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La leadership Usa sulla microelettronica passa anche dalle fonderie

Il governo americano ha svelato la strategia sui semiconduttori. Dalla ricerca e sviluppo al focus sulla manifattura, ecco tutti i punti cruciali per difendere la leadership americana sui chip. Il messaggio: non esiste innovazione senza una forte base industriale. Il ruolo di Intel…

Il governo degli Stati Uniti ha reso nota la sua National Strategy on Microelectronics Research, un documento programmatico che delinea gli obiettivi e le azioni principali per i prossimi cinque anni al fine di promuovere l’industria dei semiconduttori, attraverso gli investimenti del Chips Act.

Pubblicato dall’Office of Science and Technology Policy (OSTP) della Casa Bianca, il documento delinea quattro obiettivi principali su cui i dipartimenti e le agenzie federali coinvolti, dall’Energia alla Difesa passando per Commercio e la comunità dell’intelligence, dovranno concentrarsi. Questi riguardano la ricerca per le future generazioni della microelettronica, il superamento del divario tra ricerca e produzione, la crescita della forza lavoro tecnica e specializzata e la creazione di un ecosistema per facilitare l’adozione dei progressi della ricerca e dello sviluppo da parte dell’industria dei semiconduttori statunitense.

Secondo la Casa Bianca, la strategia nazionale fornisce un quadro di riferimento per affrontare i requisiti chiave, non solo da parte dei dipartimenti e delle agenzie federali, ma anche del mondo accademico, dell’industria e degli alleati internazionali come Ue, Corea e Giappone. Queste azioni si baseranno sulla strategia industriale dell’amministrazione Biden-Harris per rivitalizzare la produzione nazionale, creare posti di lavoro ben retribuiti, rafforzare le catene di fornitura e contribuire a garantire la futura leadership nell’industria dei semiconduttori per la sicurezza e la prosperità degli Stati Uniti e dei suoi alleati e partner.

“Decenni fa, l’innovazione americana ha dato il via alla rivoluzione della microelettronica, una tecnologia che oggi è alla base di quasi tutti gli aspetti della nostra società, tra cui le comunicazioni, l’intrattenimento, la sanità, la finanza, l’energia e i trasporti”, ha dichiarato il vicedirettore dell’OSTP per la sicurezza nazionale Steve Welby. “Questa strategia, che coinvolge l’intero governo, incoraggia la comunità di ricerca e sviluppo nel campo della microelettronica a concentrare le proprie competenze, il proprio spirito imprenditoriale e il proprio impegno su un obiettivo comune: garantire che l’America rimanga un leader globale in questo importante settore”. Ora si passa concretamente all’attuazione di questa strategia, sfruttando gli investimenti portati avanti da oltre una generazione da parte del governo e del settore privato – oltre $60 miliardi spesi, solo dai chipmakers americani, in R&D nel 2022 – per dare linfa ad un settore, quello dei semiconduttori, che rappresentava il quinto per valore nell’export di prodotti e servizi degli Usa nel 2022.

Il documento strategico, di una sessantina di pagine, entra nel dettaglio dei quattro obiettivi tra loro interconnessi e di ciò che dovrebbero comportare. Obiettivi che dovranno essere raggiunti facendo leva su un ecosistema, quello dei semiconduttori, molto complesso e dalla forte intensità di capitale, conoscenza e appunto R&D. Come parte dell’ecosistema nazionale, oltre 20 agenzie federali finanziano la ricerca applicata, con la natura delle attività determinata dalla missione di ciascuna agenzia, come il Dipartimento del Commercio, la Nasa, la National Science Foundation (NSF), il Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS), il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS), il Dipartimento della Difesa e altre agenzie federali.

Nell’attuale ecosistema statunitense, l’innovazione nei semiconduttori, si specifica nel report, è stata spesso ostacolata dalla mancanza di accesso alle necessarie capacità di sviluppo avanzato. Per colmare questo divario tra laboratorio e fabbricazione (lab-to-fab), si ritiene dunque necessario investire nella fornitura di materiali, nella progettazione, nella fabbricazione e nelle capacità di packaging a livello nazionale, ed è per affrontare questo limite che il Chips Act del 2022 ha stanziato fondi in questa direzione. La sezione 9903 della legge autorizza infatti il Dipartimento della Difesa a istituire una Rete nazionale per la ricerca e lo sviluppo della microelettronica per facilitare la transizione dai breaktrough realizzati in laboratorio al trasferimento tecnologico nel settore privato della microelettronica negli Stati Uniti. La sezione 9906 ha invece autorizzato Pentagono a istituire National Semiconductor Technology Center per condurre la ricerca e la prototipazione di tecnologie avanzate per i semiconduttori, un programma di ricerca sulla microelettronica presso il National Institute of Standards and Technology (NIST) per condurre la ricerca e lo sviluppo della metrologia dei semiconduttori, un Programma nazionale di produzione di packaging avanzati per rafforzare le capacità avanzate di test, assemblaggio dei semiconduttori.

