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Chi è il nuovo capo dell’Open Source Enterprise della Cia

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Il nuovo direttore si chiama Randy Nixon, un analista da tempo a Langley che si è sempre occupato di tecnologia. La sua nomina dimostra il cambiamento in corso nel mondo dell’intelligence. Tanto che l’esperta Amy Zegart ha suggerito la creazione di un’agenzia dedicata solo all’Osint

Da qualche settimana Randy Nixon è il nuovo direttore dell’Open Source Enterprise, unità della Central Intelligence Agency che si occupa di raccogliere, analizzare e diffondere informazioni su fonti aperte di interesse per l’intelligence. Lo ha annunciato Jennifer Ewbank, vicedirettore della Cia per l’innovazione digitale, che supervisiona l’Open Source Enterprise. In un precedente post su LinkedIn, Ewbank aveva spiegato che l’unità “ha subito una trasformazione radicale negli ultimi anni” e che le informazioni disponibili pubblicamente saranno la prima fonte di intelligence dell’agenzia nel prossimo futuro.

“Assieme ai partner della comunità dell’intelligence statunitense, l’Open Source Enterprise della CIA è impegnata a costruire capacità di livello mondiale per realizzare la nostra visione dell’Osint come Int di prima istanza”, ha scritto Ewbank dando il benvenuto a Nixon, un analista di intelligence che alla Cia ha sempre lavorato sulla tecnologia. Il suo ultimo incarico è stato alla guida di Digital Futures, sempre all’interno della direzione per l’innovazione digitale, dove ha lavorato per rafforzare le partnership dell’agenzia con il settore privato nazionale, introdurre tecnologie all’avanguardia nel lavoro del servizio e semplificare semplificazione del processo di acquisizione delle tecnologie.

Nel 2015, sotto la direzione di John Brenner, l’Open Source Enterprise è entrata nella Cia dopo i primi dieci anni dalla fondazione passati all’interno della Direzione per l’intelligence nazionale con il nome di Open Source Center. Quest’ultimo aveva preso il posto nel 2005 del Foreign Broadcast Information Service, servizio interno alla Cia fondato nel 1941. L’Open Source Enterprise, aveva spiegato il portavoce della CIA, “continua a dedicarsi alla raccolta, all’analisi e alla diffusione di informazioni di valore intelligence disponibili al pubblico. Il nuovo nome dell’organizzazione riflette l’ampia rilevanza e la portata della missione open source”, aveva aggiunto.

Come raccontato su Formiche.net, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha rappresentato un momento di svolta per il mondo dell’intelligence. Ne è dimostrazione il flusso di informazioni diffuse dagli Stati Uniti e dal Regno Unito prima del 24 febbraio mettendo in guardia da attacchi false-flag che il Cremlino avrebbe usato per giustificare l’invasione: un “successo”, l’ha definito Leon Panetta, ex capo della CIA e del Pentagono, in una recente intervista rilasciata a Formiche.net. Si pensi anche alla grande condivisione di informazioni tra Ucraina, Stati Uniti, alleati e partner. O, ancora, al ruolo pubblico dei vertici delle agenzie (la CIA ha da poco lanciato un podcast). O, infine, al ruolo degli analisti su fonti aperte (come nel caso dell’agente russo Adela-Olga a Napoli rivelato da Bellingcat) e all’utilizzo delle immagini satellitari.

In questo scenario, secondo l’esperta Amy Zegart gli Stati Uniti dovrebbero dare vita a una nuova, la diciannovesima, agenzia di intelligence dedicato all’open-source (fonti aperte) per “comprendere e sfruttare le tecnologie emergenti” e per non rimanere indietro. Può sembrare ridondante ma è “essenziale”. Una nuova agenzia offrirebbe diversi vantaggi: le pratiche per il nullaosta di sicurezza sarebbero più facili trattandosi di informazioni non classificate, e dunque il reclutamento di dipendenti sarebbe più veloce; si potrebbe innescare un circolo virtuoso tra servizio pubblico e settore privato; i funzionari dell’intelligence avrebbero modo di concentrare sforzi e capacità sul loro lavoro esclusivo, cioè la racconta clandestina di informazioni. Fondamentale però riconoscere i limiti dell’open source intelligence. “Le immagini satellitari possono rivelare nuovi silos missilistici cinesi, ma non quello che i leader cinesi intendono fare con essi”, ha spiegato Zegart.

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