sia nel breve, che nel medio e lungo periodo. Si calcola che nella sola fase di costruzione dell’impianto per ogni euro speso si attivino sul territorio quasi 3 euro di produzione aggiuntiva. E i benefici, specie di tipo sociale, si riscontrano anche quando l’impianto entra a regime: maggiore attrattività del quartiere, incentivo alla riqualificazione delle aree limitrofe, integrazione nel paesaggio urbano. Certo, la situazione di partenza non è però priva di criticità: gli stadi delle squadre della Lega Pro hanno in media una carta d’identità di 70 anni e risultano carenti dal punto di vista dei servizi complementari alle attività sportive. La capienza, invece, varia di molto: si va da strutture da 1.500 posti fino a stadi anche molto grandi, in grado di ospitare di arrivare a ospitare quasi 60.000 spettatori.

LA VOCE DEI PROTAGONISTI

“Penso che lo sport, in particolare il calcio, possa avere un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi tracciati nel Recovery Plan”, ha commentato nel corso del dibattito il presidente della Lega Pro Ghirelli, secondo cui “lo sport è un sistema complesso che investe società, ecologia e urbanistica”. Ma “servono riforme di sistema”, ha avvertito. E che la sfida fondamentale sia oggi costituita dal Recovery Fund lo ha confermato pure il presidente del Coni Malagò per il quale occorre però costruire “una cabina di regia” in tal senso, grazie a cui far crescere di almeno un punto percentuale il 2% di prodotto interno lordo “oggi rappresentato dallo sport”. Risorse, quelle in arrivo da Bruxelles, che, ad avviso del presidente della Federcalcio Gravina, potranno essere essenziali anche nell’ottica di rilancio degli stadi auspicata dalla Lega Pro: “Senza corriamo il rischio di impiegare decenni per avere piccole sfumature di rinnovamento”. Anche perché – ha ricordato ancora il numero uno del calcio italiano – i numeri di partenza del nostro Paese sono tutt’altro che incoraggianti: “Nell’ultimo decennio in Europa sono stati realizzati 153 stadi mentre in Italia 3, quelli di Juventus, Udinese e Frosinone, intercettando solo l’1% del potenziale di investimento prodotto in Europa”. Una sfida che il governo sembra voler cogliere, come ha confermato il capo dipartimento sport della presidenza del Consiglio dei ministri Sciscioli: “Auspico che il  piano di ripresa a livello sportivo possa fare da collante in maniera trasversale all’interno delle varie istituzioni. Credo sia opportuno coinvolgere tutti gli interlocutori: da parte mia posso assicurare piena collaborazione, perché non possiamo perdere questa occasione”.

TRA TERRITORIO E RECOVERY PLAN

Il recovery plan destina circa un miliardo di risorse allo sport, 300 milioni alle infrastrutture del sistema scolastico e 700 a “sport e inclusione sociale” previsti per impianti sportivi da costruire o da ristrutturare e per i parchi urbani. Tuttavia, l’infrastruttura sportiva potrebbe assolvere a un compito ben più ampio, pensiamo alle missioni del PNRR legate alla transizione energetica o alla digitalizzazione. Gli impianti, se resi più moderni possono contribuire a sfide molto più grandi: ridurre i consumi energetici, diventare hub intelligenti, essere piattaforme di inclusione per le comunità. Discorso valido a maggior ragione per la Lega Pro, espressione di un calcio del territorio e dei comuni d’Italia. Sessanta club presenti in diciassette regioni, isole comprese. La cifra della Lega pro è il territorio. Perché la ripresa dell’Italia post-Covid passa anche attraverso l’economia locale.

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