Dal punto di vista della ricerca di base, invece, vengono previste diverse aree che si ritengono siano vitali per rimanere all’avanguardia nella microelettronica del futuro, come lo sviluppo di nuovi materiali oltre a quelli emergenti come il carburo di silicio (SiC), il fosfuro di indio (InP) e il nitruro di alluminio (AlN), con il primo tra l’altro inserito nella lista dei materiali critici stilata dal Dipartimento dell’Energia statunitense. Vi è, infatti, una forte enfasi sul ruolo che i semiconduttori avranno nella transizione energetica e nella necessità di ridurre l’impronta carbonica delle tecnologie a valle, migliorando l’efficienza dei dispositivi. Vengono inclusi anche gli strumenti di progettazione, simulazione ed emulazione dei circuiti, le nuove architetture e i metodi avanzati di imballaggio e integrazione, nonché gli strumenti e i processi di fabbricazione per portare questi prodotti in produzione. L’ottica è quella della “progettazione integrata”, intesa come un costante flusso bidirezionale di informazioni dall’alto verso il basso dello “stack” (l’insieme di applicazioni, software, materiali, algoritmi e dispositivi che costituiscono un completo ecosistema di microelettronica) guidato dalle applicazioni end-use, dall’ICT all’intelligenza artificiale passando per le tecnologie classificate come ‘critiche’ dal governo Usa.

Collegare le esigenze degli utenti finali alla R&D è essenziale per uno sviluppo tecnologico rapido e mirato e per la diffusione della ricerca e dello sviluppo sul mercato, che rimane comunque la stella polare: “le aziende statunitensi devono avere accesso ai mercati esteri dove possono competere e vincere grazie a una tecnologia superiore” specifica il rapporto (un argomento spesso avanzato dalla Semiconductor Industry Association – SIA), mentre “la politica commerciale deve proteggere le aziende statunitensi dalla discriminazione nei mercati globali” contando sulla “collaborazione e l’allineamento con gli alleati e i partner” per la risoluzione dei “problemi di sicurezza nazionale” e per supportare le aziende statunitensi nel “tenere testa all’intensa competizione globale per la leadership tecnologica”. Un chiaro riferimento alle misure di contenimento tecnologico e di export control nei confronti della Repubblica Popolare Cinese.

Il terzo obiettivo, la crescita della forza lavoro in un mercato ultra-competitivo, dovrebbe fornire supporto sia agli educatori che agli studenti in tutte le discipline rilevanti per la microelettronica. L’istruzione negli Stati Uniti è responsabilità degli enti statali e locali, ma la strategia dice che si dovrebbe fare di più per fornire agli insegnanti le risorse e l’esperienza necessarie per educare gli studenti sulle opportunità di carriera nella microelettronica. La strategia afferma inoltre che gli sforzi regionali nei poli dei semiconduttori attuali ed emergenti dovrebbero riconoscere che i programmi non universitari, come i certificati, sono più appropriati per alcune posizioni tecniche qualificate. La mancanza di manodopera qualificata è infatti uno dei problemi che aziende come Intel hanno dovuto affrontare, oltre ad essere una delle perplessità dei dirigenti di Tsmc nella costruzione della fonderia in Arizona. Ed è proprio nella risoluzione di questo problema che si deciderà l’efficacia della nuova politica industriale americana sul tema.

Il passaggio dalla ricerca alla produzione è un aspetto centrale dell’intero documento, partendo dalla consapevolezza che la R&D sulla microelettronica rimane ad alta intensità di infrastrutture e macchinari e che le risorse per ogni fase devono essere collegate per garantire che le innovazioni possano progredire lungo il percorso di sviluppo tecnologico (dal design, su cui gli Usa sono leader con aziende come Nvidia, all’assemblaggio in cui invece il Paese conta per poco più del 2% del mercato, ormai consolidato nell’Asia-Pacifico e a ridosso dei grandi hub di produzione come a Taiwan, Cina e Corea del Sud). I finanziamenti del Chips Act serviranno quindi a creare strutture che consentano l’accesso alla prototipazione avanzata e a migliorare l’accesso di accademici e piccole imprese agli strumenti di progettazione e alle risorse per la fabbricazione su scala dei wafer di silicio.

