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La guerra dei chip sceglie vincitori e vinti, come Intel e Amd?

Advanced Micro Devices non ha ottenuto una licenza per l’export di microprocessori ai clienti cinesi, a differenza di Intel. Ecco come le restrizioni dell’amministrazione rischiano di urtare gli interessi dei chipmakers americani…

L’hype che circonda il settore dei chip e il loro ruolo nella rivoluzione digitale trova sempre più elementi concreti, anche nella vita di tutti i giorni. Basti pensare che, dietro al successo del blockbuster Avatar, le vie dell’acqua, vincitore di importanti premi per l’utilizzo di effetti speciali e computerizzati c’è proprio un’azienda che disegna chip come Advanced Micro Devices (AMD). L’azienda californiana, fondata nel 1969 e ora guidata da Lisa Su (nata, casualmente, lo stesso anno), non è solo partner dei Big Tech come Microsoft e Meta, ma anche una società fortemente attiva nel gaming e nel segmento dell’elettronica di consumo (smartphone, PC). “Quando si pensa a questi film pieni di effetti speciali, dietro c’è un incredibile quantità di capacità computazionale”, ha dichiarato Su.

Ma proprio per progettare questi chip, che richiedono importanti investimenti in R&D (sul quale, solo nel 2022, AMD ha piazzato circa il 21% del suo fatturato), i mercati ancillari e che trainano i bilanci di queste aziende rappresentano dei pilastri fondamentali per mantenere in piedi un business globalizzato, in un settore sempre più competitivo. Ed è qui che un piccolo cortocircuito sembra essersi realizzato tra la volontà degli Stati Uniti di difendere la propria leadership nel settore dei semiconduttori (grazie alle sue aziende di punta) e al tentativo di bloccare, invece, l’ascesa della Cina e il suo desiderio di autonomia tech da Washington.

Secondo quanto riportato da Reuters, in un interessante retroscena, Intel avrebbe ricevuto via libera a differenza della rivale americana AMD per la vendita di microprocessori a Huawei, gigante high-tech delle telecomunicazioni cinese e dal 2018 al centro dell’attenzione del governo statunitense per i legami con l’Esercito di Liberazione Popolare.

L’agenzia stampa, citando alcune fonti non esplicitate ma comunque interne, ha riferito di come Intel sia riuscita ad assicurarsi da governo più tempo per poter vendere i prodotti a Huawei a differenza di quanto non accordato ad AMD. Il Presidente Biden, infatti, è da tempo sotto pressione affinché venga revocata la licenza garantita dal Dipartimento del Commercio con a capo Gina Raimondo, tra i principali ‘falchi’ dell’amministrazione in materia di sicurezza nazionale e semiconduttori.

La licenza era stata rilasciata, a suo tempo, dall’amministrazione Trump quando al Dipartimento sedeva Wilbur Ross, il quale era stato tra i fautori dell’offensiva contro Huawei dal momento che le connessioni con l’esercito cinese e la sua leadership nel settore del 5G minavano la sicurezza nazionale. Proprio per questi rischi, era stata inserita, insieme ad una decina di aziende come ZTE e in seguito SMIC (campione cinese dei chip) nella cosiddetta Entity List. Il documento della Casa Bianca (l’Executive Order on Securing the Information and Communications Technology and Services Supply Chain) aveva infine previsto il presidio del Bureau of Industry and Security (BIS), il comitato che ad oggi è responsabile dell’implementazioni delle restrizioni sulla vendita di tecnologia o chip ritenuti sensibili per la sicurezza nazionale.

A spingere, invece, per la revoca della licenza di Intel sarebbe dunque proprio AMD, la quale ritiene di non aver ricevuto – ingiustamente – una licenza simile per poter proseguire con le attività commerciali in Cina. Oltre al tema di un’evidente disparità di trattamento, che è costata all’azienda centinaia di milioni di dollari di ricavi. AMD è, insieme a Nvidia, tra le aziende più attive anche per lo sviluppo e design di chip per l’intelligenza artificiale e i data center (segmento nel quale, nel terzo ed ultimo trimestre del 2023 l’azienda ha registrato circa il 37% del fatturato). Nel 2024, l’azienda prevede che il fatturato delle GPU per datacenter MI300 aumenterà da oltre 400 milioni di dollari nel quarto trimestre del 2023 a oltre 3,5 miliardi di dollari (rispetto ai $2 miliardi di dollari di un trimestre fa) per l’intero anno 2024. AMD e TSMC, storici partner, hanno entrambi indicato, nelle presentazioni dei risultati del secondo trimestre del 2023, che prevedono una crescita della domanda di sistemi IA del 50% all’anno fino al 2027. AMD nel 2023 ha totalizzato oltre $22 miliardi circa di fatturato complessivo, con poco più del 34% negli Stati Uniti e poco più del 15% in Cina.

Proprio sul mercato cinese, AMD possiede due joint venture (collettivamente, la THATIC JV) con Higon Information Technology Co. Ltd. (THATIC), un’entità cinese. Nel giugno 2019, il Bureau of Industry and Security (BIS) ha aggiunto THATIC e la JV THATIC nella famosa Entity List. In seguito al nuovo round di restrizioni del BIS introdotto nel corso di ottobre del 2023, i controlli sull’export hanno impedito ad AMD di spedire i microprocessori MI250, MI300X, MI300A, MI388X e i FPGA Versal™ VC2802, VE2802 in Cina, o a clienti al di fuori degli Stati Uniti la cui entità capogruppo avesse sede in un paese del gruppo D5 (inclusa la Cina), senza ottenere un’opportuna licenza dalle autorità statunitensi, nonostante la richiesta avanzata da AMD all’inizio del 2021.

