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La guerra a suon di hashtag è iniziata. Dal palco dell’assemblea Pd a Milano, Matteo Renzi ha lanciato la sfida a Beppe Grillo sulle riforme con “#beppefirmaqui”: “Noi siamo pronti a rinunciare ai rimborsi elettorali, ma tu impegnati a cambiare la legge elettorale con noi, e se non lo fai sei un chiacchierone”. A cui nel giro di poche ore ha risposto il leader del Movimento 5 Stelle, rispedendo l’offerta al mittente con “#renziacaccialagrana”.

LA STRATEGIA DEL ROTTAMATORE
Il nuovo segretario sembra aver voluto con questa mossa in qualche modo “svecchiare” il Pd. La presa in giro in diretta streaming dei 5 Stelle a Pier Luigi Bersani non è che un lontano ricordo. Il Pd di Renzi è più grintoso, parla lo stesso linguaggio della rete, dei più giovani, dei 5 Stelle. Competere con Grillo sul suo terreno ha certamente come obiettivo quello di conquistare i tanti elettori grillini delusi dai primi mesi di governo del movimento. Anche e soprattutto in vista delle imminenti elezioni europee. E i sondaggi, l’ultimo di Epoké per Formiche.net per esempio, dimostrano come il rottamatore sia il riferimento di una vasta parte di elettorato a 5 stelle.

LA SFIDA TIPO WESTERN SECONDO CIVATI
Mettersi sullo stesso piano di Grillo ha però anche dei rischi. La sfida “tipo western” tra i due è stata fotografata da un esponente Pd che i grillini li conosce forse più di qualsiasi suo compagno di partito, Pippo Civati. L’ex sfidante di “Matteo” alle primarie ha parlato di “errore politico perché la sfida tipo western è il campo in cui nuota meglio, in cui si ritrova alla perfezione. Grillo risponderà malissimo a questa provocazione dicendo che lui ha già rinunciato al finanziamento pubblico e che non si fa una cosa giusta soltanto perché gli altri ne fanno un’altra. Si fa e basta”. Il film che poi infatti è stato visto ieri.

I DUBBI DI POLITO E SARDO
Anche osservatori più esterni come Antonio Polito sul Corriere della Sera e Claudio Sardo sull’Unità fanno notare i limiti del “ribelle” segretario del Pd.
L’editorialista di via Solferino sottolinea come “il contenuto, a dire il vero, non è edificante, perché propone un baratto improprio tra la sua rinuncia a 40 milioni di finanziamento pubblico e l’impegno di Grillo per la riforma elettorale: ma se quei soldi sono ‘immorali’, come ritiene il M5S, non si possono nemmeno usare per scambi politici”.
Per l’ex direttore dell’Unità il rischio è di “metabolizzare certe posizioni grilline” perché, secondo Sardo, “il finanziamento pubblico dei partiti, per esempio, non può essere considerato in sé un male”.

LA DOMANDA DI SCANZI
C’è poi una domanda che resta come sottofondo alla sfida lanciata dal neo segretario democratico a Grillo, scrive su Twitter Andrea Scanzi del Fatto quotidiano: “Ora che Grillo lo ha sfanculato, Renzi i soldi dei rimborsi se li tiene?”. Renzi risponderà coniando un nuovo hashtag?

 

Tutti i rischi di Renzi in versione grillina

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