Recuperare il terreno perduto nel segmento foundry di chip avanzati – passato dal 37% del 1990 al 12% del 2022 – è dunque imperativo contando sulla collaborazione interdipartimentale (quarto obiettivo). L’identificazione dei potenziali ostacoli all’adozione e alla scalabilità delle nuove tecnologie deve essere una priorità, così come l’assistenza alle imprese in fase iniziale attraverso programmi e investimenti mirati. L’attenzione, tuttavia, non è tutta rivolta agli Stati Uniti. Il documento strategico rileva che l’80% di tutto il commercio globale di semiconduttori avviene al di fuori delle Americhe e che le aziende statunitensi dipendono dall’accesso ai mercati esteri per avere successo, senza contare l’oramai forte enfasi dei governi del G7 su incentivi e sussidi a supporto della propria industria dei chip (come Giappone ma anche, e soprattutto in un’ottica di competizione geopolitica, la Cina che ha di recente svelato un nuovo round di sussidi pubblici del Big Fund). Come previsto dal Chips Act, il Dipartimento di Stato ha istituito l’International Technology Security and Innovation (ITSI) in parte anche per garantire l’apporto di materiali critici – come gallio e germanio su cui la Cina ha deciso di implementare un regime di controlli all’export in reazione all’offensiva americana sui chip – e rafforzare il coordinamento delle politiche internazionali su questioni come la protezione della proprietà intellettuale.

Intanto, Intel, punta di diamante dell’ecosistema dei chip americano, ha consolidato gli oltre $100 miliardi di investimento in quattro stati degli Usa per espandere le sue capacità produttive (foundry). Una mossa che segue proprio la decisione del governo di garantire all’azienda – dopo GlobalFoundries – guidata da Pat Gelsinger $8.5 miliardi di prestiti e incentivi federali, con l’obiettivo di aggiungerne altri $11 miliardi di sgravi fiscali per creare “il sito di manifattura di chip IA più grande del mondo”. La società ha inoltre dichiarato di voler richiedere il credito d’imposta per gli investimenti del Dipartimento del Tesoro, che dovrebbe raggiungere il 25% delle spese di capitale qualificate. La strategia d’investimento di Intel prevede la modernizzazione di impianti esistenti in New Mexico e Oregon, l’espansione delle attività in Arizona dove la rivale TSMC sta inoltre costruendo un impianto avanzato (3 nanometri entro il 2026, a partire dai 4 nm con una capacità di 20.000 wpm entro il 2025) con il supporto del Chips Act e per circa $12 miliardi di investimenti.

Negli ultimi anni, Intel ha ceduto il passo alla taiwanese, il cui vantaggio competitivo rimane il suo focus sul mercato foundry e la partnership stretta con società di design come Nvidia (che domina il mercato delle GPUs), Qualcomm e AMD, con margini di profitto superiori rispetto al business di Intel (che rimane, nonostante la recente virata sui servizi Foundry, un’azienda di chip integrata tra design e manifattura rivolta principalmente al mercato delle CPUs). Proprio enfatizzando il ruolo del governo per appianare le differenze con le rivali asiatiche, Intel ha dichiarato di dover spendere oltre il 30% degli investimenti totali in spese di capitale che riguardano infrastrutture, macchinari e i più alti costi della manodopera negli Usa rispetto ai mercati asiatici.

L’obiettivo di Intel sarà quello di assicurare una base manifatturiera solida per supportare i clienti del segmento HPC (high performance computing) e dell’IA, contando sull’expertise dell’azienda ai nodi più avanzati e su un ecosistema di aziende che forniscono equipaggiamento per le fasi di litografia, etching e deposizione di materiali per l’incisione dei chip sui wafer di silicio come Applied Materials, KLA Corporation e Tokyo Electron. Tutte aziende che hanno investito in nuovi impianti, contribuendo alla regionalizzazione della supply chain e che saranno fondamentali per portare le fab di Intel in Ohio alla piena operatività tra il 2027 e il 2028 e provare a sfidare TSMC e Samsung nel segmento dei chip avanzati. Una sfida che non riguarderà il mercato foundry – con TSMC che detiene circa il 60% del mercato – ma un segmento specifico, quello dei chip logici avanzati su cui la capacità produttiva della taiwanese è al 12% circa sul totale mondiale. Leadership che tuttavia rimarrà in mano, in termini di share di mercato soprattutto a TSMC dal momento che rimane improbabile che i customer più importanti (come Nvidia) decidano di allocare la produzione di chip ad Intel che dovrà dimostrare al mercato tanto la profittabilità dei suoi servizi Foundry quanto il tasso di rendimento (la percentuale di chip funzionali incisi sui wafer di silicio) garantito.

Quello che nel complesso garantirà Intel sarà una diversificazione delle forniture ritenuta ormai fondamentale nel contesto macroeconomico e geopolitico. Infatti, sia la SIA americana che la SEMI (associazione industriale globale) hanno salutato con grande favore l’annuncio del Dipartimento del Commercio, enfatizzando la necessità di aumentare le capacità produttive a livello globale anticipando quella che sarà una fortissima domanda dalle applicazioni legate all’intelligenza artificiale, alla digitalizzazione di interi comparti economici e industriali.



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