Secondo la società di ricerca Canalys, la maggior parte dei microprocessori (CPUs) utilizzati nei personal computer commercializzati da Huawei è fornita da Intel, dunque qualsiasi ulteriore limitazione potrebbe avere conseguenze rilevanti anche per la stessa società cinese. Ciò nonostante, la possibilità che un’azienda inserita nella Entity List e al centro della guerra dei semiconduttori – su Huawei e il chipmaker SMIC la Cina ripone grandi aspettative per recuperare terreno sui chip avanzati – abbia potuto accedere a tecnologia americana (quella di Intel) rimane tema di dibattito, considerando che proprio su questo Huawei ha potuto mantenere una piccola ma crescente quota del mercato dei notebook, difendendo dunque un importante fonte di reddito per il suo business.

L’impatto, tuttavia, più considerevole è stato su AMD che ha visto declinare la propria quota di mercato nei prodotti Huawei dal 47.1% del 2020 al 9.3% del 2023, secondo presentazioni interne dell’azienda, mentre lo share di Intel è aumentato dal 52.9% al 90.7% nello stesso periodo. Una discrepanza di fatturato, tre le due aziende, di circa $512 milioni. In un documento presentato di recente alla Security Exchange Commission (SEC), tra i rischi individuati da AMD alla capacità di competere in modo efficace ha segnalato “la posizione dominante di Intel Corporation nel mercato dei microprocessori, insieme alle sue pratiche commerciali aggressive” e che gode anche di un controllo ferreo sul mercato delle “piattaforme e ha una forte influenza sui produttori di PC, sugli altri operatori del settore e sui benchmark. È in grado di guidare standard e specifiche de facto per i microprocessori x86 che potrebbero causare a noi e ad altre aziende un ritardo nell’accesso a tali standard”. Nel 2023 AMD ha registrato $4.7 miliardi di fatturato nel segmento dei chip per i personal computer, un calo del 24% rispetto al 2022. La forte concorrenza in questo mercato, dunque, spiegherebbe la dura accusa di AMD nei confronti di questa ingerenza del governo.

Una presa di posizione forte e che sembra confermare una sorta di appeasement dell’amministrazione americana nei confronti del suo campione nazionale, dal momento che Intel è, insieme a TSMC (azienda che fabbrica i microprocessori di AMD, Nvidia e Qualcomm) e Samsung Electronics l’unico chipmaker negli Usa capace di operare ai nodi più avanzati per la fabbricazione di chip per l’IA (il terzo produttore, GlobalFoundries, è posizionato su altri mercati). Intel avrebbe anche stretto accordi con Microsoft per realizzare chip avanzati, attraverso la nuova divisione “Intel Foundry” creata appositamente per rafforzare la posizione dell’azienda nel mercato attualmente dominato da TSMC per i chip logici, con l’obiettivo di diventare entro il 2030 il secondo player nel segmento foundry. Il ceo, Pat Gelsinger, aveva espresso il desiderio di espandere la collaborazione anche con la rivale AMD che tuttavia aveva criticato la virata di Intel per investire maggiormente sugli stabilimenti di produzione. AMD, infatti, rimane un’azienda fabless, che insieme a Nvidia, Qualcomm, Broadcom ed Apple rappresenta oltre il 70% del mercato a livello globale nel design dei microchip.

Rimane tuttavia ancora poco chiara la ragione di questa disparità di trattamento, nonostante le pressioni per la revoca sul Dipartimento del Commercio. La licenza per Intel, tuttavia, dovrebbe scadere entro la fine dell’anno ed è dunque improbabile che verrà rinnovata in questo contesto di crescenti tensioni interne ed internazionali nell’industria dei chip, che ora vede anche altre aziende americane che producono equipaggiamento per le fonderie, come Applied Materials e Lam Research, sotto osservazione per la loro esposizione sul mercato cinese e il loro ruolo, al pari di ASML, nel contenimento tecnologico di Pechino.

Intanto il Pentagono ha deciso, come riporta Bloomberg, di non concedere ad Intel oltre $2.5 miliardi di incentivi per la costruzione di un impianto di produzione, oltre a quelli che l’azienda con sede a Santa Clara starebbe negoziando con il Dipartimento del Commercio tramite lo US Chips Act. Il cambiamento repentino potrebbe significare che una quota maggiore dei fondi federali per Intel sarà destinata agli usi militari, piuttosto che a quelli commerciali. L’accordo con la Difesa  ̶  parte di un pacchetto di spesa che il presidente Joe Biden ha firmato nel fine settimana  ̶  prevede infatti che Intel diventi un fornitore dedicato di chip per le esigenze militari e di intelligence.

Può essere, dunque, che in cambio della licenza per poter vendere a Huawei prodotti non specificatamente ritenuti un rischio per la sicurezza nazionale (salvo finiti a tappare i bilanci dell’azienda cinese, come emerso) Intel abbia promesso al Pentagono garanzie sulle sue capacità produttive. Ora che quest’ipotesi sembra tramontata, è possibile che il Dipartimento della Difesa abbia cambiato idea sull’ammissibilità delle vendite di chip a Huawei. In una vera e propria disputa interdipartimentale, nata possibilmente dalle accuse di un competitor di Intel come AMD.

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